Stranieri, un esercito che non lascia traccia. Da Vidic a Michu, quanti flop
ROMA – Sono tanti, ma si vedono poco. L’invasione straniera dell’ultima estate alla serie A ha portato 84 nuovi calciatori che Conte non potrà convocare in azzurro, eppure il segno che questi hanno lasciato sin qui sul campionato italiano è minimo, se non trascurabile: meno della metà, 37, hanno giocato nel weekend, appena 4 i gol realizzati sin qui, di cui 3 di Menez (l’altro del moldavo Ionita). Un esercito di nuovi che però, nonostante la qualità individuale del nostro campionato non risulti esattamente strabiliante, fatica a entrarci in confidenza. Piccole o grandi, difensori o centravanti, molti nuovi stranieri faticano a prescindere. Solo Juve e Roma, forse, hanno pescato carte interessanti: Coman e Manolas guidano le sorprese positive, in cui non steccano nemmeno gli esperti Keita e Evrà. Per (quasi) tutti gli altri, è buio pesto.
I FLOP VIDIC, DE VRIJ E MICHU: DIETRO TANTI ANONIMI – Quello che stupisce è soprattutto il contributo nelle sorti della propria squadra: Badelj e Richards non hanno migliorato la Fiorentina, Medel nell’Inter non ha brillato (anzi…) più di quanto non abbia fatto al suo cospetto il regista del Palermo Rigoni. E se l’apporto di alcuni è fin qui del tutto non pervenuto – basti pensare al centravanti laziale Djordjevic, al nerazzurro M’Vila, al Genoano Lestienne, solo per citarne alcuni – altri hanno lasciato un segno indelebile, sì, ma non certo in positivo. Chiedete a Benitez informazioni sul rendimento del disastroso Michu, impalpabile ogni volta in cui è sceso in campo, o dell’incertissimo Koulibaly. Alla Lazio l’approccio italiano di De Vrij ha fatto sbiancare molti, con il rigore concesso a San Siro a Menez all’esordio e il rosso di domenica a Genova. Persino il Vidic arrivato a Milano, sponda nerazzurra, sembra la controfigura del capitano del Manchester United capace di vincere campionati e Champions con lui in campo: espulso al debutto, assist-man per il palermitano Vazquez nel posticipo domenicale. Ci sono anche scelte più complicate: a Udine Stramaccioni e la società hanno puntato sul greco Karnezis facendolo tornare dal prestito al Granada: a farne le spese la stellina Scuffet, 18enne arrivato a sfiorare i Mondiali con Prandelli e ora retrocesso al ruolo di spettatore fisso.
STRANIERO IL 56% DEI GIOCATORI IMPIEGATI: IL CASO CODA – Non a caso, forse, il ct Conte vorrebbe norme stringenti che obblighino a impiegare un numero minimo di giocatori italiani in campionato: “Per dare più spazio a giocatori giovani”. Anche perché la situazione è critica: il 56% dei giocatori schierati dall’inizio nel weekend è straniero. Quasi il 53% delle rose di serie A in fondo non è eleggibile per la nazionale. La fiducia nei nostri scarseggia, così il Chievo di Maxi Lopez deve aspettare l’ingresso del bresciano Paloschi per spaventare il Parma di Cassano e del semi-sconosciuto Coda, bomber di Cava dè Tirreni emigrato a 16 anni al Bellinzona e reduce da un campionato da cannoniere al Nova Gorica: eppure in partenza Donadoni gli aveva preferito l’etereo Ghezzal, da 6 anni in giro per la serie A senza aver lasciato mai troppi rimpianti. In un campionato in cui sono ricomparsi anche flop già conclamati come l’ex romanista Piris, eclissato dopo i primi 6 mesi romani e oggi all’Udinese, dopo un anno di purgatorio portoghese, il caso limite è quello di Jeremy Menez: incontenibile contro Lazio e Parma, quasi impalpabile davanti ai totem della Juventus. Il segno che per affermarsi in Italia basterebbe anche poco. Per vincere, però, serve decisamente altro.
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