ALLEGRI: “DOPO CARDIFF VOLEVO LASCIARE, MA…” – Una riflessione che prende le mosse propria dalla sfida di inizio giugno. “Sono rientrato in Italia da Cardiff con la squadra. La sera successiva mi sono fatto delle domande difficili: ero arrivato alla fine del percorso? E’ il massimo che posso ottenere da questa squadra? Mi sono chiesto se era arrivato il capitolo finale della mia storia con la Juventus. Una parte di me pensava di andare al lavoro il lunedì e dare le dimissioni – ammette Allegri raccontando quanto accaduto durante e dopo la finale Champions – Quando ho visto il calcio di Mario Mandzukic volare sulla testa del portiere del Real Madrid ho pensato ‘Wow…Forse forse’. Poi, ha colpito la rete e ho pensato: Ok, forse abbiamo qualche possibilità. E’ stata una magnifica azione tecnica della squadra e un bellissimo gesto tecnico di Mandzukic. Per me un gol irripetibile, a dimostrazione di quello che ci vuole per andare in finale alla Champions League. Non basta essere grandi, si deve essere speciali. E noi abbiamo giocatori speciali. Sfortunatamente il Real Madrid ne ha molti di giocatori speciali. Nel secondo tempo ci sono mancati gli strumenti e i giocatori necessari. Avevamo due giocatori che a malapena riuscivano a stare in piedi e il Real Madrid ha giocato una partita intelligente. Erano rilassati e a loro agio. Per arrivare alla finale, devi avere talento e fortuna. Per vincerla devi essere la squadra migliore. Potrà sembrare strano ma alla fine della partita quella sera ero molto sereno, perché sapevo che noi non eravamo la squadra migliore. E’ semplicemente questo”.
“BUFFON E DYBALA SONO I SIMBOLI DI QUESTA JUVE” – Allegri poi dice di aver pensato ai motivi che, quando aveva 14 anni, lo avevano portato ad essere un allenatore (“Detestavo la scuola. Ricordo in classe un giorno l’insegnante mi ha fatto arrabbiare e mi sono reso conto che non ero fatto per essere uno studente ma che avrei voluto fare il preside”) e a quelli che lo hanno convinto a restare al suo posto. “Quando ho pensato a questa Juventus, la mia decisione di restare è stata personale. Io ho ancora molto da dimostrare. E so di aver ancora tanto da insegnare. Così quella sera prima di andare a dormire ho deciso che se la società era d’accordo con la mia strategia, sarei rimasto. Il giorno dopo – assicura l’allenatore livornese – avevo la mente lucida. Sono andato in ufficio alle sette e ho preso un espresso. Cominciava una nuova stagione con nuove opportunità. Si è detto tanto nei media su questa squadra e sui giocatori. Cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare. Io guardo Paulo Dybala e Gigi Buffon che sono il simbolo di questa squadra. Vedo Dybala come un ragazzino che inizia le scuole superiori. Buffon come uno che sta per prendere la laurea. Il primo con una carriera davanti, il secondo verso la fine. Uno che vuole mostrare di essere fra i grandi in Europa, l’altro che è già un grande ma vuole chiudere al top. So che possiamo toglierci le scorie di Cardiff. So che possiamo fare un grande campionato. So che possiamo tornare alla finale di Champions League. Cercheremo di essere ancora una volta alla prima a La Scala. La cosa buona dell’opera è che ogni anno c’è un nuovo spettacolo”.
“MOMENTO PIU’ IMPORTANTE IN CARRIERA? L’ESONERO AL MILAN” – Quindi qualche altra confessione personale, anche sui periodi meno positivi. “Quando penso alla mia carriera il momento più importante della mia vita non ha avuto a che fare con lo scudetto o la Champions League. E’ stata la mattina in cui sono entrato negli uffici del Milan e sono stato esonerato – aggiunge Allegri -. Era una cosa che mi aspettavo. Mi hanno comunicato in persona, con tatto, che non ero più l’allenatore, ma questo non toglie che è stata una grande delusione. Essere esonerati fa parte della vita di un manager ma quando succede è inevitabile sentire nel fondo del cuore che si ha fallito. Quando ho lasciato il Milan, l’ho visto come un fallimento del mio lavoro”.
“NON SONO UN MANAGER COSTRUITO, POSSO SOLO ESSERE CHI SONO” – Infine, alcune considerazioni sui suoi metodi da tecnico e il modo di essere. “A volte sono percepito come freddo ma la forza di un allenatore è anche essere distaccato dal proprio lavoro. Ho una grande passione per il mio lavoro e mi diverto a farlo, altrimenti non potrei andare in ufficio ogni mattina, ma non mi piace vivere 24 ore al giorno pensando al calcio. Il momento più importante del giorno arriva alle 9 del mattino. Beh, a dire il vero alle 7 del mattino quando mi bevo il primo espresso. E alle nove quando porto mio figlio Giorgio all’asilo. Io non sono un manager costruito. Ci sono manager che vivono il calcio in un altro modo. Io non posso fare quello che non so – conclude Allegri – Posso sole essere chi sono”.
juventus
- Protagonisti:
- massimiliano allegri
Fonte: Repubblica