Juventus esaltata: la Storia è qui
Massimiliano Allegri non ha nulla di John Lennon. Da ieri, tuttavia, l’allenatore e il polistrumentista (escludendo scrittori, o scienziati, dal confronto, perché in fondo si tratta di una partita di calcio…) hanno un tratto in comune: l’immaginazione. Ognuno di loro l’ha utilizzata per raggiungere i rispettivi traguardi. E non si può dire che non ci siano riusciti: il tecnico della Juventus, affidandosi alla concezione di un calcio non urlato, ma da vivere in tranquillità, senza ansie, quasi in souplesse; il musicista, da un verbo, s’è inventato un brano entrato nel mito. Fuor di paragone ingombrante: Allegri non è un visionario, semplicemente preferisce trasferire tutto il carico di tensioni che la sfida odierna contro il Napoli si porta naturalmente dietro su un piano ideale, superiore alla caducità delle cose. Perché se questa sera vinci (dopo aver preparato il match dell’anno in sole due sedute – dice lui ironicamente -: ieri e oggi) ma poi il tricolore si scuce dalle magliette, la storia ti fa un pernacchione, e scappa via.
DA SOGNO A REALTA’ – Leggete le parole del tecnico che sta costruendo un’impresa, ai limiti del miracoloso: «Non so quanto potrà valere un eventuale scudetto a Napoli, però se la Juventus vincesse il quinto campionato di fila entrerebbe nella storia. In un momento del genere è difficile farlo, ma i ragazzi devono avere ben chiara questa cosa. Io lo dico spesso: “Immaginatevi cosa significherebbe vincere il 16 maggio lo scudetto…”». E’ il progetto che può concretizzarsi malgrado una partenza choc, l’idea di una rimonta che oggi “rischia” di aver fine, immaginando (appunto) un’ipotetica festa tricolore, come accade fra i bianconeri dal 2012. Allegri lo dice guardando in alto, verso un obiettivo che da astratto si sta facendo autentico, reale, palpabile, perché spesso il primato è questione di psicologia più che di tattica o tecnica: stasera va in campo l’esperienza, la testa, soprattutto. Quasi lo toccano, i campioni d’Italia, quel primato che – a parte l’illusione post Chievo e i minuti concitati di Frosinone dopo il primo gol di Juan Cuadrado – a bocce ferme manca dal 30 maggio: 259 giorni, al gong del torneo scorso. Il flop casalingo contro l’Udinese del 23 agosto ha dato il via al crollo, sino al fondo toccato a Reggio Emilia il 28 ottobre. Quella sera nessuno (tranne un “pazzo” dallo slang livornese) avrebbe creduto al fatto che in tre mesi, 14 successi dopo, la Juventus sarebbe stata ancora lì, a giocarsi l’ennesimo tricolore della sua storia. Contro il Sassuolo, l’allenatore bianconero veniva bersagliato di critiche, tanto che ieri quando lo stesso citava la parabola del collega Maurizio Sarri («Al suo arrivo a Napoli l’hanno massacrato tutti. E invece sta facendo cose straordinarie, inaspettate»), sotto sotto, magari pensava a se stesso, alla panchina che in quelle giornate fosche si stava allontanando dal suo fondoschiena nonostante la protezione della società.
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