IL Napoli entra con mezz’ora di ritardo, prima esaltato dalla cascata di sospetti elogi di Guardiola, poi spaventato assiste al prepotente avvio del Manchester City. Quasi si rivede nel gioco degli inglesi: proprio vero, le due squadre hanno lo stesso modello di calcio, con ostinato possesso palla, triangoli veloci, scambi di posizione e di gioco, con qualche pregio in più per il City, che ha cinica ampiezza, ed arriva al tiro con 5, massimo 6 passaggi. Il Napoli ne ricama anche 14. Che il Napoli non sia quello della prima mezz’ora lo dimostra, e come: basta attendere. Ribalta la scena. Reagisce anche allo choc del rigore sbagliato da Mertens. Con un profondo respiro tradisce la sua insicurezza. E si capisce da come calcia. È un colpo di zappa nel terreno. Perché si è preso il compito, senza essere pronto? Una serata difficile per lui. Con tante corse a vuoto. Gli darà una lezione il giovane Diawara, che si assume la responsabilità di battere il secondo rigore, con la severità dell’uomo senza età, non conta l’età se si ha coraggio ed un passato fatto di sacrifici e sogni. I risvolti psicologici sono determinanti in una sfida come questa, se il City non ti aggredisce all’inizio, ti avvilisce, giocando quasi da solo, la sua grandezza è la normalità, nessuno poteva immaginare che soffrisse tanto nel finale. Non dà punti di riferimento chiedendo alla prima punta Gabriel Jesus movimenti orizzontali, sulle fasce scivola veloce perché Sanè è di infinito talento e a sinistra fa soffrire Hysaj, sulla destra opera Sterling che merita anche il secondo gol quando scende con la scorta di Walker. Non è corretto spiegare la iniziale subalternità del Napoli con le scelte di Sarri. Ma è evidente: infelice la decisione di schierare Zielinski, astratto come l’altro mediano Hamisik. I due sono in affanno e non possono neanche accostarsi alle corsie dove il City impone il concetto di ampiezza. Non si capisce perché siano fuori dei tori come Allan e Rog, in una partita che chiede anche fisicità. Lo stesso Zielinski deve poi sostituire Insigne, lasciando spazio ad Allan che crea grade di vivacità nella ripresa, giocata dal Napoli con assoluta dignità. Allan diventa protagonista: dirige e trascina, dimostrando che meritava un posto da titolare, ma è finito nella lotteria del turn- over di Sarri. Non c’è chiave tattica per spiegare i due Manchester e i due Napoli. Di sicuro la subalternità della squadra italiana ad un confronto che chiedeva subito maturità e certezze. Ma il Napoli non è quello della prima mezz’ora, e lo dimostra per un’ora creando anche imbarazzo alla capolista di Premier. Cominciare con Hamsik e Zielinski fuori misura, tollerare un Callejòn impapabile,e recuperare campo e autorevolezza quando la formazione deriva da cambi fortuiti: tutto questo deve far riflettere sulla staticità del progetto tattico. Possibile che giochino sempre e comunque gli stessi all’inizio? Hamsik costretto per l’ennesima volta ad uscire, Zielinski che cambia posizione e rende di più, Albiol e Koulibaly che con Reina devono triplicarsi, Allan che s’improvvisa condottiero quando entra. Peccato, era una partita da giocare tutta, ma proprio tutta alla pari.
Antonio Corbo per Repubblica Napoli