Keita, l’uomo in più della Lazio. Ma in futuro…
Croce e delizia. Irriverenza. Sfrontatezza giovanile. Bizze da fuoriclasse. E poi ci sono i gol. Tanti e, spesso, pesanti. Che, soprattutto in questa stagione, stanno facendo sognare i tifosi della Lazio. Keita Baldé è uno dei volti più positivi dell’annata dei biancocelesti di Simone Inzaghi. E’, assieme a Ciro Immobile e Felipe Anderson, il presente dei capitolini. Ma chissà se ne sarà anche il futuro. Su di lui le voci di mercato si rincorrono da mesi. E non è un mistero l’interesse, tra le altre, della Juventus, squadra che il talento biancoceleste affronterà e cercherà di battere questa sera nella finale di Coppa Italia dell’Olimpico.
Patrimonio Capitale
Piedi educatissimi e carattere fumantino. L’amore tra Keita Baldé e la Lazio è sbocciato nel 2011, quando l’attaccante, nel pieno dell’adolescenza, arriva nella Capitale e comincia a segnare gol a raffica nelle giovanili. Non ancora maggiorenne, si parla di lui come di un predestinato. E così sarà. Ma non sono sempre rose e fiori. I, fin qui, sei anni romani di Keita sono stati un continuo sali e scendi. Ammirazione e periodi turbolenti. Carezze e, qualche volta, contrasti figli dei suoi modi non sempre ortodossi. Un copione già visto nel suo precedente club, il Barcellona.
Alla Lazio per… scherzo
Keita Baldé Diao è nato nel 1995 a Arbúcies, circa 5mila anime a poche decine di chilometri da Barcellona. I suoi genitori sono senegalesi e sono emigrati in Spagna nei primi anni Novanta. Una famiglia con il calcio nel dna, quella del talento laziale, dato che suo fratello minore, Ibou, è un attaccante della Primavera della Sampdoria. Keita comincia a giocare a pallone all’età di 7 anni in una piccola società catalana di nome Damm. Nel 2004 si accorge di lui il Barça e subito lo porta nella sua cantera. Con le giovanili blaugrana, il senegalese fa faville. Segna e fa segnare. All’attivo mette circa 300 gol. Numeri rilevanti. Che attirano l’attenzione persino di Pep Guardiola. Pare che l’attuale allenatore del Manchester City stravedesse per lui ed era convinto, e non sbagliava, di aver davanti un futuro campione. Opinione condivisa da Joan Laporta, ex presidente del club, secondo cui “Keita aveva la faccia da goleador”. Sembrava l’inizio di un idillio, non fosse stato per il carattere orgoglioso del ragazzo, che mal si sposava con le regole rigide del club catalano. E infatti nel 2009 arriva la rottura. Durante una tournée con le giovanili del Barcellona in Qatar, l’attuale numero 14 laziale, per scherzo, mette dei cubetti di ghiaccio nel letto di un compagno. La bravata indispettisce la dirigenza catalana, che lo allontana dalla cantera. Per punizione, infatti, viene spedito al Cornellà, una società vicina ai blaugrana, con cui segna 47 gol in un solo campionato. Finito l’esilio forzato, Keita dovrebbe tornare al Barcellona, ma il giocatore punta i piedi. Aveva voglia di cambiare aria perché, ha raccontato il padre qualche anno fa, “temeva di esser giudicato solo per il suo carattere e non per ciò che faceva in campo”.
Rotta su Formello
Genio puro e sregolatezza cristallina, quindi. Anche quando c’è da prendere delle decisioni. E ad approfittarne è la Lazio che, sfruttando gli attriti tra il giocatore e il Barcellona, si inserisce (abile mossa di Igli Tare) e lo porta a Formello. Il suo cartellino costa alle tasche del presidente biancoceleste Claudio Lotito circa 300mila euro. Con le giovanili laziali il senegalese si mette immediatamente in mostra e nel 2013 vince lo scudetto con la Primavera: è il suo trampolino di lancio. E, dalla stagione seguente, va stabilmente in prima squadra e subito, a 18 anni compiuti da poco, esordisce sia in campionato che in Europa Legaue.
