Un trauma passato quasi in sordina, nonostante il grande impatto lasciato dagli empolesi negli ultimi anni in massima serie. Oltre a Sarri e Giampaolo, due tra i tecnici migliori della Serie A, gli azzurri sono riusciti a lanciare – tra gli altri – Rugani, Mario Rui, Saponara, Hysaj, Zielinski, Vecino, Verdi, Paredes e Skorupski, giocatori che hanno proseguito la loro carriera nelle maggiori squadre italiane, o (come Verdi) sono finiti nel giro della Nazionale.
Ripartire da zero
La retrocessione portava con sé un’eredità pesante. La dirigenza empolese ha deciso di smarcarsene con una vera e propria rivoluzione. In estate sono partiti in tantissimi: dai giocatori di lungo corso (Maccarone, Pucciarelli, Croce) ai più giovani (Dioussé, Barba, Costa, Skorupski), passando per giocatori come Bellusci ed El Kaddouri, che sarebbero stati utili anche in Serie B. Gli unici confermati, insieme a Pasqual (neo capitano), sono stati tre giocatori sotto i 25 anni: Veseli, Krunic e Zajc.
Per tentare la risalita l’Empoli non ha lesinato spese, impegnando i fondi delle cessioni (e quelli del paracadute finanziario) per costruire una squadra che fosse competitiva fin da subito. Come al solito, la società ha mostrato grande attenzione ai giovani: a quelli già in organico (Krunic e Zajc) sono stati aggiunti diversi giocatori di prospettiva (Simic, Luperto, Ninkovic, Untersee, Di Lorenzo, Bennacer, Provedel), rafforzati da una spina dorsale “di categoria”: Romagnoli e Lollo dal Carpi, Castagnetti dalla SPAL, Donnarumma dalla Salernitana e Caputo dalla Virtus Entella.
I due attaccanti sono il fiore all’occhiello del mercato estivo, ma l’acquisto più sorprendente è sicuramente Bennacer, centrocampista franco algerino classe ’97 comprato dall’Arsenal U23, impostosi titolare già nelle prime settimane di campionato.
Un’altra scelta non banale è stata quella del tecnico: la società ha deciso di affidare la panchina a Vivarini, reduce da una complicata stagione al Latina, ma con alle spalle ottime esperienze tra Chieti, Aprilia e Teramo (con cui guadagnò la promozione in B nel 2015, persa per lo scandalo calcioscommesse). All’allenatore sono arrivati gli endorsement di Sarri (per cui è stato collaboratore) e José Mourinho, e la stagione è iniziata al meglio. Il tecnico azzurro ha impostato un 3-5-2 molto quadrato, incentrato nel dare maggior supporto possibile al duo composto da Caputo e Donnarumma (suo giocatore già a Teramo).
La squadra gioca un calcio molto diretto, che vuole sfruttare la superiorità fisica e tecnica di Caputo e Donnarumma, che vengono incontro per ricevere e consolidare il possesso, coinvolgendo esterni e mezzali. La manovra è abbastanza lineare: gli azzurri sfruttano la qualità tecnica del rombo difensivo (i tre centrali più Castagnetti) per aprire spazi e liberare la traccia interna verso gli attaccanti; se il centro è bloccato la squadra passa per i due esterni sfruttando le conduzioni di Di Lorenzo sulla destra e le qualità palla al piede di Pasqual sulla sinistra.
Già dalle prime gare, l’Empoli mostra pregi e difetti molto specifici: quella di Vivarini è una squadra con la qualità e la forza di imporsi sulle partite, ma senza gli equilibri giusti per controllarle fino in fondo. Dopo il pareggio d’esordio a Terni gli azzurri vincono 3 a 2 col Bari e pareggiano 3 a 3 col Palermo, dando inizio a un campionato abbastanza altalenante.
I risultati sembrano comunque in linea con gli obiettivi: a fine ottobre i toscani sono a un solo punto dal primo posto, col miglior attacco del campionato, e il doppio dei gol subiti rispetto al Palermo (primo). A metà novembre la clamorosa sconfitta con la Pro Vercelli (ultima in classifica) sembra dare il primo scossone al campionato, ma la squadra risponde con il 5 a 3 sul Cesena e un incredibile 3 a 3 nello scontro diretto col Frosinone.
Tre giornate e cinque punti dopo arriva l’esonero di Vivarini. In quel momento l’Empoli era a due punti dal secondo posto e a cinque dal primo, con la promozione diretta ancora in ballo e una squadra che sembrava in crescita. La decisione del presidente Corsi ha sorpreso tutti: tifosi e squadra. Non la società, che stava valutando la questione da diverse settimane. «Pur essendo in alto avevamo la sensazione che la squadra avesse il freno a mano tirato […]. Volevamo stravolgere un po’ il lavoro ed orientarci su situazioni diverse. Dovevamo evidenziare meglio le doti di questa squadra».
Un secondo inizio
La scelta di affidare la panchina ad Aurealio Andreazzoli è stata a sua volta una sorpresa. L’ultima esperienza del tecnico toscano in prima squadra risaliva a quattro anni prima, quando subentrò a Roma al posto di Zeman, chiudendo con la finale di Coppa Italia persa con la Lazio. Il nome di Andreazzoli è arrivato da Lorenzo Marronaro, un procuratore con un passato da giocatore proprio nell’Empoli: «Ti convincerà».
L’esordio di Andrezzoli arriva nella partita interna col Brescia, finita 1 a 1. I toscani scendono in campo col 4-3-1-2, il modulo che negli anni precedenti aveva fatto le fortune della squadra toscana. Per 10/11esimi i titolari sono gli stessi: l’unica sorpresa è Zajc, schierato trequartista alle spalle di Caputo e Donnarumma.
Lo sloveno classe ’94 è subito decisivo (suo il gol del vantaggio), ed è la dimostrazione fisica del carattere impostato dal tecnico toscano. L’Empoli di Andreazzoli è una squadra dalle due anime, capace di alternare controllo e aggressività con la stessa efficacia, valorizzando al meglio i saliscendi visti nella prima parte della stagione. «Quando la squadra è in vantaggio deve tranquillizzarsi col possesso di palla, e non aumentare lo stress».
Il primo concetto chiesto da Andreazzoli ha riguardato proprio nella gestione del pallone. Con Vivarini la squadra giocava su canali abbastanza rigidi, al punto da risultare prevedibile: la riuscita offensiva era affidata alle qualità tecniche di Castagnetti e Pasqual (un regista aggiunto) in verticale, con le due punte costrette a un intenso lavoro di sponda per le due mezzali.
Con il centrocampo a rombo Andreazzoli ha spostato le responsabilità creative in avanti, chiedendo molta più varietà di gioco e movimento ai tre vertici alti del rombo. In fase di uscita Castagnetti viene spesso affiancato da Bennacer (mezzala destra) o Zajc (trequartista), con Krunic (mezzala sinistra) che si muove più spesso in verticale, sfruttando la sua struttura fisica su eventuali palloni lunghi. Spesso non sono necessari: le rotazioni dei quattro giocatori aiutano la squadra a uscire sempre palla al piede, permettendo al resto della squadra di tenere una posizione alta sin dal primo possesso
Fonte: SkySport