Con tutto il rispetto per la Nazionale, e con l’attenzione che merita la squadra azzurra, saranno quindici giorni in cui si parlerà soprattutto di un campionato in cui il Var è diventato sempre più protagonista.
Perché è importante concentrarsi sugli impegni azzurri, con Ventura che aspetta di timbrare la qualificazione allo spareggio e conoscere l’avversario «mondiale». Ma non c’è dubbio che – oltre alle discussioni che seguiranno alla rete annullata a Mandzukic e al rigore poi sbagliato nel finale di Bergamo – il calendario si sia divertito a mettere insieme un week end di metà ottobre pazzesco nei suoi incroci: Juve-Lazio, Roma-Napoli e Inter-Milan. Insomma, davvero tutto in 24 ore, per capire meglio questa serie A comandata dal bellissimo e implacabile Napoli di Sarri – unica squadra a punteggio pieno – e di qualche protagonista già chiamato a giocarsi il tutto per tutto. Perché il Milan ha confermato la fiducia a Montella, ma è fin troppo facile immaginare che la sfida con Spalletti rappresenterà il classico bivio. Una vittoria potrebbe rilanciare il progetto rossonero, ma una sconfitta sarebbe impossibile da sopportare. Perché il contraccolpo sarebbe terribile, per la classifica e le conseguenze psicologiche di tutto l’ambiente. Per un primo assaggio, bastava vedere la faccia di Montella nelle interviste del dopo partita. Il tono della voce e le parole, rassicuranti, sembravano in play back, malamente accordate con l’espressione di un uomo, prima ancora che un tecnico, alla disperata ricerca dei pensieri giusti, LA MOVIOLA IN CAMPO VA DIFESA E USATA BENE già proiettato su queste due settimane da dentro o fuori. L’esito della terza sconfitta in sette partite, contro una Roma che ha strameritato di portare a casa i tre punti. Merito di una squadra che è rimasta attenta, concentrata, dentro la partita, per poi colpire al momento giusto. Merito di Dzeko, rabbioso come si è visto poche volte e implacabile come gli succede a ripetizione. Merito di Florenzi, un gigante nella sua commozione, che lo ha portato a segnare il gol della sicurezza con gli occhi lucidi, annacquando un anno di sofferenze in una bicicletta per battere Donnarumma. Merito di Di Francesco, un signor allenatore e un allenatore signore – come lo abbiamo sempre definito – capace di prendersi una soddisfazione grande, a dispetto di chi (chissà perché) sembrava aspettarlo al varco. Il suo cammino finora è stato impeccabile e nell’unica sconfitta, contro l’Inter, hanno pesato la sfortuna di tre pali e l’errore del Var nel fallo su Perotti. Un bel record se ci pensate bene. Di Francesco ha tanti meriti, tra cui quello di aver fatto crescere – dal Sassuolo fino a ieri sera – un ragazzo che ha tutto per diventare un centrocampista formidabile, destinato a segnare la sua generazione: Pellegrini. La sua corsa è rotonda e nervosa allo stesso tempo, il suo calcio pulito e intelligente, il suo pensiero sempre in verticale. Uno che non ha paura di guardare in faccia l’avversario, di cercarlo a viso aperto, di puntarlo, come sanno fare quelli che hanno personalità senza mai sconfinare nella spocchia. Il Calcio cambia con gli anni, non è paragonabile, ma Pellegrini ha – con caratteristiche proprie – la stessa profondità con cui un fenomeno come Tardelli si affacciò giovanissimo in serie A. Alla ripresa per Di Francesco ci sarà Sarri, padrone del campionato, ed è bello per lui poter parlare della sfida con rispetto ma senza paura. Già, perché il Napoli di oggi fa paura a tanti e non solo per il record delle sette vittorie consecutive: ma per l’eleganza con cui si muove, per la concretezza acquisita, per quell’armonia – che non vuol dire giocare sempre a tavoletta – capace di esprimere la sua «nuova» squadra. C’è chi si è scandalizzato di fronte al paragone con Arrigo Sacchi che abbiamo fatto due settimane fa, eppure nella crescita della squadra azzurra c’è la mano di un fuoriclasse della panchina. La società è stata bravissima a dargli tutta la fiducia possibile e lui sta ripagando nel modo migliore. Il primato in solitudine è il giusto premio a due mesi quasi perfetti. Il week end di metà ottobre, prima delle serali con Roma-Napoli e Inter-Milan, si aprirà nel pomeriggio di sabato con Juve-Lazio. Inutile dire della forza dei bianconeri, fermati a Bergamo in una partita in cui il Var (da difendere e usare meglio) è diventato protagonista, ma è una soddisfazione grande per Inzaghi registrare i continui progressi di una squadra che ha qualità, gioco, carattere, anche per ovviare a infortuni che si sono concentrati su un reparto. Una squadra che ha cominciato la sua stagione con il successo in Supercoppa proprio contro i campioni e ha saputo trovare strada facendo risorse formidabili. Fino alla scoperta di Luis Alberto, che è diventato molto più che un punto di riferimento. Un giocatore completo, scovato al Deportivo e portato da Tare in Italia per cinque milioni. Un affare pazzesco.
Alessandro Vocalelli per il Corriere dello Sport