Modena Park: Vasco Rossi è tritolo, incendia 220000 cuori
Modena Park – Rimanendo in tema con la giornata, stasera mi sento come agli esami di maturità. Prima prova, tema. Titolo: “La mia prima volta a un concerto di Vasco Rossi“. C’è chi dice – anche i più insospettabili – che il Blasco almeno una volta nella vita vada visto dal vivo, un po’ come Bruce Springsteen (perdonatemi il paragone forse un tantino azzardato), a prescindere che tu sia fan o meno. Io li ho presi in parola. Social scatenati contro Bonolis in diretta sulla Rai. Troppe interruzioni per discorsi inutili e sterili.
Il clima fuori e dentro al park è rovente. Nonostante manchino quasi due ore all’inizio del concerto il Modena Park è già affollato: è un tripudio di selfie, panoramiche, video, (quasi) tutti rivolti verso il palco, che appare come una sorta di maestosa astronave. Lo ammetto, non sono mai stata una fan di Vasco, ma l’emozione del momento sta cominciando a prendere il sopravvento. Siete tutti presenti? Siete stati controllati? Siete stati verificati?… E’ partito così Vasco Rossi nel concerto-evento al parco “Enzo Ferrari” di Modena con cui celebra i suoi 40 anni di carriera. Ripetuti boati si sono levati dalla folla, dalle 225 mila persone che si sono radunate nella grande spianata davanti al palco che sembra un fronte del porto e che propone tante scenografie per quante sono le canzoni in scaletta – quaranta – nelle quasi quattro ore di spettacolo.
Komandante. Look total black, berretto e occhiali scuri d’ordinanza, dà il via alle danze con Sono innocente, brano che dà il titolo all’omonimo e ultimo album. Bastano poche note per farmi uscire dalla bocca, quasi senza accorgermene, un «grande Vasco». Chi l’avrebbe mai detto. Noto il tocco magico di Stef Burns alla chitarra, ipnotico. La prima parte dello show è dedicata agli anni ’80. Poi via via gli anni ’90, gli anni 2000. Ospiti in scena Gaetano Curreri, al pianoforte, Maurizio Solieri e Andrea Braido, le due chitarre in rappresentanza di due momenti storici e chiamati quindi a un simbolico duello di chitarre a distanza di anni.
In numerosi cinema italiani il concerto sarà trasmesso in diretta. Maxischermi in spiaggia invece a Rimini. Per chiudere con “Albachiara”, appena preceduta da brani storici come “Sally”, “Un senso”, “Siamo solo noi”, “Vita spericolata”.
Cominciò tutto a Modena, lo diceva anche “Colpa d’Alfredo” con “… Abito fuori Modena… Modena Park” e si torna appunto al Modena Park. Un cerchio che si chiude? Forse un viaggio ancora in corso, non si sa. Di certo sono 40 anni racchiusi in un solo giorno, dall’alba al tramonto, con 225mila persone che simboleggiano più generazioni di italiani e che si ritrovano in quelle 40 videoscenografie, una per ogni canzone, che lo show propone e che raccontano anche per immagini questi 40 del Kom. Oltre ai nuovi pezzi in scaletta c’è spazio anche per i grandi classici che hanno segnato la carriera di Vasco – oltre che la storia della musica italiana – come Siamo soli. Guardando giù dalle tribune mi accorgo che la vera festa è nel parterre: balli, braccia alzate, gente che canta in cerchio attorno a luci e fumi colorati fanno assomigliare il tutto a un rito religioso. Il Blasco dall’alto del palco ci guarda quasi incantato. Sembra esserci una strana luce nei suoi occhi, che trasmette lo stupore tipico degli esordi, come se fosse ancora fermo a quel 26 maggio 1979, data del suo primo concerto in Piazza Maggiore a Bologna. La vetta heavy della serata si tocca con Sballi ravvicinati del terzo tipo, dove le luci vanno a tempo con la batteria di Will Hunt e le chitarre di Burns e Vince Pastano. Tutto lo stadio saltella sulle note di Rewind, a tal punto che l’ondeggiare del mio seggiolino mi provoca un mix di esaltazione e preoccupazione. C’è anche il lancio di un reggiseno sul palco, come da manuale del “perfetto concerto rock”. Nel corso della serata il protagonista non parla mai al suo pubblico. O meglio lo fa “solo” attraverso le sue canzoni, che dal vivo – adesso ne ho la certezza – sono magicamente più intense. Non scopro stasera che i testi di Vasco parlino di e a quell’inquietudine dell’essere umano, ma qui, questa sera, mi sembra che tocchino le anime delle persone con una forza che non conoscevo. Osservandolo sul palco penso alle sue parole: «Io scrivo le canzoni per gioco, faccio dischi per scherzo, poi salgo sul palco e faccio sul serio». È proprio così. Avevano ragione, Vasco almeno una volta nella vita va visto.
Carlo Ferrajuolo