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Calcio e criminalità, pm di Napoli: “Lavezzi chiese al boss striscione in suo favore”

Calcio e criminalità, pm di Napoli: "Lavezzi chiese al boss striscione in suo favore"
ROMA – Lavezzi chiese a un boss di intervenire in suo favore con le due curve del San Paolo. L’audizione in commissione Antimafia della sostituto procuratore della Dda di Napoli, Enrica Parascandolo, svela i movimenti del pentito Antonio Lo Russo per l’attaccante, con cui aveva costruito un profondo legame di amicizia. 

Lui, Lo Russo, era noto per quelle presenze a bordo campo durante le gare del Napoli tra marzo e aprile nel 2010. E di questo ha riferito il magistrato napoletano. Ma ‎a sollevare interesse sono principalmente le parole che riferisce di aver appreso, con l’inizio della sua collaborazione lo scorso novembre, dallo stesso boss Lo Russo. “Ci ha raccontato che Lavezzi aveva interesse che i tifosi delle due curve, la curva A e la curva B, esponessero uno striscione in suo favore del tipo ‘Lavezzi non si tocca’. Ora il problema è che le due curve rispecchiano diverse provenienze territoriali e anche di appartenenza ai clan: in curva B troveremo quelli di fuori e quindi di gruppi di Secondigliano come quello di Lo Russo, in curva A invece del centro città, come Genny ‘a carogna, per fare un esempio. Lo Russo ci dice che grazie al suo intervento fu possibile, nonostante le rivalità tra i clan, esporre lo striscione in entrambe le curve. In cambio ottenendo la promessa che Lavezzi non sarebbe andato a un’altra società italiana come Juventus o Inter ma solo all’estero come poi è accaduto”.

La dottoressa Parascandolo pone l’accento anche sull’amicizia tra Lo Russo e Lavezzi: “Ci ha detto di averlo conosciuto grazie al ristoratore Iorio, circostanza che differisce da quanto dichiarato sotto giuramento da Lavezzi. Ci ha detto di essere stato presentato al giocatore come un capo ultrà, conoscenza da cui è nata un’amicizia. Lo Russo andava anche a giocare alla playstation a casa di Lavezzi. Ma soprattutto aveva fornito al giocatore una scheda telefonica segreta, “dedicata”, uno dei cosiddetti “citofoni”. E poi finendo nel mirino delle forze dell’ordine ha detto al calciatore di distruggerla”. 

La dottoressa Parascandolo spiega che “Lo Russo ci ha detto che la fornitura di una scheda dedicata a Lavezzi serviva solo a evitare il rischio che partendo dalle telefonate di Lavezzi si arrivasse a identificare la sua utenza. Ma questo è un aspetto su cui si infiamma la discussione in Commissione. Perché il dubbio, sottolineato anche dalla presidente Bindi, è: si può escludere che tra Lavezzi e il boss non ci fossero anche colloqui “proibiti”? Altro punto nodale è: la presenza “notoria” (come la definisce la sostituto procuratore della Dda napoletana) di clan nelle curve, non serve anche a garantire un controllo del territorio e delle attività da stadio? Un riferimento diretto alla questione Juventus e all’interesse ‘ndranghetista nella gestione della biglietteria.

“Sicuramente – spiega Parascandolo – esiste una forma di controllo come in tutte le attività da parte della camorra, ma questo non vuol dire che ci siano infiltrazioni nella biglietteria, nei rapporti con la società calcio Napoli o la gestione dei biglietti”. Ma i tifosi – chiede la Bindi – fanno o no i camorristi in curva? “Cito l’episodio di una coltellata tra fazioni rivali in curva A, di provenienza tra area Sanità e Forcella. La digos ha svolto tempestivamente le indagini e ci sono stati degli arresti”. L’aria si scalda sul tema, si accende la discussione soprattutto intorno alla “sottovalutazione” del fenomeno del controllo in curva della criminalità organizzata. Un rischio ribadito più volte dalla presidente di commissione. Al punto che Parascandolo arriva a “non escludere” che del fenomeno del bagarinaggio si occupi la procura ordinaria. Per questo, viene ventilata anche l’audizione del procuratore capo di Napoli. Intanto, il 3 maggio, toccherà riferire all’Antimafia al capo della polizia Gabrielli.

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Protagonisti:
ezequiel lavezzi

Fonte: Repubblica

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