Mondiali 2018, Guida al Girone E
L’efficacia del Brasile nell’attacco in verticale. Coutinho (esterno sinistro alto del 4-3-3) si smarca internamente e sfrutta le buone capacità di Miranda nel passaggio taglia-linee in un corridoio strettissimo tra Gündogan e Goretzka. Marcelo si alza per occupare l’ampiezza ma sul simultaneo scatto in profondità di Gabriel Jesus e Paulinho, Coutinho servirà il centravanti del City.
In attacco Tite potrà scegliere tra la rapidità e i movimenti in area di rigore di Gabriel Jesus (che sembra partire favorito) e le maggiori qualità in rifinitura e di raccordo di Firmino, che però sembra in svantaggio sul centravanti del City visto che la trequarti è già monopolizzata, o quasi, da Neymar. Più difficile invece un passaggio al 4-2-3-1, rinunciando a uno tra Gabriel Jesus e Firmino e uno tra Willian e Douglas Costa, facendo a meno in quel caso degli inserimenti di Paulinho e schierando la diga Casemiro-Fernandinho. L’ostinazione con cui Tite ha insistito sul 4-3-3 difficilmente può farlo tornare indietro, anche perché con il 4-2-3-1 cambierebbero bruscamente diversi meccanismi difensivi che in questo momento sembrano essere addirittura la priorità, in netto contrasto con il credo calcistico storico della Seleção.
In difesa mancheranno Alex Sandro per scelta tecnica (Tite ha preferito la maggiore solidità difensiva di Filipe Luis) e Dani Alves per un infortunio al legamento del ginocchio destro. Il CT brasiliano è tornato a dare piena fiducia alla coppia di grande esperienza Miranda-Thiago Silva, sfruttando anche il loro ormai antico affiatamento, sacrificando Marquinhos. La volontà di Tite di impostare un pressing medio-alto, visto anche nelle amichevoli contro squadre dotate tecnicamente come Germania e Croazia, potrebbe mettere in difficoltà il difensore dell’Inter a difendere un campo più lungo anziché schierato nella propria trequarti, ma per ora tutti i meccanismi difensivi del Brasile sembrano funzionare piuttosto bene e potrebbero tornare utili nel Mondiale per dare grande solidità nelle partite secche contro squadre forti. La varietà di soluzioni possibili per i verdeoro potrebbe paradossalmente rappresentare un problema, ma al contempo è ciò che li rende una delle Nazionali favorite per vincere il Mondiale, per alcuni addirittura la favorita assoluta.
La Svizzera ha fatto un grande girone di qualificazione (quasi punteggio pieno!). Quali sono i suoi principali punti di forza e dove può arrivare?
Francesco Lisanti: Soltanto una sconfitta a Lisbona nell’ultima giornata ha macchiato il girone di qualificazione perfetto della Svizzera, a quel punto costretta a superare il turno di playoff, per via della differenza reti inferiore rispetto al Portogallo. Le precedenti nove vittorie consecutive, però, avevano mostrato una squadra in salute, con una serie di caratteristiche tipiche di quella fascia di mezzo in cui gli ottavi sembrano un obiettivo realistico e tutto il resto fuori portata (il Messico dell’Europa Centrale, si potrebbe dire).
La Svizzera è una squadra versatile, che sa difendersi con accortezza e sa muovere il pallone a terra con rapidità se il contesto lo richiede. Per fotografare questa capacità di adattamento è sufficiente prendere in esame le due amichevoli giocate nel giro di una settimana contro Panama e Spagna: la prima si è conclusa con un rotondo 6-0, e il 61% di possesso palla per gli svizzeri, la seconda con un sorprendente 1-1, e il 35% di possesso palla.
È anche una squadra che di rado si complica la vita e non ha problemi a imporre la sua superiorità contro le squadre dal tasso tecnico inferiore. Lo ha fatto con il minimo sforzo nel girone di qualificazione, conteso con Ungheria, Lettonia, Andorra e Isole Faroe, e con qualche incertezza di troppo nel turno di playoff con l’Irlanda del Nord, piegata grazie a un rigore di dubbia natura. In breve, è una squadra sempre difficile da battere.
La storia recente della Svizzera è costellata di eliminazioni a testa alta maturate nei finali di partita. Questa è la stessa Nazionale che nel 2006 superò il girone al primo posto, sopra la Francia vice-campione, poi fu eliminata ai rigori dall’Ucraina. Che nel 2010 sconfisse la Spagna futura vincitrice, poi fu eliminata a un quarto d’ora dalla fine dal Cile (e da un grande passaggio di Valdivia). Che nel 2014 costrinse l’Argentina al pari fino a due minuti dalla fine dei supplementari, poi Messi e Di María decisero fosse passato anche troppo tempo (beffa ulteriore: qualche secondo dopo Dzemaili colpì un palo a pochi passi dalla porta). Che negli Europei 2016, volendo fermarsi al ciclo di Petkovic, ha concesso solo 2 gol in 390 minuti di competizione, poi è stata eliminata dalla Polonia ancora agli ottavi, ancora ai rigori.
Non è tanto una questione di tenacia e solidità come tratti identitari del movimento calcistico svizzero, quanto di continuità tecnica. Questa Nazionale è letteralmente la stessa del 2014: 15 dei 23 convocati avevano già preso parte alla spedizione brasiliana con Hitzfeld, e sarebbero stati 16 se Mehmedi non si fosse infortunato. Petkovic avrebbe comunque voluto portarlo con sé, ma in un atto di altruismo l’esterno del Wolfsburg ha preferito tirarsi indietro («ho dovuto decidere con la testa, e non con il cuore»).
Il ricambio generazionale si è avvertito soltanto tra i pali, dove Sommer ha preso il posto di Benaglio, e al centro della difesa, dove Schär e Akanji hanno sostituito Djorou e Von Bergen. Per il resto, il tempo sembra essersi fermato: il modulo base è ancora il 4-3-3, le fasce sono ancora sigillate da Rodríguez e Lichtsteiner, il centrocampo è ancora affidato a Xhaka e Behrami, la produzione offensiva pende ancora dall’estro di Shaqiri e Dzemaili, in attacco è ancora vivo il ballottaggio tra Drmic e Seferovic, con il terzo incomodo Gavranovic pronto a insidiare le gerarchie.
Fonte: SkySport