Nel segno di Eto’o
Personaggio nato, Keita. Che fa arrabbiare e un attimo dopo ti riempie gli occhi di meraviglia con le sue giocate. Uno che non passa inosservato, insomma. Anche fuori dal campo. Nel 2014, da neo-patentato, si schiantò a Roma a bordo della sua Lamborghini fiammante. Peccati di gioventù. Altro suo tratto caratteristico, è la smania spasmodica arrivare a grandi traguardi. Non a caso, Keita è cresciuto con il mito di un vincente certificato come Samuel Eto’o, giocatore che ha ammirato nei suoi anni alle giovanili del Barcellona e di cui aveva il poster attaccato in camera. Ma nella vita di Keità non c’è solo il calcio. C’è anche la musica. In particolare il reggaeton e il rap, tanto da aver fatto da comparsa, nel 2015, nel video della canzone We Gon Ride del duo italo-algerino B-Goss.
Tra alti e bassi
Ma è il campo, ovviamente, l’habitat in cui Keita dà il meglio di sé. Con la maglia della Lazio ha bruciato le tappe. In prima squadra, nell’anno d’esordio, nel 2013-14, gioca complessivamente 35 partite e segna 6 gol tra campionato (5 reti) ed Europa League (1). L’anno dopo si ferma a 4 marcature. Che salgono a 5 nel 2015-16, quando arriva anche la prima convocazione con la nazionale del Senegal, dopo aver a lungo atteso la chiamata di quella spagnola. Ma la stagione della svolta per lui è questa che si sta per concludere. Anche se non sono mancati gli attriti. Ritardi in allenamento e in ritiro. Presunte fughe e scontri con i senatori. Insomma, non si è fatto mancar nulla. Inclusa, si vociferava in estate, la voglia di lasciare la Capitale. Tra il giocatore e la società il tira e molla è durato settimane. Una telenovela di parole e gesti che ha fatto arrabbiare molti tifosi e lo stesso Simone Inzaghi. In tanti ricordano lo sbigottimento dell’allenatore dopo il forfait di Keita in vista di Atalanta-Lazio, prima di campionato, quando a causa di un presunto dolore al piede (non riscontrato dagli esami medici), la punta si rese indisponibile. “Quanto successo mi lascia basito”, fu il commento lapidario di Inzaghi junior.
Gol derby e consacrazione
Pareva il preludio di un addio, anche perché il mercato era ancora aperto. E invece no. Poi, passato l’estate, la situazione è andata lentamente normalizzandosi. Sembra che adesso tra Simone e Keita corra buon sangue. Il peggio è passato, per ora. Ma quanto c’è voluto… Tra bastone e carote, rimproveri e perdoni, urla e applausi. Una strategia che, però, ha pagato. E sta dando frutti. Keita è a quota 15 gol in campionato, dove ha disputato 30 partite. Non solo: ha un’intesa naturale con Immobile (in coppia in campionato hanno messo a segno 37 reti ) e poi, dopo tante incomprensioni, è riuscito anche ad entrare nel cuore dei tifosi. Come? Con la doppietta nel derby di ritorno contro la Roma: l’ultimo ad esserci riuscito in maglia biancoceleste è stato Roberto Mancini nel 1998. Due gol ai rivali cittadini e, dato che si parla di Keita, esultanza rivolta alla tribuna Montemario che in molti hanno giudicato polemica (un messaggio a Lotito e al ds Tare?). Ma il senegalese è fatto così. Odi et amo. Prendere o lasciare. Inzaghi qualche mese fa disse: “Se Keita mi segue diventa uno dei primi cinque attaccanti in Europa”. Il presente gli sta dando ragione. Al punto che pure la Juve se ne è innamorata.
Fonte: SkySport