BENEVENTO – “Non c’è nulla di disonorevole nell’essere ultimi. Meglio ultimi che senza dignità”. La frase è di Zdenek Zeman e calza a pennello per il Benevento che lascia la serie A ma a testa alta. Finisce con la squadra campana chiamata a fare festa sotto la curva, perché la gente ha capito che questi ragazzi non hanno mai mollato, nonostante la forbice larga. Il Benevento batte infatti un Genoa che prende gol nel suo momento migliore, dopo un netto intervento falloso in area ai danni di Lapadula che Chiffi ignora (anche perché Saicedo calcia in porta subito dopo). A segno, per i sanniti, il totem Diabatè, nella più classica azione di contropiede.
Quindicimila voci cantano al Vigorito, un amore mai finito, e il merito è dell’atteggiamento della squadra. Il gruppo di De Zerbi si congeda dal suo pubblico con una prestazione più che dignitosa, davanti a un Genoa rimesso più che sui binari giusti dalla cura Ballardini. Primo tempo senza una sola emozione, molto giro palla, applausi per alcuni recuperi efficaci di Sandro, un diagonale da posizione impossibile di Letizia e un bel guizzo di testa di Djimsiti, il cui colpo di testa in anticipo sorprende la difesa ligure ma non ha precisione.
Sul lato opposto, si segnala solo l’egoismo di Medeiros che – in azione di rottura, errore a centrocampo di quelli che il Benevento quest’anno ha pagato tanto – ignora Lapadula liberissimo e tira facendosi ribattere la conclusione da Djimsiti. La ripresa, inizialmente, non altera per nulla i ritmi slow, un reciproco (e sonnacchioso) rispetto. Il primo tiro, con tanto di parata, arriva dopo 53′. Puggioni blocca a terra una secca conclusione dal limite di Lapadula. Il Benevento pare stanco, ha speso di più. Sandro sparisce e Ballardini prova ad approfittarne, sebbene sia costretto a cambiare la sua difesa tre volte. Dopo Lazovic infatti, si fa male Rosi e dopo Rosi, Spolli.
Calcio, Benevento retrocede in Serie B: l’omaggio della curva è uno spettacolo