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OBIETTIVO NAPOLI – A Liverpool il peggior Napoli degli ultimi anni

Ovvio, andare a giocare in casa del Liverpool non è una passeggiata. Ma quando giochi così male, in entrambe le fasi, e mandi in fumo una qualificazione ottenibile anche perdendo (a determinate condizioni), allora significa che qualche colpa ce l’hai. E pure grossa.
Ogni partita ha una storia a sé, si suol dire, ma l’impressione è che per il Napoli questa cosa sia fin troppo vera. Gli azzurri, in questa stagione, sembrano ancora alla ricerca di una concreta identità e, troppo spesso, le loro sorti sono eccessivamente legate alle giocate delle individualità.
Chi vi scrive non è un sarriano integralista, anzi, ma è indubbio che con la vecchia gestione la squadra partenopea avesse una propria identità, nel bene e nel male. Il Napoli di Ancelotti, invece, questa identità non la ha. Questo talvolta può tramutarsi in un qualcosa di positivo, perché consente al mister di variare uomini e (più raramente) idee tattiche a seconda delle esigenze. D’altra parte, in gare in cui i giocatori devono poggiarsi su solide basi, la mancanza di una precisa identità diviene una pecca. All’Anfield, stasera, abbiamo visto l’estremo negativo di questo limite. I giocatori azzurri sembravano spaesati e poco consci di come approcciare alla partita: Koulibaly indietro a difendere e poi viva il parroco! Gli imbarazzi maggiori sono emersi, evidenti, nel momento in cui bisognava impostare da dietro; dimenticatevi le belle uscite palla al piede di un tempo, lo schema per dare inizio all’azione è uno e uno solo: palla a Ospina e calcione al pallone. La genialità di usare una strategia del genere quando hai Mertens e Insigne davanti, poi, è da Premio Nobel per la fantascienza. “Attenzione!” – direte voi – la palla veniva spesso lanciata verso gli esterni. Giusto, ma se andassimo a consultare le statistiche, siate pur certi, le palle intercettate di testa dagli azzurri su questo tipo di rilancio si attesterebbero, senza dubbio, sotto la percentuale del 10%.
Al di là della fase di impostazione, anche quella di recupero palla, difensiva e di ripartenza sono state disastrose.
La retroguardia è stata tenuta in piedi esclusivamente da Koulibaly, altrove era una pacchia per i giocatori offensivi di Klopp. Filtro dei mediani nullo, Mario Rui nel panico più totale al cospetto di Salah (unico effettivamente pericoloso dei Reds), Albiol in costante affanno, Maksimovic troppo molle.
Davanti le cose non sono andate meglio: Insigne e Mertens sono stati spettatori non paganti del match. Mai in grado di tenere una palla davanti, mai pronti sulle ripartenze, sempre imprecisi e flosci nelle assistenze. Se tale è l’apporto dei suoi migliori giocatori offensivi, allora il buon Carletto ha un bel po’ di attenuanti da presentare contro chi lo accuserà del fallimento di stasera. Ma le attenuanti non possono salvarlo da qualche critica. Il Napoli di Ancelotti ha fatto le cose migliori quando ha saputo cambiare a seconda del tipo di avversario. Contro il Liverpool all’andata, ad esempio, la falsa difesa a tre aveva stravolto le carte in tavola regalando il successo agli azzurri. Stasera, invece, Ancelotti è rimasto fossilizzato sulla presunta affidabilità del suo undici di coppe, non preparando alcuna situazione specifica per questo incontro. Il 4-4-2 di stasera è risultato troppo piatto e scolastico. Non ha funzionato l’espediente della spinta di Mario Rui sulla sinistra con Fabiàn ad accentrarsi, perché il terzino portoghese è rimasto troppo schiacciato e impaurito dall’incedere di Salah, mentre l’ex Betis non ha mai trovato la posizione in campo, spesso penalizzato nelle sue giocate (come abbiamo avuto già spesso modo di sottolineare) dal dover giocare da mancino a sinistra, posizione che gli rende poco agevoli le soluzioni verso la porta quando si accentra. Dall’altro lato, Maksimovic ha palesato grandi difficoltà in entrambe le fasi: difensivamente ha tenuto poco un Manè che stasera, comunque, si marcava da solo sbagliando tutto il possibile, mentre in fase di spinta è risultato alquanto inefficace. Callejòn, davanti a lui, ha fatto poco o nulla, vivacchiando tutta la partita aspettando che nel finale, nel momento della disperazione, Insigne e compagni ricorressero agli antichi schemi di sarriana memoria, trovandolo con palle alle spalle del terzino avversario, che lui però non ha saputo sfruttare.
Infine, una trista nota sui singoli. In una serata del genere è facile gettare la croce su tutti e, come si suol dire, buttare l’acqua sporca con tutto il bambino. Ce ne rendiamo conto. Ma non si può fare a meno di notare come nelle gare decisive il Napoli venga spesso “tradito” da quelli che dovrebbero essere i suoi uomini migliori (eccezion fatta per Koulibaly, lui è di altro livello). Insigne ed Hamsik, i due capitani, stasera in compagnia di Mertens, quando il livello si alza sembrano non riuscire a rispondere alle aspettative. Chissà che la differenza tra il Napoli e i top club non stia, come spesso si pensa, nella qualità dei comprimari, ma forse proprio nella differenza di incisività tra i nostri “migliori” e quelli delle altre…

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