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Cuper: “Io perdente? Hanno ragione. Non sono Mou”

“Mi hanno etichettato come un perdente e io ho sempre risposto che hanno ragione”. Hector Cuper si confessa in una lunga intervista a La Nacion e fa un lungo excursus sulla sua carriera, dal primo campionato perso alla guida dell’Huracan fino alla qualificazione Mondiale ottenuta con l’Egitto. “Bisogna sapere che se le critiche sono rispettose fanno parte del gioco – racconta l’allenatore argentino -. E dalle critiche, se non c’è malafede, bisogna trarre l’aspetto positivo. Potrei dire che ho portato l’inesperto Valencia a disputare due finali di Champions League consecutive contro Bayern Monaco e Real Madrid, o che ho condotto il Maiorca in finale di Coppa delle Coppe contro la Lazio di Nedved e Vieri. Tutto vero, ma alla fine sono un perdente. Cos’altro posso dire? Potrebbe piacerti o no, ma Mourinho ha una capacità impressionante: vince tutto. E io non ho questa capacità. Una cosa è raggiungere la finale, un’altra è vincerla. Chi sono io per non ricevere critiche? Ho anche ricevuto degli elogi, perché oggi ogni volta che torno a Maiorca o Valencia mi trattano molto bene. Ho perso molte finali e alcune ne ho vinto. Ho vinto una finale che è straordinaria: andare alla Coppa del Mondo con l’Egitto e tutto questo è fantastico. Ho reso felici 70 milioni di persone”. Le delusioni rimediate in carriera non hanno comunque mai demoralizzato l’ex allenatore dell’Inter: “Se vuoi prendere il merito da qualcuno, digli che sei fortunato – continua Cuper -. Ci sono cose che vanno così e le accetto. Quando ho perso la prima finale di Champions League contro il Real Madrid sono andato a casa mia e mia moglie mi ha detto: «L’anno prossimo sarai di nuovo in finale». L’ho guardata e le ho detto: «sì sì, immagino». E l’anno successivo eccoci di nuovo là. Per vedere cosa? Perdere di nuovo ai rigori. Così ho imparato a cercare il lato positivo. Mi sono detto che alcuni club là fuori ora vorranno assumermi perché dicono: «Questo ragazzo ci porta in finale. Poi, visto come sono andate le altre, lo manderemo al cinema e la storia è finita». Per me, raggiungere un finale è sempre stato un merito enorme. Ho allenato per 26 anni e solo in due di queste le cose non sono andate bene perché ci sono momenti in cui è necessaria una pausa. Per cosa? Per vedere il calcio in un altro modo, guardalo da un altro posto. Per vedere cosa sta succedendo nel mondo”.

Fonte: Sky

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