Zico e gli altri, il favoloso calcio italiano degli anni ottanta
Una punizione di Zico ROMA – Un luminoso giorno di gennaio del 1984. Il Catania, nonostante manchi quasi mezzo campionato da giocare, si gioca le residue chance di salvezza. I tifosi percepiscono l’ultimo snodo e gremiscono gli spalti. Trentamila, forse più, poi però succede che… ‘clamoroso al Cibali’. Tutti in piedi ad acclamare un giocatore che ha appena segnato alla squadra di casa. Arturo Antunes Coimbra, in arte Zico, è stato anche questo, sul podio dei massimi simboli calcistici degli anni ottanta. Non certo l’unico, basta citare i ricci ribelli di Diego Armando Maradona e quelli più snob di Michel Platini per trovargli una compagnia a dir poco eccezionale. Zico però, rispetto agli altri due, ha qualcosa in più o in meno, dipende dai punti di vista. Non ha la Juve con la sua tradizionale forza come Michel, non ha una città in ebollizione ed una squadra costruita per vincere come il Napoli di Diego. Gioca nell’Udinese, una squadra buona con tanto talento (il giovane Mauro o il vecchio Barone Causio) ma non attrezzata per vincere.
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Eppure anche un popolo tradizionalmente operoso e poco incline alle eccessive frivolezze calcistiche come quello friulano, improvvisamente arde di una passione sconvolgente. ‘O Zico o Austria’, recita uno stendardo indignato con la decisione della Figc di annullare il contratto per l’arrivo del Galinho: il suo e quello di Toninho Cerezo alla Roma, questioni di società create ad hoc per trasferimenti giudicati troppo onerosi. La piazza alla fine vince, con tanta forza da non sembrare differente – almeno in quel frangente- dalla passione con la quale San Paolo l’anno seguente accoglierà Maradona. Zico era già Zico, affermato dalle prodezze nel Flamengo. Con alle spalle un mondiale da astro nascente nel 1978 perso dalla Seleçao per un Perù ago della bilancia troppo parziale nel gioco della differenza reti con i padroni di casa dell’Argentina. Quindi colonna portante dell’ultimo Brasile poetico, quello che sembrava talmente imbattibile da fregarsene della fase difensiva per consegnarsi indifeso alla fionda spietata del Paolo Rossi Mundial di Spagna.
Zico per incantare gli spalti basta e avanza. Non c’è bisogno di altro, come nel giorno della sua prima in serie A, al Ferraris contro il Genoa: lo 0-5 della grande illusione dell’Udinese, segna una doppietta, il pubblico applaude. Lui e gli altri, dominatori di anni ottanta che in questo momento sembrano oggettivamente irripetibili per il calcio italiano. Non è tanto una questione di finali di coppa: in fondo anche nei decenni a seguire qualcosa di buono verrà combinato. E’ una questione di ambiente, di stadi sempre pieni, di avvocati Agnelli che imperversano ai microfoni, di tanti altri personaggi, non necessariamente vincenti. Perché quel decennio non è solo Zico, Maradona, Platini o Falcao, o ancora a seguire l’Inter dei tedeschi e il Milan degli olandesi.
E’ anche il decennio introdotto dallo scandalo scommesse e dei giocatori improbabili ma ugualmente radicati nell’immaginario collettivo. Il calcio dei Luis Silvio della Pistoiese, che ancora non si è capito se avessero sbagliato a trovargli il ruolo oppure se non avesse mai giocato prima a pallone. Il calcio dei Luther Blisset del Milan, arrivato dal Watford con un carico di gloria ma rispedito con urgenza al mittente. E se, come affermava Proust, il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente, quello degli anni ottanta è talmente scolpito nella memoria che alla realtà ci si avvicina parecchio.
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Fonte: Repubblica