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Bruscolotti: “Al Napoli serve qualità e personalità, ora è il momento di provare a vincere”

L’essenza dell’essere difensore. L’anagrafe dei soprannomi già ne certifica la forza: palo di ferro. E poi il luogo di nascita. Chiaro: Sassano. Che un po’ ti fa immaginare le pietre. La durezza. La solidità. Come quella del fisico. Ieri e oggi. Spalle grosse, larghe, taglia XL, un po’ di pancetta, e quella mascella sagomata da finto duro. Eh sì, finto ormai. Giuseppe Bruscolotti detto Peppe è l’amico di tutti. Sempre disponibile. Amabile. Generoso. Tra i più imitati con quella voce unica e riconoscibile. Un altro, insomma. Diverso da quando giocava e tracciava idealmente un segno a terra. «Oltre questa linea, tu non passi». Intimidiva anche i campioni. Gli omoni cattivi d’area di rigore. La storia racconta dei turbamenti di Elkjaer ogni qual volta doveva venire a Fuorigrotta. Gli scontri con Rummenigge. I ruzzoloni del giovane Mancini. Anche Rensenbrick, il serpente dell’Ajax anni ‘70, girò alla larga. Anzi, quel pomeriggio, un mercoledì in cui tutta Napoli incrociò le braccia per la partita, attaccò lui, segnò Bruscolotti. Non è che gli sia capitato spesso in carriera. Undici reti in 511 presenze col Napoli. Record. Mai nessuno ha fatto di più. Bruscolotti il simbolo, la napoletanità in campo. L’uomo che per amore e rispetto del destino che l’aveva portato a Napoli, cedette la fascia da capitano a Maradona. Fece una sola richiesta: «Diego dammi lo scudetto» . Così fu. E il sogno resta sempre quello, anche adesso da tifoso. Legato alla maglia. Appassionato, sentimentale. Romantico. E perciò fatica a mandar giù certe situazioni. Le comprende, le capisce, le valuta con sapienza. Però sempre con quel ghigno di chi mette il Napoli davanti a tutto. «La questione di Reina mi lascia un po’ l’amaro in bocca. Il calcio è cambiato e mi rendo conto che ognuno abbia i suoi interessi da tutelare. Però se davvero dice di trovarsi così bene a Napoli, allora potrebbe pure rinunciare a qualcosa. Non deve esagerare. Certe cifre per un portiere sono troppo».

Si punta su Rafael.
«Ed è giusto. E’ giovane, ha talento e quando ha giocato ha dato la sensazione di essere sicuro. Forte. E’ stato solo sfortunato. Il Napoli fa bene a credere in lui».
Focus difesa di fine stagione. Le pagelle: Raul Albiol…
«E’ stato il perno dei quattro. Affidabile, esperto, una guida. Ma pure lui è umano, e qualche errore l’ha commesso».
Fernandez.
«E’ maturato. Giocare con continuità l’ha responsabilizzato e al tempo stesso rasserenato. Buon giocatore. Non sarebbe in nazionale altrimenti. Per mesi è stato il migliore là dietro».
Henrique.
«Mi piace tanto, s’è integrato subito. E’ smaliziato, duttile. Grande acquisto».
Andrà via Britos.
«Troppi infortuni, non ha mai dato l’impressione di essere fondamentale. Ha dei limiti evidenti. Se è sul mercato anche il Napoli avrà fatto le sue valutazioni».
Arriva Koulibaly.
«Bel fisico, potente, esplosivo. Aspetto comunque di vederlo, non sono di quelli che millanta conoscenze. Il campionato belga non ha visibilità e non penso sia il top».
Può bastare?
«No, non credo. Prenderei uno veloce, dal passo svelto, rapido. Tuttavia non è solo una questione di uomini e caratteristiche».
Cioè?
«La fase difensiva coinvolge tutti e tutto. Equilibri tattici, sistema di gioco, distanze tra i reparti, i centrocampisti che fanno filtro. Ci vuole anche la mano di Benitez».
Ci spieghi.
«L’Italia è la patria della tattica, la serie A è un campionato difficile. Anche gli allenatori delle piccole squadre possono crearti problemi, approfittare delle tue lacune. Bisogna giocare anche pensando agli altri. Per vincere non devi sbagliare nulla, e ora è il momento di provarci davvero. Serve qualità, personalità, attenzione ai dettagli per fare il salto di qualità. Serve tutto, in campo e fuori. Benitez è un grande uomo di calcio, sono sicuro che dopo un anno avrà un quadro totale».
Gli esterni, per completare.
«Zuniga, guarito, può davvero essere l’uomo in più. Spero non parta. Ghoulam ha margini evidenti di crescita. Mesto è utile. E Henrique è un jolly. Maggio se resta dovrà mettersi in discussione. Leggo di Janmaat. Ma qui solito discorso: prima voglio vederlo bene»
Parola al campo quindi.
«Parola al San Paolo. Che è legge. Sembra facile coi sessantamila che spingono. Ma ci vuole carattere e talento. Solo così si vince, solo così sei da Napoli».

Corriere dello Sport

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