Ronaldinho, la carriera in 11 momenti storici
Ci mancherà Ronaldinho. Ci mancherà terribilmente quel talento tra i più puri che abbiano mai calpestato un prato verde, la classe cristallina come mai nessuno, giurerebbero in molti. Quasi senza allenamento, no, lui non era fatto per scatti, ripetute e navette. Lui voleva il pallone, il suo migliore amico, col quale si dava del tu fin da bambino, giocando scalzo in qualche campetto abbandonato. Lui voleva il divertimento, l’allegria, “Juega con alegría. Juega libre” era il suo motto, e quello del suo sponsor tecnico. Il più grande lascito di Ronaldinho al calcio è questo: giocate, amatelo, divertitevi. È semplice, e basta un pallone. Già, semplice fino a un certo punto, perché le cose che sapeva fare lui le hanno fatte in pochi, ma Ronaldinho ha dato qualcosa in più: le ha sempre fatte col sorriso addosso, quasi fosse un marchio di fabbrica, dalle pubblicità in tv ai campi. Che bello veder giocare Ronaldinho. C’era tutto nel suo repertorio, qualsiasi mossa era la sua, e quanta eleganza nei movimenti. Sì, perché per lui ogni partita era un dono, e non solo. Lo era anche il riscaldamento: Ronaldinho, l’unico uomo a rendere il pre partita anche più interessante della partita stessa, col pubblico a San Siro che anticipava di mezz’ora la presenza al proprio posto per vederlo giocherellare col pallone, quasi fosse un giocoliere dal talento inarrivabile. Poi le magie in campo, Psg, Barcellona, Milan e la maglia della nazionale brasiliana. Con la Seleção al Mondiale del 2002 nei quarti di finale contro l’Inghilterra disegna una traiettoria su punizione da far ammattire i manuali di fisica. Praticamente un capolavoro, ed è solo l’inizio di un fenomeno da Pallone d’Oro, che giocava solo per un fine, un fine che era poi il gioco stesso, quello più bello del mondo, il calcio, e per renderne omaggio ogni giorno.
Fonte: Sky