COPERTINAEDITORIALE

Da Largo di Palazzo, l’ addio commosso al Mascalzone Latino dalla sua Terra e dalla sua gente

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Raccontare Napoli, la napoletanità a chi non sa, non vuole  e soprattutto non può capire, è impresa ardua! Ma la sintesi  di tutto ciò era lì,  ieri sera racchiusa  nello spazio sconfinato di Largo di Palazzo (meglio conosciuto come Piazza del Plebiscito) trasformatosi in uno scrigno traboccante di emozioni, uno spazio divenuto improvvisamente piccolo in cui tutti si tenevano metaforicamente per mano uniti da un sentimento, da un dolore vero, sincero, reale! Erano le 18.15 quando giunsi presso il luogo dell’ addio per partecipare a quel rito funebre in onore del Mascalzone Latino, rito perentoriamente “estorto” alla famiglia dell’ amato cantautore, dal tangibile e prorompente affetto di quella città che lo ha visto in tutti i sensi nascere e poi andar via a far fortuna altrove come capita a tutti gli emigranti, lontani dal suolo natio ma vicini con la mente e con il cuore  … perché le radici, quelle forti, non si spezzano ma se irrorate producono meravigliosi germogli, germogli che Pino ha tradotto in versi, poesie … canti! Eppure esistono individui, dall’ incommensurabile vacuità intellettuale, che parlano di retorica e di sceneggiate in modo improprio,  inopportuno e se vogliamo anche sfacciato e arrogante, sindacando su questioni  che non li riguardano e che non possono capire … che in realtà non debbono neanche capire, perché certe cose non si spiegano … si sentono e basta e quel senso di appartenenza, quel legame indissolubile tra Pino Daniele, la sua Terra e la sua gente lo si percepiva ieri senza bisogno di troppe parole o interpretazioni, lo si leggeva negli occhi, nelle lacrime, lo si ascoltava in quell’ aria muta e immobile che accarezzava Napoli. Largo di Palazzo quando vi giunsi pressappoco un’ ora prima dell’ inizio della cerimonia era già quasi pieno ma non si udivano brusii, la piazza era  profondamente immersa in un rispettoso, surreale, commosso e partecipato silenzio che ha sottolineato sia il tempo della cerimonia, sia il tempo dell’ attesa … silenzio squarciato all’ arrivo della bara  dagli applausi, silenzio squarciato in qualche momento dal grido PINO, PINO! Il rito funebre, officiato dal Cardinale Crescenzio Sepe, è stato semplice e genuino, come sarebbe piaciuto all’ uomo in blues, schivo e riservato, e le stesse parole del vescovo di Napoli lo hanno raccontato in maniera delicata e discreta: “ Pino ha amato tanto Napoli” ha egli ribadito, “e la ha raccontata nella sua verità, attraverso i volti, gli eccessi, i chiaroscuri, i mille colori … E il suo canto è sempre stato un atto d’ amore, una provocazione per sollecitarne il risveglio, per scuoterne le coscienze, un canto di speranza per il futuro della sua Terra” . Al termine della cerimonia le spoglie mortali dell’ amato figlio di Napoli, fratello di noi tutti, hanno salutato Largo di Palazzo accompagnate dalla melodie delle sue canzoni più belle e la piazza cantava commossa, e li  gridava quei canti perché arrivassero lassù dove ora egli riposa, insieme a Massimino, che, conoscendolo, si sarà commosso anche lui, unendosi a quella voce univoca che sgorgava dalla città dai mille colori… :“Voglio ‘o mare …. ‘e quatt ‘a notte mmiezz ‘o ppane e si caress ‘o munn sano je nun me spost e rest ‘a sott ‘a mmo guardà” ! Pino se ne va e la piazza lentamente si svuota, nel medesimo toccante silenzio che ne ha scandito la presenza in quel luogo in un momento così amaro… Se ne va bisbigliando con gli occhi al cielo le parole di quei canti, nelle quali quel figlio vivrà per sempre continuando a gridare al mondo  verità sacrosante che nessuno ha mai dipinto in modo così sincero, reale, rabbioso e crudo! E che continuino a parlare ,  “a sbraitare” coloro che non sanno e non possono percepire quello spirito identitario, quella partecipazione … quel senso di appartenenza …  Quelli lì, snob … impassibili … razzisti … sono gli stessi che un giorno di tanti tanti anni fa a un giovane Giuseppe Daniele, napoletano, guardato con occhi di sospetto e forse anche d’ invidia, dicevano di imparare a parlare! Pino  oggi, come fece allora avrebbe riso in faccia a tutti, e così faccio anch’io!

Tilde Schiavone – Pianetazzurro.it

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Tilde Schiavone

Sono una persona che riesce a star bene con se stessa solo se intorno a lei c' è armonia, questo è il motivo per cui cerco di risolvere i conflitti esistenti tra le persone che mi circondano;non amo i gioielli, specialmente quelli costosi, preferisco gli accessori di poco valore; non amo ricevere in regalo i fiori recisi: preferisco ammirarli nei giardini dove compiono il loro naturale ciclo vitale e non nei vasi dove hanno vita breve..Amo il blues,il canto del dolore, e il mio sogno è raggiungere un giorno quei luoghi che lo hanno visto nascere; Amo gli indiani d' america, la loro spiritualità e la loro cultura. non vivrei senza i dolci e la pizza. Sono campanilista, napolista, meridionalista ...maradonista. Adoro gli animali, ritengo che non siano loro le bestie e sono vegetariana. Non mi piace parlare, quel che sento preferisco scriverlo, so esprimermi meglio con una penna in mano anziché dinanzi a un microfono, amo inoltre il folclore della mia terra e cerco, attraverso l' Associazione Culturale Fonte Nova d cui sono Presidente, di preservarlo e diffonderlo ... e duclis in fundo AMO LA MIA NAPOLI, senza se e senza ma, ringrazio Dio perchè ha fatto sì che nelle mie vene scorresse il sangue del Sud!