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Dal terremoto al sogno Racing: la storia di Jean

Jean Mary è un ragazzo di soli dieci anni ma, nonostante la giovanissima età, ha già dovuto affrontare tantissime difficoltà nel corso della sua esistenza. Ora, per fortuna, la sua vita è cambiata. È più tranquilla, amorevole e pochi giorni fa ha potuto realizzare il suo sogno: incontrare i suoi idoli del Racing. Andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro all’inizio di questa storia e precisamente al 12 gennaio 2010. Un terremoto, il più forte registrato dal 1770, sconvolge Haiti e lascia senza vita 150 mila persone a Port-au-Princi e nelle zone circostanti. All’epoca Jean Mary ha soli due anni e nessuno a cui aggrapparsi. “Era su un lato della strada all’interno di un sacco della spazzatura” racconta oggi, con un nodo in gola, la madre adottiva Norma. Il piccolissimo haitiano viene soccorso da Osvaldo Fernandez, un avvocato trasferitosi ad Haiti per amore e che lavora per l’orfanotrofio Rose Mina a Port-au-Princi. “Eravamo in vacanza con mio marito a Mar de Ajó quando abbiamo sentito del terremoto ad Haiti – continua nel suo racconto la signora Ojeda Dorré (la madre adottiva) -. Stavamo guardando un programma in tv e vedere quelle immagini ci ha commosso. Con mio marito sulla spiaggia abbiamo pensato a come poterli aiutare, uno dei miei figli aveva trovato un indirizzo email dove poter inviare materiale, ma a noi non bastava. Volevamo fare qualcos’altro. Così, quando siamo tornati a Buenos Aires, ho chiesto a mio marito se potevamo salvare uno di quei ragazzi. Pensavo che mi avrebbe giudicata come una pazza, invece ha apprezzato la mia idea. Ma non era una decisione da prendere senza consultare i nostri figli. Il più giovane, Matias, di 21 anni, non esitò un momento, mentre il più grande di 25, Damian, pensò in modo più razionale e disse: «Con quello che serve per adottare qui in Argentina, immagina i problemi che inconteremo per andare a cercare un ragazzo ad Haiti». Allora non pensavamo al fattore economico, così ne parlammo subito con l’ambasciata che ci chiese solo di compilare un modulo, senza darci alcun tipo di consiglio. Il processo di adozione è durato 4 anni. Abbiamo anche dovuto aspettare l’autorizzazione del presidente di Haiti”. Norma va avanti nei suoi ricordi, sottolineando come gli inconvenienti burocratici si siano protratti nel tempo visto che il piccolo Jean Mary non aveva parenti biologici: “Tutto quello che volevo era averlo a casa, perché dopo il terremoto ci fu un’epidemia di colera e non volevo che continuasse a soffrire – continua -. A quel tempo c’era anche un’ondata di immigrazione clandestina nel paese e l’economia era in crisi. Il primo contatto fisico con il bambino avvenne nel febbraio 2014. Durante l’intero processo ci siamo visti su internet, ma quasi nessuno capiva lo spagnolo. Quando sono arrivata al terminal di Port-au-Prince però mi ha dato un abbraccio che non dimenticherò mai”.

Fonte: SkySport

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