Equipe, top 100 dell’anno: c’è anche Camilo Zuniga
Sulla fiducia. Sul ricordo del giocatore che era. E che è stato durante i mondiali. Poi soltanto ricordi. E probabilmente anche un po’ di superficialità. Insomma, paradossale. Proprio lui, Juan Camilo Zuniga. L’unico “napoletano” nella classifica dei migliori 100 giocatori al mondo stilata dai francesi de l’Equipe per l’anno 2014.
SORPRESA. Sì, solo Zuzu e nessun altro. Neanche il Pipita. Che pure ha giocato la finale in Brasile. Né Callejon e nemmeno gli altri. Zuniga e basta. Nei top 100. Per la precisione, 97°: davanti a Bender del Bayer Leverkusen. Ma dietro a Gervinho (95°) della Roma e l’argentino Gaitan (96°) del Benfica. Neuer il primo, CR7 secondo, Messi sul podio. Cento campioni. E Zuniga c’è. Come la motivazione: tecnica ma pure emozionale. Mediatica. L’infortunio accidentalmente causato a Neymar ai mondiali, l’immagine del rimpianto verdeoro. Con le polemiche, le critiche e le minacce che ne hanno fatto un evento. Una storia patinata. La ginocchiata alla schiena, lo schiacciamento delle vertebre, le scuse di Zuniga, la disperazione di un paese intero, la pace tra i due, la doccia gelata di entrambi per raccogliere fondi contro la Sla e quell’abbraccio vero quest’estate a Miami: capitani di Brasile e Colombia.
Zuniga da copertina. Personaggio e gran bel giocatore. Per l’Equipe “un des meilleurs lateraux, incontournable en club comme en sélection”. Il meglio, tradotto. Imprescindibile per il Napoli e la nazionale. Duttilità e qualità garantite. Sulla fiducia, però. Di stima. Per quello che ha fatto vedere e che s’è guadagnato: affetto, considerazione e ingaggio. Zuniga l’uomo in più che adesso è in meno. Da troppo. Otto presenze in campionato, cinque partite con la nazionale, Mondiali compresi, nell’anno solare. Ultimo avvistamento in vacanza. A Dubai. Per il Natale. Come molti compagni. Sorrisi, famiglia e un po’ di piscina giocando con i delfini. Pure quella aiuta: irrobustisce. Tonifica, rafforza, allena i muscoli e soprattutto “prova” il ginocchio. L’avversario più duro, è ormai lui. E la partita è combattuta. Il trapianto di cellule staminali, il tentativo per rigenerarne i tessuti, ritrovare funzionalità e stabilità, fluidità dei movimenti.
Riposo assoluto e attesa. Adesso la ripresa. Nei tempi stabiliti. Senza forzare. Spingendo il giusto. Con la voglia di tornare presto, ma pure l’attenzione di chi sa che non può sbagliare nulla. Zuniga dosa sforzi, fatiche e terapie. E aspetta il prossimo controllo. Il nuovo programma per accelerare e caricare. I giorni più lunghi. Passati ad aspettare il rientro. Con la nostalgia che avvinghia l’anima e la frenesia che aumenta esultando virtualmente con i compagni a Doha. «Siete stati grandi, bravi tutti. Non vedo l’ora di potervi dare una mano». Con il Torino il 5 ottobre, l’ultima partita giocata. Poi lo stop. Di nuovo. Come già un anno prima. I fastidi, l’angoscia, la necessità di fermarsi e riposare di continuo e l’esigenza di risolvere definitivamente il problema. Il trapianto di “cellule madri” a Pisa, la speranza di tornare presto se stesso. L’esterno che Juve e Inter pressavano, l’Arsenal osservava e anche il Barcellona apprezzava. La soluzione ottimale, come e forse più del mercato. Destro naturale, mancino d’adozione. Tatticamente evoluto. Faceva l’ala, di fatto. Con Mazzarri è diventato terzino. Zuniga completo, tra i migliori davvero: se sta bene. Ha guizzo, gamba e piedi buoni. E sa interpretare le due fasi. La nomination de l’Equipe è adesso un paradosso. Ora, realmente, è fuori da ogni classifica. Perché non gioca. Ma talento e tempo sono dalla sua parte. Se la voglia è quella dei twitt, il novantasettesimo posto è solo il punto di (ri)partenza.
Corriere dello Sport