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QUOTAZIONE SI, QUOTAZIONE NO: IL CALCIO NON SEMBRA UN AFFARE IN CUI INVESTIRE

Scritto da
il 27 Lug 2010, 15:22
Pubblicato in Copertina, SPORT&BUSINESS. RSS 2.0
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Aurelio De Laurentiis

A cura di Leonardo Lasala – www.ndbc.it

Calcio e finanza: l’intreccio è sempre più fitto. I finanzieri hanno bisogno del soccer e della sua vetrina mediatica. Il calcio ha bisogno dei finanzieri per sostenere una serie di costi spropositati e non sostenibili a certi livelli, se non attraverso continui versamenti di facoltosi presidenti magnati. Eppure proprio in questi giorni assistiamo a querelle medianiche interessanti.  La Roma, società quotata in borsa, non ha ancora trovato un acquirente. Il Milan vede i tifosi contestare il presidente che oramai da anni ha invertito il trend dei grandi investimenti , con richieste esplicite di quotazione da più parti. Il Napoli ha in De Laurentis un Presidente molto poco sensibile alla condivisione ed alla apertura ad innovazioni organizzative e che comunque, anche se in maniera sicuramente discutibile, ha investito negli ultimi anni più di 50 milioni di euro per riportare il Napoli in serie A ed a buon livello.

C’è dunque da porsi qualche domanda: ma la quotazione in borsa conviene o no ?

Proviamo a recuperare dalla grande rete internet qualche dato economico in merito alle società di calcio  italiane e non quotate e successivamente a fare qualche semplice ragionamento.

La quotazione

Le società italiane quotate sono tre: Lazio, Roma e Juventus. La  prima fu quotata il  5 maggio 1998 la richiesta di titoli superò di svariate volte l’offerta, che corrispondeva a circa il 43 % del capitale sociale. Il collocamento fruttò circa 60 milioni di euro. Secondo quanto scritto da numerosi media, solo la metà finì nelle casse della Lazio, il resto andò alla Cirio, la società controllante, che di fatto si autofinanziò. Dopo 4 anni però il valore del titolo Lazio era già sceso del 75 % ed oggi il titolo non sembra spiccare per rendimenti positivi.

La Roma fu quotata il  23 Maggio del 2000. Contrariamente alla attese, non i fu grande entusiasmo, forse anche a causa dei risultati dei cugini laziali. Oggi il titolo è sotto i 5.5 euro di quotazione iniziale, valore sicuramente spropositato e che difficilmente potrà essere raggiunto in tempi brevi.

La Juventus si quotò in borsa nel  Dicembre 2001. Anche qui ci furono numerosi rumors, visto che buona parte degli introiti del collocamento andarono alle realtà controllanti. Il valore del titolo Juventus alla quotazione era di 3,7 euro. Oggi siamo a circa la metà.

L’esperienza italiane dunque non sembra foriera di grandi successi. I club non solo non hanno recuperato risorse finanziarie, ma nella maggior parte dei casi, hanno risanato esclusivamente i bilanci delle società controllanti.

Qualche valutazione

Alla luce di questi dati è possibile realizzare qualche semplice considerazione tecnica. La quotazione in borsa è un’importante strumento di finanza sociale, nel momento in cui la presidenza diviene espressione reale dei possessori di titoli. Quando invece diviene una operazione prettamente societaria, per sostenere le realtà controllanti , la questione diviene addirittura negativa. Si assiste a quotazioni iniziali sicuramente sopra le righe, con risultati deludenti nell’immediato futuro.

In un sistema come quello italiano, caratterizzato da Presidenti padroni delle società, sembra difficile ipotizzare grandi rivoluzioni. Qualche piazza più piccola, potrebbe beneficiare di questo sistema, a patto però di competere a buon livello e di riuscire dunque a ridurre il gap relativo al bacino ridotto, con l’interesse nazionale ed internazionale di realtà interessate alla redditività del club.  Un Napoli quotato in Borsa ad esempio, avrebbe grande capacità competitiva a patto però che Presidenza e organizzazione fossero specularmente l’immagine della realtà azionaria.

Sarà forse questa la grande chiave di volta che consentirà al Napoli di rientrare nel giro delle prime della classe ?



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