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Gigio e i suoi fratelli: quando il campione sistema anche il parente

ROMA – Un ingaggio a cinque stelle, la clausola rescissoria, e pure un posticino in rosa per il fratello. La vicenda Donnarumma, la fiction estiva che serra le fila del mercato, si avvia alla conclusione anche perché il Milan, nell’ambito del nuovo accordo trovato con il portiere e con Mino Raiola, ha riservato una maglia anche al fratello maggiore Antonio, in arrivo dalla Grecia (Asteras Tripolis) per custodire al meglio il talento del fratellino. Un ruolo da terzo portiere, per – pare – circa un milione di euro annui. Non è il primo caso, non sarà l’ultimo di calciatori ingaggiati per intercessioni di fratelli, parenti o amici. Il precedente più simile alla saga dei Donnarumma’s è avvenuto poco più di dieci anni fa con Ricardo Kakà, che dal Brasile portava con sé a Milanello anche il fratellino Digao. Un difensore centrale, con il trequartista Pallone d’Oro 2007 in comune solo il cognome. Dopo il Milan, Rimini, Standard Liegi, Lecce, Crotone. Poi via dall’Italia: Penafiel (Portogallo), rescissione con il club rossonero e titoli di coda – prima del ritiro avvenuto quattro anni fa – ai New York Red Bulls, per scortare anche qui il fratello nell’esperienza della Major League Soccer.

Per restare nel microcosmo Milan, ecco Juan Alberto Mauri, fratello maggiore di José. Anche lui firmava con i rossoneri qualche tempo fa, in arrivo dalla terza serie argentina. Ma se José ha lasciato Milanello trovando però posto in Serie A, ultimo giro all’Empoli, Juan Alberto ha finora navigato senza costrutto nelle serie minori, prima all’Akragas, poi alla Paganese. E non ha avuto successo neanche Evans Kondogbia, attaccante, fratello maggiore di Geoffrey, arrivato alla Pinetina assieme all’ex Monaco due anni fa dall’Arles-Avignon: nessun armadietto al centro sportivo interista, via al Renate (club lombardo, in Lega Pro nel 2016-17), poi Foligno e Seregno. E mai acuti in zona rete.

Qualche anno fa prendeva un aereo per l’Italia anche Chedric Seedorf, treccine come Clarence ma un uso diverso del piede destro. Sempre in scia al fratello famoso, un percorso tra Ajax, Real Madrid, infine Inter. Ma una volta conclusa la sua formazione a livello giovanile, la carriera del giovane Seedorf praticamente si fermava, mentre Clarence collezionava nella vetrinetta di casa Champions League e campionati nazionali. Ultimo passaggio segnalato di Chedric, al Monza. E sempre nelle giovanili nerazzurre cercava frammenti di luce propria Micha Djorkaeff, fratellino di Youri, francese di origini armene che all’Inter è ricordato – ma non solo – per la fantastica rovesciata segnata 20 anni fa a San Siro contro la Roma. Per Micha, anonimo di centrocampo, dopo la raccomandazione del fratello all’Inter che non portava dividendi, un provino alla Fidelis Andria, un ingaggio al Fiorenzuola, Serie C, senza mai finire negli undici iniziali. E poi un pellegrinaggio laico senza scintille, tra Svizzera, Germania – al Kaiserslautern, sempre grazie al fratello -, sino alla Francia. E poi sipario. E alla Pinetina, per volere di Ronaldo e dei suoi procuratori, arrivava 18 anni fa Gilberto, terzino brasiliano, lo strampalato erede di Roberto Carlos. Pare che fosse il massimo a calcetto, sui 110 metri un po’ meno. Dopo un paio di partite fu respinto con perdite, nonostante il peso del Fenomeno negli uffici nerazzurri.

Certo, il caso dei “fratelli di” o “amici di”” avviene soprattutto nel calcio ma anche in altri sport, in altre leghe, come la Nba, dove per esempio Lebron James ha assicurato per anni ingaggi ai suoi pretoriani, tipo James Jones o Mike Miller. Restando tra fenomeni, Francesco Totti ha inserito nell’universo Roma il fratello Riccardo – papà Totti pare lo ritenesse più forte del 10 giallorosso, quando erano entrambi ragazzini – , a capo della Number Ten, holding che gestisce gli affari della leggenda romanista. Mentre 30 anni fa per portare il sorriso sul sinistro di Diego Maradona, il Napoli di Corrado Ferlaino si spese per il passaggio del fratello minore del Pibe, Hugo, all’Ascoli. Un paio di anni prima nell’Under 16 argentina, da regista, piede destro, Hugo aveva impressionato tutti. Anche il fratellone, che vaticinava per lui – bluffando come neppure al tavolo del poker – un futuro più luminoso del suo. Pare addirittura minacciando il Napoli che le valigie erano già pronte, se non fosse trovata al volo una maglia in Italia a Higuito. Nelle Marche, i risultati per Maradona jr furono più che rivedibili, anzi inesistenti. Dieci anni dopo, a Torino, sponda Juventus, assieme a Cristian Vieri sbarcava anche il fratellino Max. La stessa inclinazione di Bobo a incassare le spalle una volta verso la porta, ma pochi gol, pochissimi. Bobo diventava una punta di livello mondiale, portando nelle casse bianconere circa 35 miliardi per il suo passaggio all’Atletico Madrid. Per Max invece c’erano sei anni di Serie B, con un dimenticabile cammeo a Napoli. Poi altro balzo all’indietro, in Lega Pro. E a Napoli grazie all’input del Pocho Lavezzi arrivava Gabriel Cristian Chavez, “El Negro” per la pelle scura, trequartista dal Sal Lorenzo. Anche per lui poca strada in maglia azzurra.

Fonte: Repubblica

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