Batistuta a Sky: “Viola e Roma sempre nel cuore”
Nel prossimo turno di Serie A è in programma Fiorentina-Roma. Quali sono le tue sensazioni?
Quando ero giovane, avevo 19 anni, sono venuto per la prima volta in Italia con una squadra con la quale ho giocato il Torneo di Viareggio. La prima città italiana che ho visitato è stata Roma e ho fatto una foto con le braccia aperte lì, come se stessi festeggiando. Poi sono venuto a Viareggio e la prima partita del calcio italiano che ho visto dal vivo è stata Fiorentina-Roma. Dopo un anno e mezzo circa da tutto questo, giocavo con la Fiorentina. Ho trascorso il 90% della mia carriera calcistica a Firenze, prima di andare a Roma, dove ho vinto lo scudetto. Era nel destino: le prime due squadre che ho visto poi ho avuto la fortuna di viverle da dentro. E tutto questo è incredibile. Io non credo molto al destino né ai numeri, ma questo mi fa pensare.
Tu hai vinto uno scudetto con Di Francesco: ti aspettavi che potesse arrivare fin qui?
Un po’ sì e un po’ no. Era uno di quelli che parlava abbastanza di calcio nello spogliatoio a Roma, però sinceramente non me lo sono mai immaginato a dirigere le sorti della Roma. Però mi fa piacere, fa piacere quando uno dei miei vecchi compagni ha successo. Di Francesco ha fatto benissimo a Sassuolo e spero faccia tanto bene alla Roma.
Qual è adesso il tuo rapporto con Firenze?
Ora sto bene a Firenze, molto meglio di quando giocavo. All’epoca ero sempre responsabile delle mia azioni, ero voglioso di far contenti tanti tifosi e di rappresentare bene la società. Quando eravamo in Italia, ma anche quando andavo in Nazionale, mi sentivo sempre un fiorentino e quindi cercavo di comportarmi come tale. Quello è stato il mio rapporto quando giocavo, la città mi è sempre piaciuta e ho capito i fiorentini, che non sono facili da capire. Oggi è più facile fare una passeggiata in centro, io sono più rilassato rispetto a prima: la gente mi vedeva e mi chiedeva naturalmente di calcio, io giocando ed essendo un po’ stressato ero disturbato. Anche se sentivo l’affetto della gente e la cosa mi faceva piacere, non sono riuscito a vivere la città come avrei voluto o come la sto vivendo ora. Adesso faccio una passeggiata, la gente mi riconosce, mi saluta, però finisce lì. Sto raccogliendo tutto quell’affetto che prima non riuscivo a dare indietro: ora sono più amabile, più sorridente e più rilassato, quindi vivo in armonia. Io sento Firenze veramente come casa mia, sono arrivato a soli 20 anni e sono andato via quando ne avevo 30. Sono arrivato da solo, con mia moglie, siamo andati via che avevamo tre bambini. Quando sono andato via da Firenze avevo trascorso la metà della mia vita qua e quello mi rimane dentro: oggi torno e sono a casa.
Vuoi inviare un messaggio a Fabio Capello?
Lo saluto. Con Capello abbiamo vissuto dei bei momenti a Roma, siamo riusciti a condividere un’esperienza che pochi possono permettersi a Roma perché è difficile vincere lì. Noi siamo riusciti a farlo con gente come Totti, Cafu, Aldair, Samuel, Candela e tutti grandi giocatori con i quali abbiamo condiviso lo spogliatoio in quel periodo in cui la Roma finalmente ha raggiunto un obiettivo che inseguiva da un bel po’. Quindi ho solo bei ricordi.
In Serie A ci sono tanti attaccanti argentini forti. Qual è la tua personalissima classifica?
Faccio fatica a scegliere. Il mio preferito finora è sempre stato Higuain, ma lui ha già fatto tre Mondiali con l’Argentina e ha avuto la sua chance con la Nazionale. Penso che adesso sia arrivato il tempo di Icardi. Tutti gli attaccanti argentini che giocano in Italia sono grandi attaccanti con importanti margini di miglioramento, a parte Higuain che ha già raggiunto la maturità. Però Icardi, Dybala e soprattutto Simeone possono ancora fare molto di più e sono sicuro che faranno molto di più. Sono ragazzi seri e vogliosi di migliorarsi, quindi auguro loro il meglio.
Il docu-film “El Numero Nueve” racconta tanto non solo del Batistuta calciatore, ma anche dell’uomo. Come ti sei approcciato a questo progetto?
Quella è l’idea che mi hanno presentato. Ho accettato velocemente, perché voglio portare una speranza ai ragazzi argentini, soprattutto a quelli che abitano nella mia regione, che è una regione un po’ dimenticata dell’Argentina. Vorrei che passasse il messaggio che per arrivare, per essere qualcuno, bisogna fare dei sacrifici enormi, dopo i quali però arriva sempre un premio. Quella è la cosa che mi interessa raccontare: i gol li hanno visti, le interviste, cosa penso sullo sport lo sanno tutti. Una delle condizioni che ho chiesto è stata quella di andare a fondo, di non fare i soliti reportage. Non voglio sapere cosa pensano gli allenatori o i tifosi di me, io voglio raccontare me stesso, come sono partito, come mi è venuta di giocare a calcio o come mi hanno imposto l’idea di giocare a calcio. Voglio parlare di quello che mi ha aiutato a raggiungere tanti obiettivi, dalla Fiorentina alla Nazionale, che per tutti i bambini argentini è il sogno. Ho fatto un percorso pieno di sacrifici che nessuno conosce e l’idea di questo docu-film è proprio raccontare tutto ciò: magari a volte è dura, ma se uno ha un obiettivo giusto e chiaro lo può raggiungere.
Fonte: SkySport