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Nazionale, Maldini: “L’Italia deve tornare in alto, sono a disposizione”

MILANO – Paolo Maldini, alla soglia dei 50 anni (li compirà il 26 giugno) e a 9 dal ritiro dall’attività, resta un patrimonio sprecato del calcio italiano. Ma l’occasione di coinvolgerlo nel progetto di rilancio di un movimento in crisi stavolta sembra oggi più concreta che in passato: nel governo della Figc commissariata, col ruolo di subcommissario, c’è Alessandro Costacurta, un altro ex che conosce benissimo la bandiera del Milan e della Nazionale, suo compagno di squadra di una vita. Maldini stesso è possibilista, fermo restando che la discussione sull’eventuale ruolo non è ancora cominciata: “Sono disposto a parlarne: il calcio mi piace sempre molto, anche se non è detto che io debba per forza tornare a lavorare in questo mondo”.

Per il momento il ritorno è molto soft: sarà il protagonista per William Hill, storico bookmaker britannico, del progetto #ChiediloAlCapitano, interazione con i fan fatta di appuntamenti fissi sulla pagina Facebook di William Hill, con racconti, aneddoti e particolari inediti, in viva voce, dei suoi 25 anni da fuoriclasse. Ha cominciato subito con un video in cui racconta come, prima delle partite del Milan col Napoli nella vecchia palestra di riscaldamento a San Siro, lui e tutti gli altri giocatori delle due squadre si fermassero incantati a guardare i numeri col pallone di Diego Maradona.

Maldini, erano anni di gloria per il calcio italiano: altri tempi?
“Tempi diversi. Ma oggi, anche se il calcio italiano non è più quello che dominava negli anni Novanta e nei primi Duemila e anche se c’è qualche investimento economico in meno, l’Italia riesce a tirare fuori la fantasia e la grande preparazione tattica, che è del resto testimoniata dai nostri allenatori e dai loro successi all’estero”.

Lei è stato il capitano per definizione, oggi le cose sembrano cambiate anche in questo.
“A parte la Nazionale, dove la scelta è naturale perché la fascia tocca a chi ha più presenze, nei club in genere prevale la scelta dello spogliatoio. Al Milan è stata a lungo una scelta naturale anche quella: i tre capitani storici, Rivera, Baresi ed io, erano lì da tanto tempo. Di sicuro è un momento importante nella carriera di un calciatore, diventare capitano è anche una presa di responsabilità”.

Anche i social segnano un altro cambiamento.
“Ho due figli, di 21 e 16 anni, che mi hanno avvicinato al mondo dei social. C’è che lo odia e chi lo ama. Ma andando avanti saranno sempre più importanti”.

Lei ha sempre avuto pudore nel raccontare aneddoti della sua carriera.
“E ne ho ancora: per questo ho sempre rifiutato di scrivere libri autobiografici. In un libro del genere devi dire di te stesso il 100 per cento, altrimenti non ha senso, e nel caso specifico dovresti svelare i segreti di un gruppo coeso”.

Il gruppo del Milan di Gattuso sembra particolarmente coeso: la sconfitta in Europa League con l’Arsenal può averne intaccato la sicurezza?
“Questa partita non fa testo. Il lavoro di Rino è ottimo e i risultati lo dimostrano. Non è un allenatore solo grinta, le esperienze le ha atte prima di arrivare sulla panchina del Milan: magari in posti e squadre più lontani da riflettori, ma gli sono servite e hanno contribuito a creare un allenatore preparato”.

Suo figlio Daniel lo ha avuto alla Primavera.
“Si è trovato molto bene nel ritiro, al quale sono stati aggregati lui e altri ragazzi più giovani rispetto alla categoria. È stato un po’ come fu per me ai miei tempi quando in Primavera trovai Capello: sotto queste guide inizi a vedere il calcio in maniera diversa”.

Gattuso merita la riconferma?
“Credo di sì. La situazione era compromessa e le cose, da quando è arrivato lui, sono incontestabilmente cambiate”.

Da compagno di squadra era già così?
“Nelle squadre vincenti ci sono tanti calciatori con una personalità forte. Lui dava qualcosa in più, sotto questo punto di vista: non solo fuori, soprattutto in campo”.

È possibile la rimonta con l’Arsenal?
“In teoria sì, ha preso tre gol da squadre decisamente più scarse del Milan, che ha pagato l’abitudine maggiore degli avversari alle gare internazionali, il ritmo, il fatto che in Europa molte cose siano diverse, incluso l’arbitraggio”.  

In questi giorni il dibattito è su un altro suo compagno storico come Buffon: smettere o continuare?
“Dipende da come ti senti, è sempre una scelta molto personale. Io, negli ultimi anni, firmavo sempre un contratto di anno in anno proprio per questo. L’ultimo lo firmai con le stampelle, mi ero appena operato”.

Il calcio italiano può davvero tornare ai bei tempi, a parte la fantasia e l’ingegno tattico di cui lei parla?
“Che ci sia una fase di crisi lo dimostrano i risultati: la nazionale non è andata al Mondiale dopo sessant’anni e non siamo più ai famosi tempi delle sette sorelle con i loro grandi investimenti. La Juventus resiste in Champions perché è tra le grandi d’Europa in tutto, lo si vede dal fatturato. Le altre non hanno la stessa possibilità d investire, ma giocano bene, come Napoli e Lazio: i tecnici italiani sono superiori agli stranieri”.

Bisogna rassegnarsi a restare in seconda fascia?
“Spero proprio di no. La situazione ora è chiara, c’è stato il commissariamento di Figc e Lega: i momenti negativi offrono la possibilità del cambiamento”.

Le piacerebbe farne parte?
“Io sono disposto a parlarne, ci sono persone che stimo e delle quali penso di avere la stima. Il calcio mi è sempre piaciuto molto e continua a piacermi, ma da qui a dire che ci sarà un coinvolgimento ce ne corre. Vedremo”.

È pentito di avere detto no al Milan?
“No, era una scelta ponderata, razionale”.

Il Milan, ora che ha compromesso il cammino in Europa League, può ancora raggiungere la Champions attraverso il quarto posto in campionato?
“È difficile e questa sconfitta con l’Arsenal non ci voleva, perché può avere minato un po’ di sicurezze: quando insegui e cadi una volta, ti sembra che l’obiettivo si allontani. Ma continuare a credere è necessario: certo non si deve sbagliare nulla”.

Il Mondiale senza l’Italia: che effetto le fa?
“E dura. Ero a San Siro coi miei figli, per Italia-Svezia, e alla fine ci siamo guardati increduli e ci siamo detti: e ora? Provo tristezza”.

Ha sbagliato Ventura?
“Ma no, non ha sbagliato solo lui. È stata una somma di errori. Quello principale è stato non avere più messo il calcio, a un certo punto, al centro del progetto della Figc”.

Un nome per il prossimo ct?
“I nomi sono quelli che si leggono, anche se molti sono allenatori sotto contratto. Anche la soluzione Di Biagio può valere”.

Chi vincerà il Mondiale?
“Le favorite sono sempre le solite. Mi piace molto l’Inghilterra”.

Di solito arriva a fine stagione molto stanca.
“Non è un caso che anche in Premier League si inizi a chiedere la sosta invernale. Non è per andare in vacanza alle Maldive, come ho sentito dire spesso. È perché la sosta è necessaria ai calciatori”.

Fonte: Repubblica.it

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