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PROGETTO RIENZO: ANIMA BLUES NAPOLETANA

Progetto Rienzo è un bagno profondo nella musica afroamericana e napoletana dai suoni scintillanti ed emozionanti.  Chitarre in primo piano, tra elettriche e acustiche, note grasse di tastiere e organo, batteria, basso e fiati colorano tutto di una sana gioia espressiva che danno al disco un andamento esaltante. Peppe Rienzo, sorta di Ben Harper campano, ha firmato il suo lavoro completo e maturo. Ci sono dischi belli, ben prodotti, ben arrangiati; album che si lasciano, ascoltare più e più volte e che, come ogni grande classico che si rispetti, non smette mai di regalare emozioni nuove, stimolare la riflessione o, semplicemente, far star bene, la nostra mente, il nostro corpo, la nostra anima. Il musicista si è cucito addosso un vestito ancora più groove, fra funky e r&b, con aggiustamenti contemporanei, senza dimenticare le resistenti cuciture blues e qualche occhiello mediterraneo. Un disco che rientra appieno in questa categoria, ma sia chiaro: non è soltanto un progetto splendido, ma un album necessario, lontano dalle note rap e hip-hop di Scampia… Molti dei testi del cantautore di San Nicola La Strada sono scritti in lingua napoletana ed esprimono con toni a volte rabbiosi, a volte ironici, a volte poetici l’esigenza di riscattare con la musica il disagio di una realtà provinciale di frontiera, che è anche specchio dell’incomunicabilità e di tutte le contraddizioni, sociali e politiche, del mondo in cui viviamo. Nelle canzoni di Rienzo, talvolta evidente… spesso velato, alberga sempre l’amore, insostituibile strumento per osservare quel mare che è così vicino da bagnarci i piedi e così lontano da sembrare irraggiungibile. Progetto Rienzo nel sound non è per niente politicamente corretto perché Peppe Rienzo manda all’aria i cliché, il rigore e le radici e frulla il blues, il soul, il rhythm blues dentro un magma vesuviano colorato. Finalmente un eretico nel nostro panorama nazionale del blues-soul, magari non è l’unico ma con questo disco Rienzo è andato oltre, con coraggio, con fantasia, con spregiudicatezza. Voce negroide, colorata, artista visionario come la copertina, ma allo stesso tempo contagioso per ritmi, voci e soluzioni strumentali non ovvie. La brillante ed espressiva voce del bluesman casertano canta, in lingua napoletana, di racconti di vita e di amore, speranze e povertà, dolori e gioie. Un ottimo ascolto, che scalda il cuore per l`estate ormai vicina, ma che è destinato a farci compagnia per lungo tempo. Dieci tracce in cui si intrecciano melodie funky, blues,jazz e ritmi afro ma anche melodie mediterranee, con produzione artistica, coordinamento e arrangiamenti curati dal musicista Lino Pariota con la collaborazione di Francesco Aiello ‘Flex’. Alla realizzazione dell’album,registrato presso i Flex Recording Studi di San Marco Evangelista (CE), di cui lo stesso cantautore ne è produttore, ha lavorato un autentico cast d’eccezione composto da 25 musicisti tra i piu’apprezzati della scena nazionale e internazionale tra cui: Mariano Barba, Carmine Landolfi, Claudio Romano, Carmine de Rosa Fabrizio Buongiorno, Dario Deidda, Arduino Lopez, Sergio di Gennaro, Gianpaolo Ferrigno, Gianfranco Campagnoli, Gaetano Tano Campagnoli, Pako Baldassarre, Alessandro Tedesco T-bone, Marco Zurzolo e i Frankarmada (Marilisa Amelio, Fabrizio Maraniello, Davide de Durante) per la sezione corale. Incontriamo l’artista durante una serata di beneficenza presso il locale di Cardito “The Golden Pot”… Come nasce Peppe Rienzo e il Progetto Rienzo? <<Peppe Rienzo nasce a fine anni sessanta a Sursee, in Svizzera. Ereditato dai nonni un profondo amore per la musica e per il canto, a soli dieci anni partecipo a un concorso per nuovi talenti, facendomi notare per la simpatia e per le notevoli doti vocali. A dodici anni comincio a studiare il pianoforte, uno strumento troppo “stanziale” per un nomade come me, che vuole suonare ovunque e in ogni momento. Passo subito alla chitarra, mia compagna di palco da oltre venticinque anni>>. Alla fine degli anni ottanta forma la sua prima band… <<Nel 1986 formo un gruppo rock, gli “SS20” e quattro anni più tardi i “Maumpami and Joseph”, formazione con la quale comincio a esplorare il mondo del funk. Nel 1992 la mia prima svolta: con Davide Nespolino (piano e tastiere) e Luchy Di Blasio (batteria e percussioni) formo i “Cantolibero”, punto di arrivo e di partenza di tanti musicisti, come Pino Rega, Mimmo Leone, Cristina Zitiello e Alessandro Scialla. Con i “Cantolibero” allargo le mie frontiere musicali, avvicinandomi al jazz, al blues e ai ritmi africani>>. Dopo anni di gavetta, fatta di locali, nottate insonni e sfacchinate con gli strumenti in spalla cosa succede? << nel 2004, pubblico “‘E ‘n’ata manera”, il mio primo lavoro discografico, che vende migliaia di copie in pochi giorni. Nel 2008 raccolgo l’invito lanciato dall’associazione “Euterpe” e dal portale “Casertamusica” di partecipare a una compilation in favore dei bambini della Palestina. Dopo un attento lavoro di ricerca, realizzo un capolavoro dal titolo “Un’altra terra nel cuore”. La canzone, scritta su misura per l’evento, è proposta al pubblico in piazza Duomo, a Casertavecchia, nell’ambito