J.Cesar dice addio: “Su Messi la parata più bella”
L’ultima partita prima dell’addio, sarà un sabato sera speciale quello che attende Julio Cesar attuale portiere del Flamengo: la gara contro l’America Mineiro, l’ultima di una carriera che nel 2010, l’anno del triplete nerazzurro, ha avuto il suo picco più alto. “L’ultima partita della mia carriera, sì: sarà meraviglioso, ma finisce un pezzo della mia vita. Questi 20 anni sono stati qualcosa in più di un sogno, neanche quando da ragazzino fantasticavo, avrei potuto immaginare una carriera così”, racconta il portiere brasiliano intervistato alla Gazzetta dello Sport. Sabato sera l’emozione sarà tanta, Julio Cesar lo sa già: “Sarà un omaggio, ma non a me, ma a chi ha permesso che succedesse tutto questo. Il Flamengo, i suoi tifosi: mi hanno preso che ero un bambino e mi hanno accompagnato finché sono diventato un uomo, pronto per il calcio europeo. Sarò io che ringrazierò loro”. E qualche lacrima scenderà dal volto di Julio Cesar, c’è da starne certi: “Come sanno bene i tifosi dell’Inter, me ne frego delle telecamere e non mi sono mai vergognato di farlo: se mi verrà voglia piangerò, quindi credo proprio di sì. Cosa farò dopo aver smesso? È possibile che rimanga nel calcio, ma non so ‘come’: è presto per parlare di futuro”, ha ammesso Julio Cesar.
“Le mie tre emozioni più grandi”
Il portiere brasiliano ripercorre poi la sua carriera, che con la maglia dell’Inter ha raggiunto i picchi più alti: “La parata più bella della mia carriera? Dite tutti quella su Messi nella semifinale di Champions a Barcellona e forse avete ragione voi. In quella partita, in quel momento, contro quell’avversario: una delle prime cose che insegnano a noi portieri è che una parata è bella solo se è importante. Quella fu importantissima. L’attaccante più forte che ho affrontato? Romario. Inventava e non c’era rimedio: non sapevi mai come si sarebbe mosso, come avrebbe tirato”. Julio Cesar svela le tre emozioni più grandi vissute durante la sua lunga carriera: “La prima, Campeonato Carioca 2001, Flamengo-Vasco: dovevamo vincere con due gol di scarto, Dejan Petkovic segnò il 3-1 su punizione a due minuti dalla fine. La seconda è ovviamente Madrid, la Champions: di sicuro il punto più alto della mia carriera. La terza, Mondiale 2014: i due rigori parati contro il Cile negli ottavi di finale”, ha ammesso il brasiliano.
“Buffon? L’arbitro si sarebbe potuto girare dall’altra parte”
Da un portiere all’altro, Julio Cesar commenta così i fatti del Bernabeu con Buffon ‘protagonista’: “Quel rigore lo puoi dare o non dare, ma se sei l’arbitro ad un certo punto puoi anche girarti dall’altra parte e non espellere Buffon. Detto questo: è stato Gigi a riconoscere che poteva esprimere gli stessi concetti in un altro modo. Ma quando hai tanta adrenalina in circolo, dici cose di cui poi ti puoi pentire”. Julio Cesar poi racconta: “Un segreto di questi 20 anni di carriera? Ero arrivato all’Inter da poco: seconda di campionato, Palermo-Inter. Mancini in settimana mi fa: ‘Corini lo conosco bene, se sulle punizioni gli sistemi la barriera al contrario lo mettiamo in difficoltà’. Ero perplesso, ma gli dico: ‘Tu sei il boss, faccio come mi dici’. Il sabato, punizione di Corini e palla all’incrocio. Tre settimane dopo andiamo a Torino a giocare con la Juventus. Mancini: ‘Con Nedved ho giocato, occhio che le punizioni le tira basse sul tuo palo’. Punizione di Nedved: sopra la barriera e 2-0. I giornalisti iniziano a martellare: che scarso Julio Cesar sulle punizioni. Alla ripresa prendo il Mancio da una parte: ‘Boss, facciamo così: se sbaglio, sbaglio io, ma d’ora in poi scelgo io. Ok?'”, ha concluso Julio Cesar.
Fonte: SkySport