Totti: “Restare a Roma la mia più grande vittoria”
È passato ormai più di un anno dal giorno del suo ritiro, da quell’addio che commosse il calcio italiano. Dalla scorsa stagione, Francesco Totti, ha svestito maglia e pantaloncini e ha indossato l’abito da dirigente, non perdendo però l’entusiasmo e l’amore per la sua Roma. Un sentimento che l’ha reso grande in tutto il mondo: “Il giorno del mio addio è stato diverso rispetto a tutti gli altri dei 25 anni di carriera – ha dichiarato lo stesso Francesco Totti a Che tempo che fa su Rai 1 – Sapevo che era la fine di un percorso che ho voluto terminare a Roma, con un’unica maglia. C’è stato un momento in cui potevo andare via, ma alla fine l’amore per questi colori ha avuto la meglio. Non ho vinto tanto, ma questa è stata la mia vittoria più grande e posso reputarmi fortunato. L’addio? Con Ilary parlavamo del discorso da un mese, volevo una cosa semplice. Alla fine ci siamo messi a buttare giù un po’ di cose, volevo esternare il mio amore ai tifosi. Non è stato facile leggerla, quando ero da solo a casa la leggevo e piangevo. Cercavo di non farmi vedere dai miei figli, ma non ci riuscivo”.
“Un carcerato si allungò la pena per vedermi”
Il giorno del compleanno di Totti (27 settembre) uscirà l’autobiografia dell’ex capitano giallorosso: “Ringrazio la casa editrice e Paolo Condò che mi è stato un anno indietro. Faremo quest’evento al Colosseo non per il mio compleanno, ma per beneficenza al Bambin Gesù. Visita a Rebibbia? Facemmo un giro nelle celle per trovare i detenuti, erano tutti contentissimi. C’era un balcone dove facevamo degli autografi e vidi un ragazzo che gesticolava e strillava. A un certo punto inizia a spingere, voleva farsi una foto con me, ma non capivo la fretta. Alla fine sono venuto a sapere che doveva uscire la settimana prima ed aveva chiesto di restare ancora un po’ perché sapeva che sarei venuto”. Poi ancora aneddoti: “Era una settimana dopo lo scudetto, eravamo a Testaccio. La gente seppe che ero lì, l’unico modo per scappare era arrampicarsi dall’altra parte, dove c’erano i frati capuccini. A un certo punto vidi un frate con una lampada, mi accompagnò e mi chiese una foto. Quando esco mi nascondo, vorrei vedere altre cose. Pensavo che una volta finito sarebbe stato meglio, ma ci sono le cose di sempre tra foto e autografi. Quando sento un rumore mando Ilary? Sì, ma prima mi nascondevo proprio e fingevo di essere morto. Adesso ci va Ilary, altrimenti non la sposavo (scherza, ndr). Lei si veste con pigiamone, calzini di lana e per spogliarla ci metto un’ora e mezza. La cosa bella è che lei è rimasta sempre uguale. Le foto in cui mi rimprovera? Non è vero, parlavamo d’altro e non stavamo litigando. Lei gesticola, non sta mai ferma”.
“Quando il Papa tornò indietro durante un’udienza…”
E ancora: “Dopo la partita dello scudetto andai a prendere la modo per andare al ristorante per i festeggiamenti. Entrai col casco in testa e ci rimasi per cinque minuti, poi ho dovuto toglierlo altrimenti mi sarebbe venuta la rosolia. Se il Papa tornò indietro durante un’udienza? Facevo le elementari, giocavo a calcio ma non con la Roma. Andammo in udienza con la scuola, c’erano tante persone. Lui passò e poi tornò indietro per darmi un bacio”. Sull’infanzia, infine: “A 8 mesi ho iniziato a camminare, ma con il pallone vicino. Mi chiamavano Gnomo, non crescevo mai, ero esile. Mamma mi dava la pappa reale, mi faceva schifo”.
Fonte: SkySport