STOP ALLA PUBBLICITÀ DEI GIOCHI: DAI DIRITTI TV AI GRANDI EVENTI, UNA “MAZZATA” PER LO SPORT ITALIANO
Lo stop totale alla pubblicità dei giochi, messo in agenda dal nuovo Governo e sul punto di essere tradotto in un decreto legge, rappresenta un colpo duro non solo per il panorama dei media nazionali, ma anche per tutto lo sport italiano, legato in buona parte agli introiti pubblicitari del settore del betting. Il cosiddetto “Decreto Dignità”, peraltro, taglia anche ogni tipo di sponsorizzazione, a partire dal 1° gennaio 2019. Una misura che va ad impattare pesantemente su tutto il sistema delle manifestazioni sportive, da quelle nazionali a quelle a carattere locale.
Diritti Tv – Pesanti le ripercussioni sul fronte dei diritti tv legati al calcio, sia per chi li cede, sia per chi li acquista. Il meccanismo è semplice: il prodotto calcio aumenta o diminuisce di valore di pari passo con le prospettive pubblicitarie che può offrire. Se i centri media non potranno vendere spazi alle aziende del gioco legale, le grandi aziende televisive tenderanno a tagliare il budget programmato per l’acquisto dei diritti. Di conseguenza, il calcio si troverà a gestire un prodotto meno remunerativo. Questi svantaggi possono facilmente estendersi all’intero Paese nel momento in cui l’Italia si candiderà a organizzare grandi eventi sportivi, finanziati in parte proprio con gli introiti derivanti da pubblicità e sponsorizzazioni legate al mondo dei giochi.
Una torta da 200 milioni – Sono circa 200 i milioni investiti dal settore giochi in un anno, secondo una stima di Agipronews su dati degli operatori dell’industria. Circa il 70% si indirizza verso il mondo dello sport, sia in forma di pubblicità che di sponsorizzazioni. Dei 200 milioni totali, 80 confluiscono nelle tv (e 50 provengono da concessionari online) gli altri 30 riguardano la promozione di altri giochi e lotterie. I residui 120 milioni si dividono in sponsorizzazioni, internet, radio e tv.
Tra mercato legale e illegale – Il divieto di pubblicità sui giochi potrebbe cambiare anche la percezione del settore da parte dell’opinione pubblica. La comunicazione pubblicitaria si configura infatti come un indicatore di regolarità. «Vietare la la pubblicità dei prodotti di gaming – ha dichiarato Harrie Temmink, vicecapo della Unit “Public Interest Services” della Direzione Crescita della Commissione Europea – è un errore che impedirebbe di distinguere l’offerta di giochi illegali da quella legale e controllata dagli stati membri Ue». Proprio in ambito europeo potrebbe prodursi una latente discriminazione delle aziende che operano in territorio italiano. Nella Ue, infatti, il divieto di pubblicità riguarda esclusivamente gli operatori illegali.
La decretazione d’urgenza – Discutibile inoltre l’utilizzo dello strumento del Decreto Legge per una materia del genere, difficilmente riconducibile a uno stato di urgenza e necessità. Così come problematico è il termine del 1° gennaio 2019 per il divieto di sponsorizzazione. Al riguardo, va considerato che i contratti fanno riferimento di solito alla stagione sportiva, che comincia a settembre e finisce a giugno. Se il divieto entrerà in vigore a gennaio, i suoi effetti sarebbero anticipati di fatto al prossimo settembre.=