Il 14 agosto 2001 l’Inter scopre un 19enne brasiliano destinato a diventare Imperatore: 8 minuti da fenomeno in un’amichevole estiva al Bernabeu, coronati da una punizione pazzesca. E gli interisti per una sera dimenticano Ronaldo
Non sono tanti i giocatori per i quali è possibile indicare una precisa “data di nascita calcistica”: il momento, giorno ora minuto esatti, in cui il mondo si è accorto di loro, vedendoli sbocciare. Adriano Leite Ribeiro è uno di questi. Venuto al mondo il 17 febbraio 1982 a Rio de Janeiro, è nato calcisticamente il 14 agosto 2001, al Santiago Bernabeu, nel giro di 8 minuti.
Fu come un fulmine a ciel sereno, un lampo che squarciò l’ordinario finale di un’amichevole estiva che, prestigiosa quanto vuoi, sarebbe altrimenti finita nel dimenticatoio. E invece niente sarà più come prima dopo quel tiro, soprattutto per il 19enne Adriano, attaccante brasiliano dal fisico asciutto appena approdato nella nuova Inter di Cuper per fare la riserva e imparare dai campioni. Vieri, Recoba, Seedorf, senza dimenticare che in rosa c’è sempre un certo Ronaldo, che i tifosi aspettano con amore dopo il dramma della rottura del tendine rotuleo. Ecco, a tanti Adriano ricorda proprio Ronaldo, anche se per i compagni di squadra è “Aristoteles”, vista la somiglianza fisica con il malinconico brasiliano allenato da Lino Banfi ne “L’allenatore nel pallone”.
Ma torniamo a quel 14 agosto 2001: al Santiago Bernabeu si gioca Real Madrid-Inter e al vantaggio di Vieri, segnato nei primi minuti, ha risposto un rigore di Hierro a 20’ dalla fine. Poi, al minuto 85, la sostituzione, una di quelle che si fanno in questo genere di amichevoli per regalare una piccola gioia ai giovani che hanno pazientato in panchina, senza pretendere di assistere a chissà quali prodigi. Al posto di un Vieri stremato entra in campo il giovane brasiliano sbarcato a Milano da una settimana in cambio di Vampeta, con il numero 14 sulle spalle e una voglia matta di sfruttare al meglio quei pochi minuti di Bernabeu che ha a disposizione. Al primo tocco di palla, un tunnel all’avversario con fallo guadagnato, lo stadio si risveglia dal suo torpore; al primo vero affondo qualcuno grida al miracolo convinto di aver visto Ronaldo in campo. In quegli 8’, 5 più 3 di recupero, Adriano si gioca tutte le sue carte, mettendo in mostra il meglio del suo repertorio in un mini-saggio da pelle d’oca. Otto minuti da fenomeno, 7 palloni toccati in tutto, ma Adriano se li fa bastare inventandone ogni volta una: dribbling, accelerazioni, giocate che lasciano intravedere un ragazzo capace di abbinare potenza e rapidità come pochi al mondo.
Il pezzo forte se lo tiene per il gran finale. All’ultimo minuto costringe di nuovo gli avversari a stenderlo, stavolta al limite dell’area. La punizione che ne deriva è da una posizione che per un destro come Seedorf è a dir poco invitante, splendida da mandare a giro sopra alla folta barriera, e infatti l’olandese è il primo ad avvicinarsi per studiare la situazione, con l’aria da professore. Dalla panchina, però, arriva l’imperativo di Cuper: la punizione la tira Adriano, il ragazzino in gita scolastica al Bernabeu. Gliene ha già vista battere qualcuna in allenamento: lui e Francesco Toldo sono tra i pochi a sapere di cosa sia capace, con il portiere che pochi giorni prima aveva avuto la brillante idea di sfidarlo, ripromettendosi di non farlo mai più. Ora però si gode la scena, al sicuro. La rincorsa non è nemmeno esagerata, la potenza del tiro sì. 178 km/h, serve un replay per vedere la traiettoria della palla, che dritta come un fuso si infila in rete dopo aver sbattuto sulla parte bassa della traversa. Casillas si allunga alla cieca, perché la verità è che non la vede neanche nonostante quello, teoricamente, fosse il palo che doveva coprire lui. Ma andateglielo a dire, che quel tiro si poteva parare… In tutto ciò, il Real Madrid perde 2-1, ma i giocatori in barriera ancora ringraziano il Cielo.
Tre fotogrammi che rendono l’idea di come anche Ventola rischi la vita…
“E questo da dove arriva?”, si chiedono i tifosi interisti non ancora del tutto certi di essere svegli. Sono lì che contano i giorni in attesa di poter vedere all’opera la coppia Ronaldo-Vieri e non sapevano di avere in panchina un giocatore che potrebbe essere ciò che deriverebbe dalla fusione dei due. Intanto Adriano riceve complimenti da tutti i compagni, anche loro stupiti dal cannone che il nuovo arrivato aveva tenuto nascosto nel piede; negli spogliatoi arriva la telefonata di Ronaldo, il professor Seedorf gli passa accanto mentre i giornalisti si accalcano per avere una sua dichiarazione e lo sfotte: «Ehi, ragazzo, stai parlando da troppo tempo: hai fatto soltanto un gol…».
Da quel capannello escono solo parole sagge: «Zagallo non mi faceva mai rilassare, mi diceva sempre: “Attento, ho visto molti talenti bruciarsi in fretta” – dice Adriano – Ma non credo che mi succederà, perché credo di avere una qualità: voglio imparare tutto, ogni giorno una cosa nuova». Dichiarazioni che rilette adesso fanno solo scuotere la testa.
20 settembre 2001, Ronaldo sostituisce Adriano al 17′ della ripresa della partita di Coppa Uefa fra l’Inter e i romeni del Brasov: è la prima partita ufficiale del Fenomeno 17 mesi dopo la rottura del tendine rotuleo del ginocchio destro, avvenuta il 12 aprile 2000 in Lazio-Inter
Cinque giorni dopo, l’Inter organizza un’altra amichevole, stavolta contro l’Enyimba, con il solo scopo di far riassaggiare il campo a Ronaldo. Il Fenomeno gioca 35’ e segna, Adriano entra ancora al posto di Vieri (stavolta Cuper gli regala 25’) e la mette di nuovo. Quando inizia il campionato Cuper sa di poter contare anche su di lui, dietro alla coppia Kallon-Ventola (nel frattempo si è fatto male anche Vieri) che trascina l’Inter nelle prime giornate. L’esordio in A alla seconda, una ventina di minuti nel 2-2 contro il Parma. Sette giorni più tardi, a San Siro, c’è il Venezia di Prandelli: un gol di Maniero all’89° getta nello sconforto i nerazzurri, che pensavano di aver archiviato la vittoria grazie a un rigore di Kallon. Quando ecco che al 93° il giovane Adriano, subentrato a Ventola, scarica di nuovo in rete un sinistro dei suoi, da posizione ravvicinata ma rabbioso e potente. Non è ancora l’Imperatore, ma a neanche 20 anni ha già conquistato San Siro.
Gol al Venezia e baci alla maglia nerazzurra numero 28, felice come un bambino, prima di essere sommerso dall’abbraccio dei compagni. Sotto, invece, tutto il meglio di quando è già “Imperatore”
Fonte: SkySport