MILANO. La telenovela della guerra tra Mediaset e Vivendi – scoppiata un anno fa quando i francesi hanno fatto saltare l’acquisto di Premium dal Biscione – inizia, sulla pelle della Serie A, le prove generali per trovare un lieto fine. Il copione, dicono fonti attendibili, è già scritto. E il primo atto è andato in onda in queste ore sul fronte dell’asta per i diritti tv 2018-2021 del campionato.
I legali delle due società – dicono fonti attendibili – hanno lavorato giorno e notte per capire se c’erano le condizioni per presentare un’offerta congiunta (con la partecipazione straordinaria di Tim, controllata al 24,9 per cento dal gruppo transalpino). Il primo mattone su cui costruire un armistizio a 360 gradi e chiudere gli scontri degli ultimi dodici mesi. I tempi però non sono ancora maturi. La scadenza del bando era troppo vicina, le ferite aperte dal tentativo di scalata di Vincent Bolloré a Mediaset sono ancora fresche e in tribunale sono aperte cause miliardarie. La proposta quindi non si è materializzata. Ma questi primi abboccamenti hanno portato (in modo concertato, dicono le malelingue) a una posizione comune: il no alla partecipazione all’asta di Mediaset, Tim e Vivendi.
Un siluro che ha fatto fallire la gara – come era facile immaginare – e ha modificato radicalmente lo scenario: Berlusconi e Bolloré hanno ora tutto il tempo necessario per fare la pace. Il 24 giugno, data prorogabile al 24 ottobre, scade il termine per trovare una mediazione alla Camera arbitrale della Lombardia. Se, come oggi pare molto più probabile, i due litiganti firmeranno l’armistizio, l’ex-Cav e il finanziere bretone potranno presentarsi insieme ai nastri di partenza dell’asta bis sulla Serie A di fine anno, sfidando Sky e consentendo alla Lega di tirare un sospiro di sollievo.
Il calcio del resto è il terreno ideale per provare a riavvicinare le posizioni di Parigi e Arcore. Mediaset ha pagato carissima la sua avventura nella pay tv e nel pallone, nata per frenare la crescita delle televisioni di Rupert Murdoch: Premium ha aperto un buco di 850 milioni dal 2004 nei conti del Biscione. Piersilvio Berlusconi ha provato a sparigliare le carte svenandosi per conquistare i diritti della Champions. Ma è stato un boomerang. Gli abbonati sono cresciuti molto meno delle previsioni, Sky ha tenuto botta e i 630 milioni l’anno spesi per la Serie A e il torneo continentale hanno allargato il rosso invece di ridurlo. Cologno, alla fine, ha alzato bandiera bianca. E dopo la mancata vendita a Vivendi della pay-tv (“una Fiat Tipo che ci hanno spacciato per una Ferrari”, il sarcastico commento del numero uno dei francesi Arnaud de Puyfountaine) ha detto basta – a inizio 2017 – agli investimenti faraonici nel calcio.
L’asse con i transalpini potrebbe consentire ora ai Berlusconi di tenere un piede in campo senza pagare un conto troppo salato. Bolloré ha annunciato nei giorni scorsi la nascita di una Spa in Italia per puntare proprio sul cinema e sullo sport (“specie sulla Champions”, dicono fonti di Parigi). Un ramoscello d’ulivo teso a Mediaset, a detta di tutti, per provare a unire le forze sul pallone. Vivendi potrebbe mettere buona parte dei soldi per i diritti, Cologno la piattaforma digitale, Tim quella online. L’unione, in questo caso, farebbe la forza. E consentirebbe di presentare di comune accordo un’offerta competitiva con quella di Sky. Il lieto fine, a quel punto, sarebbe assicurato per tutti: l’asta per i diritti della Serie A andrebbe in porto con un incasso in linea con le previsioni.
E Mediaset, dopo un 2016 da dimenticare chiuso con 295 milioni di perdite per i guai di Premium, volterebbe pagina chiudendo la guerra con Parigi.
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Fonte: Repubblica