del concerto “Cosa diamo al mondo, artisti casertani per l’Unicef”, inserito nella manifestazione del “Settembre al borgo” di quell’anno>>. Voce nera, cuore napoletano, Quanto ha contato la cosiddetta gavetta? <<È stata fondamentale, perché mi ha permesso e mi ha dato la fortuna di conoscere migliaia di persone che ancora oggi, a distanza di trent’anni, sono ancora con me, mi seguono come fan, comprano i miei dischi, vengono ai miei concerti”, risponde lui, “i primi live li ho fatti che avevo 14 anni, nelle piazze, poi a 16-17 anni ho cominciato la carriera più ‘professionale’. Talvolta facevo sette sere alla settimana, ero una specie di caterpillar. Non trovo particolari diversità tra il pubblico italiano e il pubblico straniero: hanno la stessa voglia di divertirsi, di ballare. Spesso, all’estero, ho l’occasione di esibirmi nei club, dove il contatto è più ravvicinato e questo mi riporta al periodo della gavetta, mi fa interloquire con il pubblico più da vicino. Mi sento sempre a casa, perché la musica è casa mia>>. Ma non è tutto. Peppe Rienzo non poteva certamente fermarsi qui… <<E’ noto che nel mio impegno c’è molta partecipazione alle problematiche sociali, anzi proprio questo è parte integrante della mia arte. La mia musica è stata spesso definita “partecipativa”: sono attentissimo alla realtà, cerco di non essere mai banale nelle scelte, è sempre arguto lettore delle ansie di chi lo ascolta. Sono soprattutto un poeta: di quelli istintivi, di quelli immediati, di quelli fatti per dialogare; senza paura di smarrirsi tra solite chiacchiere da salotto. Improvviso durante i miei live, strofe, poesie. Mi è stato naturale, quindi, anche perché in quel mondo ci lavoro da anni, portare ai detenuti il frutto della mia sensibilità artistica. Sì, da tre anni, partecipo attivamente al grande Progetto CO2 ideato e coordinato dal Maestro Franco Mussida (lo storico leader chitarrista della celeberrima “Premiata Forneria Marconi”), con cui ha portato la musica nelle carceri. Per chi non lo sapesse, grazie al “Progetto C02” per la prima volta, la musica, come elemento tratto mentale, entra nei luoghi di pena per educare all’ascolto e dare sollievo. Quattro, sinora, gli istituti interessati: Monza, Milano-Opera, Roma-Rebibbia e Secondigliano-Napoli>>. Le appartiene il mondo del sociale, lo sente come un dovere verso il prossimo, una forma di altruismo smisurato…Ci parli del progetto con Franco Mussida? <<Io cerco di affrontare i problemi sociali in tutte le mie canzoni, perché alla fine lo scopo è solo di portare un benessere con la musica, adoperandomi per far trasparire quel senso di altruismo e perbenismo di cui tutti abbiamo bisogno. Sono 28 anni che suono presso le carceri. Ed in occasione di questo mio ultimo disco ho voluto raccogliere le sensazioni di alcuni detenuti del Penitenziario di Secondigliano che seguono, con la mia direzione, il corso CO2 di Franco Mussida, dove, in effetti, la musica viene usata quasi come misuratore e livellatore dei nostri sentimenti. Ho raccolto i loro pensieri e li ho tramutati in una canzone, che non esito a definire fantastica>>. All’interno del disco c’è una traccia dal titolo Willy, dedicata al grande produttore discografico Willy David… <<Willy David è stato immenso. Storico ed eclettico produttore musicale, romagnolo di origini ma napoletano di adozione, ha portato pino Daniele, Tullio De Piscopo e Tony Esposito a grandi successi. sempre in viaggio tra l’Italia, Londra e il Sud America, pioniere di quel grandissimo movimento musicale che fu il Neapolitan Power e che ebbe in Pino Daniele (che si è avvalso della produzione di David per i suoi primi cinque album) la sua punta di diamante. Ho voluto omaggiarlo in questo brano>>. A quarantesette anni come ti definisci ? <<A quarantasette anni ho capito che la musica oltre ad essere stata un’ottima compagna nella vita mi ha aiutato sempre a superare i momenti difficili. Penso sia un buon master da divulgare. Nelle mie canzoni c’è una pillola di saggezza, ispirata dalle mie esperienze e non solo musicali. E come tutti quegli artisti che costruiscono sull’umiltà la loro bravura>>…Hai unanima plasmata su oceani di sentimenti. Ascoltare la sua musica e leggerne i suoi testi è come mettersi sotto la pioggia senza ombrello… <<Non serve ripararsi, perché la tempesta è forte, quasi insuperabile. Si resta inebriati dalla potente miscellanea delle sue espressioni, del suo dialetto, della sua ironia. C’è l’arte del saper parlare dei problemi attraverso versatili decorazioni sonore. Dal blues al jazz, dal funk al folk-etnico sperimentale e al melodico mediterraneo. Tempeste di ritmi per rappresentare tempeste sociali. Un gustoso cocktail di genialità. Non importa essere esperti; orecchie semplici sanno ascoltare anche se gli occhi non leggono enciclopedie. Non c’è stornello che canta che non abbia dentro tutti i sentimenti, tutta la rabbia, tutte le preoccupazioni, tutte le speranze della realtà che ci circonda. Nella vita privata è importante il perbenismo, nella vita è importante vincere l’indifferenza e la malattia del denaro, perché con la musica e suonando si rilasciano nell’atmosfera sani sentimenti>>.

Carlo Ferrajuolo

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