EDITORIALE – Gattuso sta fallendo una stagione. Siamo lì, dove eravamo un anno fa
Chi scrive non ha verità assolute, ma crede che il ciclo Gattuso sia un fallimento perché ci ha tenuto lì dove eravamo un anno fa. Credo che nella culpa in eligendo di De Laurentiis, che ha scelto un allenatore inesperto ed incapace di tirare la squadra fuori dai troppi equivoci, equivoci che egli stesso ha provveduto a creare con due squadre pensate con due sistemi di gioco differenti.
Poi, non sono un invasato: Gattuso sta giocando senza Osimhen e Mertens per diverso tempo, e sicuramente ha inciso. Ma, detto questo, percepisco un encefalogramma piatto e non lo ritengo idoneo a tirarci fuori dal grande casino dove ci troviamo.
Sull’altare della costruzione dal basso, Gattuso ha sacrificato il talento di Meret. Ora, per quanto il buon Ospina abbia dimostrato di essere un valido portiere, visto il rendimento, la domanda sul se ne sia valsa la pena diventa retorica. Per noi è mortale dilapidare risorse.
Sulla stessa linea di filosofia calcistica, abbiamo reso Fabian, unico vero giocatore totale della serie A dai tempi di Pogba, un giocatore normale. Avulso dalla manovra, senza campo davanti, sempre spalle alla porta, sempre ingabbiato.
E ancora Rrahmani, tra i migliori lo scorso anno, dimenticato ed esposto a figuracce che gli mineranno la fiducia a vita. Mentre nell’Inter di Conte, Bastoni rubava il posto a Godin, noi compravamo il miglior stopper del campionato scorso per farlo esordire a gennaio.
Così come Di Lorenzo, che ha annullato Mbappè e Manè, ma che sembra un giocatore smembrato da un minutaggio insensato e dall’assenza di alternative. Con la cessione di Malcuit, ancor più condannato all’onnipresenza, che ne danneggia smalto e lucidità.
L’altare della costruzione dal basso, dicevamo. L’unico tratto del calcio di questi mesi, essendosi eclissata totalmente l’idea di risalita del campo giocata sul lavoro delle mezze ali e dei terzini con cambio campo sul lato debole per lanciare le ali. Un calcio deprimente.
Che nell’ultimo mese si è basato solo ed esclusivamente sull’individualità di Lozano, che pare giochi una partita a sé, al doppio della velocità dei suoi compagni e al triplo della garra. Petagna, commovente per sacrificio, gioca sempre solo e spalle alla lontanissima porta.
Insigne è da psicodramma. La pantomima sul rigore sbagliato dava il senso di una carriera sprecata ad inseguire consenso più che risultati. In ogni caso, un momento di appannamento ci può stare, soprattutto se le giochi tutte per tutti i 90’.
Naturalmente, poi, se giochi ogni tre giorni e ti metti così in mezzo al campo, le distanze tra gli uomini aumentano, i reparti si sfaldano, le certezze crollano. Pensate a Demme. Rappresenta perfettamente questo assunto. Costretto a fare tutto senza fare niente.
Avete sentito qualcuno chiedere conto di questo (e delle tante altre cose di campo che non vanno)? No. È sempre colpa della sfortuna, del veleno, della birra nelle gambe, del pericolo non annusato, di ADL che contatta gli altri allenatori, degli editoriali di Chiariello.
E così, tra una conferenza sponsorizzata dagli amici del club degli ex calciatori e l’ennesima sconfitta, Gattuso si è consegnato agli annali come il peggior tecnico della storia recente del Napoli. E lo ha fatto pur conquistando un trofeo, il che diventa un’aggravante.
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