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Mondiali 2018, guida al Girone H

Il movimento a uscire dalla difesa di James porta via un uomo e apre un canale di passaggio. James riceverà la sponda di ritorno e premierà davanti alla porta lo scatto senza palla di Cuadrado.

Quindi, la colonna vertebrale della Colombia ha resistito integra tra le due edizioni della Coppa del Mondo. Il che significa contemporaneamente un vantaggio, per l’intesa che ormai i sei protagonisti hanno raggiunto, e un limite, per l’età dei protagonisti che avanza e per il mancato ricambio generazionale.

Va detto anche che questo sarà il primo Mondiale di Radamel Falcao, dopo l’infortunio che gli aveva impedito di partecipare nel 2014. Annoverare il trentaduenne Falcao tra le novità portate in Russia da questa squadra può far sorridere, ma è fortemente indicativo dello stato del movimento calcistico colombiano. Falcao e i due laterali bassi Fabra e Arias, quest’ultimo osservato speciale della Juventus, sono andati a rinforzare la struttura base della Colombia.

Ci sono, inoltre, due posizioni nello scacchiere di Pekerman che ancora non hanno trovato un padrone. Nessuno è ancora riuscito a imporsi come l’erede del “Mariscal” Mario Yepes: al fianco di Zapata si sono alternati Davinson Sanchez e Yerry Mina. In una delle ultime amichevoli, contro l’Egitto privato di Salah, Pekerman ha provato Sanchez e Mina insieme. Il difensore del Tottenham ha dimostrato però ancora una volta i suoi limiti nella lettura della partita, ed è probabile che al Mondiale la scelta di Pekerman ricadrà sul “barcelonista” Mina ad affiancare il milanista Zapata. Ma per una squadra che soffre maledettamente le transizioni difensive sarebbe un peccato doversi privare della velocità in progressione di Sanchez, nonostante le contraddizioni con cui ha vissuto la sua prima stagione in Premier League.

C’è un altro nodo enorme ancora da sciogliere: a sinistra, nel tridente di trequartisti che appoggerà Falcao, Pekerman ha impiegato più spesso Edwin Cardona, che però alla fine non ha staccato il biglietto per Russia 2018. Abulico, spesso fuori forma e sanzionato dalla FIFA per un gesto razzista nell’amichevole con la Corea del Sud, Cardona ha lasciato il posto a uno tra l’ex giocatore del Pescara Juan Quintero, e Mateus Uribe. Le riserve di Pekerman in tal proposito non sono ancora sciolte, e qualche addetto ai lavori ipotizzava un sacrilego spostamento in fascia di James Rodriguez.

Cosa succede al Giappone, che ha cambiato allenatore appena prima del Mondiale?

Daniele V. Morrone: La grande delusione del Mondiale brasiliano del 2014 aveva spinto la federazione giapponese a cercare un allenatore esperto e famoso proprio nel lavoro di creazione di squadre prima di tutto solide per far fare l’ultimo gradino. Halildhodžić quindi ha voluto impostare il Giappone come una squadra in grado di reggere atleticamente qualunque avversario e sfruttare il talento negli scambi in velocità per poter difendere più basso e risalire il campo, dove movimenti coordinati portano alla conclusione.

Un calcio diverso rispetto all’idea che abbiamo di Giappone, impostato sulla tecnica, come era quello di Zaccheroni. Per Halildhodžić tutti dovevano difendere e c’erano profili specifici che dovevano svolgere compiti specifici con la palla. La difficoltà di cambiare mentalità a un gruppo storico ha portato alla scelta di un ricambio generazionale che ha coinvolto centrocampo e attacco in modo deciso.

Il gioco, negli ultimi anni, non ha mai convinto critica e pubblico, che ancor più di noi europei conserva un’idea astratta di Giappone come squadra tecnica e associativa. Per questo, quando i risultati non hanno più coperto le spalle a Halildhodžić (con tanto di umiliante sconfitta ai quarti di Coppa d’Asia nel 2015 contro gli Emirati Arabi e nella Coppa dell’Asia Orientale nel 2017 da parte dei rivali sudcoreani) ecco che la federazione, preoccupata da un Mondiale con lo spogliatoio contro l’allenatore e il pubblico che non sostiene la squadra, sceglie di intervenire cambiando tecnico. Letteralmente all’ultimo momento disponibile, considerando che il tecnico subentrante (di cui ancora non si sapeva il nome) avrebbe dovuto fare le convocazioni per il Mondiale senza neanche aver giocato un’amichevole con la sua nuova squadra.

È la vittoria della vecchia guardia che con un colpo di stato ha deposto Halildhodžić e fatto instaurare un uomo di fiducia che potesse convocarli tutti: quel Akira Nishino che fungeva da direttore sportivo della Nazionale, e che rappresentava gli occhi della federazione all’interno del lavoro di Halildhodžić, e che è stato poi scelto per prenderne il posto.

Il tweet di Keisuke Honda che scrive lapidario poco dopo l’esonero di Halildhodžić dà l’idea di come alcuni intoccabili dello spogliatoio fossero in pieno ammutinamento: “Meglio tardi che mai”.

Nishino, privo di tempo a disposizione, ha scelto l’opzione più semplice fidandosi totalmente della vecchia guardia: il ricambio generazionale (con Nakajima, Asano, Ideguchi, Kubo, Morioka) è stato completamente messo da parte per fare nuovamente spazio ai senatori, cancellando quindi con le convocazioni i 4 anni di lavoro: per dire, il Giappone si è qualificato andando a vincere contro l’Australia con i gol di Asano (23 anni) e Ideguchi (21 anni) ed entrambi vedranno il Mondiale dalla televisione; così come i due talenti su cui sembrava si volesse puntare al posto di Kagawa e Honda – cioè Nakajima (23 anni) e Kubo (24 anni).

Con 28.6 anni di età media, il Giappone è una delle più vecchie tra le partecipanti, ma soprattutto è la versione più vecchia tra le sei partecipazioni del Giappone al Mondiale.

Dal punto di vista tattico Nishino ha detto di voler far tornare in campo “il brand del calcio giapponese”, vuole insomma tornare all’idea di un calcio dove la tecnica e il talento associativo permette al Giappone di ordinarsi con la palla. Nelle uniche 2 amichevoli pre-mondiale a disposizione ha, per prima cosa, scardinato il sistema precedente fondato sul 4-2-3-1, impostando la squadra su un 3-4-3 che vuole risalire il campo con passaggi corti, come visto nella partita contro il Ghana.

Per questo Nishino ha scelto tre diversi livelli di fonti di gioco per avere sempre un appoggio al possesso: il capitano Hasebe (messo al centro della difesa per impostare per l’occasione), il centrocampista Oshima e Honda, accentratore del gioco giapponese nella metà campo avversaria.

Per correggere il problema della distanza tra i reparti, nell’amichevole contro la Svizzera è tornato al 4-2-3-1, con la scelta di riportare Hasebe a centrocampo (chiedendogli di scendere in fase di impostazione), accanto al regista Oshima, con Honda trequartista centrale e due esterni, di cui uno rifinitore – Usami – e un’ala pura – Haraguchi. La prima scelta per la punta è stata Osako in entrambe le amichevoli, e verosimilmente al Mondiale rimarrà questo assetto. Il ritorno dell’ancient regime.

Fonte: SkySport

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