Wall Street Journal: Maradona era un truffatore drogato!
Come fa Napoli a venerare, al pari dei suoi santi patroni, un calciatore argentino, truffatore reo confesso e squalificato per droga?». La domanda del Wall Street Journal non trova risposta. Il giornalista Ian Lowett se l’è posta ogni giorno, durante il suo viaggio nella città partenopea, quando rimaneva sconcertato davanti alle centinaia di teche e reliquie riguardanti Diego Armando Maradona.
«La sua faccia è dipinta sui muri, disegnata col gesso sui marciapiedi e incollata sulle porte dei ristorati. Sulle vetrine ci sono suoi poster, dove viene definito un santo o, più semplicemente, D10s», scrive il giornalista nell’articolo pubblicato per il quotidiano americano, dal titolo: «Maradona è un truffatore dichiarato. Perché Napoli pensa sia un santo?».
Maradona a Napoli: città in delirio. È il suo simbolo, o no? «Ha lasciato Napoli in disgrazia nel 1992 dopo che un test lo ha scoperto essere positivo alla cocaina e gli è costato 15 mesi di sospensione dal calcio professionistico. Nella sua biografia del 2000, lui ammette di aver fatto uso di droghe nel corso della sua carriera. Maradona, 56 anni, ha segnato uno dei goal più infami nella storia del calcio – un colpo di mano non consentito che è costato all’Inghilterra i quarti di finale nel mondiale del 1986, che è stato ribattezzato “la mano di Dio” […]. Più recentemente ha sostenuto il leader venezuelano Nicolas Maduro e ha scritto su Facebook che avrebbe combattuto per lui».
Eppure, nonostante tutto, i napoletano lo venerano al pari degli altri santi: «Tengono delle celebrazioni per Santa Patrizia, che ha dedicato la sua vita a chi era in difficoltà, e onorano il loro patrono, San Gennaro, in una cerimonia in cui si aspetta che il suo sangue si sciolga miracolosamente. Ma sopra tutti, loro adorano Diego Maradona, che non è italiano e il cui passato è, per usare un eufemismo, pieno di luci e ombre. ‘Non è un santo, è un dio’ dice Enzo Cozzolino, proprietario in un negozio nel centro storico».
Il giornalista ha chiesto a persone di ogni età dei vicoli partenopei il perché del loro amore per Maradona: «Al Bar Nilo, una teca dedicata a El Diego adorna il muro, insieme a una ciocca dei suoi capelli neri e ricci. Il titolare Bruno Alcide, 56 anni, dice che ha incontrato Maradona su un volo nel 1990 e ha agguantato la chioma del suo eroe. ‘Quando un napoletano di sveglia, prima pensa al calcio. Poi alla sua famiglia’, dice. ‘Maradona ha dato alla città una nuova vita’».
Carlo Ferrajuolo