Nessuno difende come l’Atletico Madrid
Spesso nel calcio si attribuisce una precisa identità a tutte quelle squadre dalle fasi offensive estremamente organizzate e codificate, mentre si parla di calcio speculativo in presenza di una squadra che preferisce un calcio reattivo. Nel caso dell’Atletico Madrid questa biforcazione non vale: da anni ai “colchoneros” viene riconosciuta un’identità tra le più definite, che emerge soprattutto nelle partite di alto livello in Europa. Non sarebbe giusto però parlare di identità difensiva: l’Atletico organizza le fasi di non possesso in funzione di quelle offensive, e viceversa. Tuttavia riesce a creare un paradosso: se di solito è la squadra che gioca più spesso senza palla a doversi adattare all’avversario che beneficia del possesso, come ad esempio avviene nelle squadre camaleontiche di Allegri, i meccanismi difensivi dell’Atletico sono talmente ferrati nella mente e nel corpo dei giocatori che, una volta innescati e perfettamente funzionanti, sono viceversa loro stessi a costringere la squadra avversaria a cercare vie differenti per trovare attacchi efficaci. L’Arsenal – costretto a segnare almeno un gol dopo l’1-1 dell’andata all’Emirates – è uscito sconfitto dal doppio confronto in semifinale di Europa League, e dalla partita di ritorno di ieri in particolare, proprio per questo motivo.
L’adattamento forzato dell’Arsenal
Da quando è passato dal 3-4-3 alla difesa a 4, l’Arsenal si è caratterizzato principalmente per due idee di gioco, tra di loro complementari: la volontà di consolidare il possesso per permettere ai terzini di alzarsi altissimi, e conseguentemente dare la possibilità agli esterni o alle mezzali (a seconda del modulo adottato) di posizionarsi tra le linee avversarie e nei mezzi spazi, per favorire il fraseggio nella trequarti sfruttando le grandi abilità tecniche nello stretto dei suoi giocatori.
Questo piano, perfettamente riuscito contro il Milan soprattutto all’andata, è andato invece a sbattere contro l’Atletico. Anche se a differenza della sfida contro i rossoneri l’Arsenal si è schierato stavolta con il 4-3-3 anziché con il 4-2-3-1, sono stati soprattutto alcuni piccoli accorgimenti di Wenger a mostrare quanto l’Arsenal abbia dovuto adattarsi alla forza difensiva dell’Atletico, pur mantenendo i propri princìpi di fondo.
Nella partita di ritorno contro il Milan, schierato come l’Atletico con il 4-4-2, i Gunners avevano ricercato molto spesso l’isolamento in uno-contro-uno di Mkhitaryan con Borini, ritenuto l’anello debole della difesa rossonera. Conoscendo invece le grandi abilità difensive di tutti gli uomini arretrati dei “colchoneros”, Wenger ha presto capito che l’organizzazione delle due linee dell’Atletico avrebbe lasciato pochissimi spazi al centro, grazie alla precisione delle scalate dei mediani.
Partito con un teorico 4-3-3, l’Arsenal ha deciso quindi di giocarsela sulle fasce laterali: alla fine della partita saranno 21 i cross dei “gunners”, contro i 12 dell’Atletico. Il 4-3-3 era teorico perché, come all’andata, Wenger ha lasciato a tutti i suoi giocatori ampia libertà di svariare, con l’unico dettame rigido della generale ricerca del terzino per il cross. Ecco che, allora, Welbeck – teoricamente partito come esterno sinistro – a possesso consolidato si andava spesso ad affiancare a Lacazette per duellare sui cross contro i due centrali dell’Atletico, Godin e Gimenez. Mentre Özil – che in assenza di Mkhitaryan avrebbe dovuto essere il vero apriscatole dell’Arsenal – occupava spesso una posizione ibrida tra il centro della trequarti e il mezzo spazio sinistro, in sostituzione di Welbeck, pur essendo nominalmente l’ala destra: Özil, dopo Monreal, è stato il giocatore ad aver effettuato più cross (5, molti dei quali da sinistra), alla pari del terzino destro Bellerin, e ha così permesso all’Arsenal di attaccare molto più spesso dal lato mancino che a destra (47% contro 28%).
All’insufficiente riuscita del piano tattico dell’Arsenal, oltre che la grande forza difensiva del suo avversario, ha probabilmente contribuito la scarsa propensione a formare catene laterali fluide, che con il 4-3-3 sarebbero state sicuramente favorite. Soltanto Ramsey, un paio di volte, si è proposto con un taglio esterno che avrebbe dovuto provare a scombinare lo schieramento difensivo dei colchoneros. L’eccessiva tendenza delle mezzali ad occupare i corridoi centrali (nelle posizioni medie sia Ramsey che Wilshere sono praticamente appaiati al centro) ha favorito la fase difensiva dell’Atletico e non ha migliorato il fraseggio di cui l’Arsenal avrebbe dovuto necessariamente disporre, e che forse ha interiorizzato fin troppo senza riuscire ad apportare aggiustamenti necessari per sfruttare fino in fondo l’ampiezza concessa dai “colchoneros”.
Fonte: SkySport