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Fiorentina e allenatori: una relazione complicata

Il “selfie” di una tifosa della Fiorentina con l’allenatore viola Paulo Sousa (foto Ansa)

“Quando ho avuto l’occasione di parlare con Diego e Andrea ho sempre trovato persone gentili e disponibili. Una sola volta sono stato richiamato perché non avevo la cravatta e mi sono permesso di far notare che non ce l’aveva nemmeno il futuro presidente. Tutto qui”. Il primo allenatore dell’era Della Valle ad “auto-esonerarsi” (copyright dell’allora direttore generale Fabrizio Lucchesi) fu Emiliano Mondonico che, pure, nel 2004 aveva riportato la “sua” Fiorentina in A dopo gli anni bui del fallimento e della C2. Ma non fu certo colpa della cravatta, sebbene più di uno, compreso il leggendario Giancarlo Antognoni, li abbia spesso “rimproverati” di essere un po’ permalosi… ma non fino a questo punto. Semplicemente non resse alle pressioni della “piazza”, le critiche della stampa e i malumori dei tifosi, vere e proprie pugnalate per un cuore viola come il “Mondo”.

Paulo Sousa. Niente a che vedere con i livelli di tensione raggiunti tra la società gigliata e altri tecnici approdati in riva all’Arno, su tutti Cesare Prandelli. Con Paulo Sousa che sembrerebbe sulla “buona strada”, alla luce delle allusioni sul futuro di Federico Bernardeschi “destinato a club più ambiziosi” e un chiaro riferimento alla campagna acquisti estiva, all’insegna del fair play finanziario e senza gli investimenti sperati, soprattutto dopo il “capolavoro” del diesse Pantaleo Corvino con la plusvalenza di 27 milioni incassati dalla cessione di Marcos Alonso al Chelsea. Una storia che il portoghese conosce bene, perché già a gennaio, al giro di boa e a soli tre punti dalla capolista Napoli e ai sedicesimi di Europa League, non ottenne dei rinforzi, quelli – almeno – all’altezza delle sue aspettative. Con il risultato di una pesante eliminazione in Coppa per mano del Tottenham e l’addio ai sogni di Champions (registrando peraltro il mea culpa del presidente esecutivo Mario Cognigni, storico uomo di fiducia dei Della Valle).

Prandelli. Una situazione che rimanda dritta al 2010, l’ultimo anno di Prandelli. Come lui stesso ha ricordato in un’intervista al Corriere Fiorentino lo scorso maggio. “Eravamo in corsa su tre fronti: agli ottavi di Champions, in semifinale di Coppa Italia e quarti in classifica. Chiesi due acquisti per provare a vincere, ma la società fece altre scelte. Una cosa simile mi pare sia accaduta anche stavolta. Il presidente ha detto di aver accontentato Sousa all’80 per cento, ma credetemi: non c’è nulla di più sbagliato. Perché lo spogliatoio comincia a chiedersi chi fa parte di quel 20 per cento, mentre una squadra può funzionare solo se c’è unità d’intenti”.

Al termine di quella stagione Prandelli andò a sedersi sulla panchina della Nazionale e quattro anni più tardi, in vista dei Mondiali, lasciò a casa il “redivivo” Giuseppe Rossi che twittò, viola di rabbia: “Non sono pronto? Mi viene da ridere…”. Dopo il flop brasiliano il ct si dimise e non le mandò a dire all’attaccante: “Mi ha deluso, umanamente. È cominciato tutto da lì”. Scatenando la reazione dei Della Valle. Di Andrea: “Sembra che la spedizione sia partita senza serenità per colpa di Pepito. Fesserie…”. E di Diego, durissimo sulle dimissioni del commissario tecnico: “Vederlo scappare non mi meraviglia affatto, è nel Dna dell’uomo”.

Mihajlovic. L’estate del 2011 è il turno di Sinisa Mihajlovic, la sua esperienza dura un anno e mezzo, condizionata dai rapporti non proprio idilliaci con la tifoseria, come ha spiegato il serbo alla vigilia di Torino-Fiorentina, lo scorso ottobre. “Sono rimasto in ottimi rapporti con tutti e ringrazio i Della Valle. Sì, ho avuto qualche problema con i tifosi, forse volevano venire a cena con me e io non ho questa abitudine. Ma li rispetto”.

Delio Rossi. Un legame, quello con la curva, che si era fatto strettissimo invece con Delio Rossi, che si auto-esonerò non per una cravatta, ma per aver messo le mani al collo di Ljajic, reo di avere insultato la sua famiglia dopo una sostituzione con il Novara nel maggio 2012. “Da mercenari circondato, uomo vero ti sei dimostrato” scrissero gli ultrà della Curva Fiesole 1926 nello striscione di congedo al mister riminese, licenziato per giusta causa. Provvedimento che sarà impugnato da Rossi davanti al tribunale del lavoro, ma che verrà confermato dal giudice.

Montella. Per arrivare al triennio di Vincenzino Montella (2012-2015), che riassume perfettamente la “relazione complicata” tra Società, allenatori e tifosi in casa Fiorentina. Una squadra spettacolare, amata alla follia, ma progressivamente colpevole di non fare “il salto che meriterebbe la città”  (tre quarti posti consecutivi, sempre a un passo dai preliminari di Champions) e l’inevitabile implosione, nella fattispecie la doppia sconfitta nella semifinale di Europa League con il Siviglia nel maggio 2014. “Abbiamo dato più di quanto ricevuto – lo sfogo di Montella dopo i fischi del “Franchi” – meriteremmo maggiore rispetto, i tifosi non riconoscono la nostra dimensione e forse qualcuno dei giocatori adesso lo perderemo. Il mio futuro? Si vedrà”. Ripreso al volo da Andrea Della Valle: “Certe cose andrebbero dette quando si è più tranquilli”.

Da lì tutto un bailamme di ripicche e comunicati, tra clausole rescissorie travisate e promesse non mantenute. “Ci saremmo aspettati dall’allenatore un comportamento meno ambiguo”. “Non me ne sono andato, mi hanno esonerato con una mail – replicherà Montella a marzo di quest’anno – una lettera firmata dal direttore Rogg, che poi mi ha chiamato. I motivi? Non li so, o forse sì. Non volevo più continuare a quelle condizioni, loro invece, forse per togliere competitor agli avversari, hanno fatto accasare tutti i miei colleghi e poi mi hanno mandato via. Che sarebbe arrivato Sousa io lo sapevo da mesi”. “Stupidaggini” per Andrea Della Valle. “Avrei voluto abbracciare Montella prima del match con la Samp, ma a questo punto mi sarà impossibile”. Appuntamento rimandato di qualche mese, nel pre-partita di Fiorentina-Milan.

Futuro. Stavolta i viola non sono a tre punti dalla vetta o agli ottavi di Champions e devono ancora sudarsi la qualificazione in Europa League dopo il ko casalingo subìto dal Paok. In più, lunedì sera andranno a far visita all’Inter, nella prima di un ciclo infernale di 7 partite da qui a Natale, il giorno più caro alla Madonna del Giglio, cantata da Dante nella Preghiera alla Vergine: “Così è germinato questo fiore…”.

Fonte: SkySport

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