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FIORENZA CALOGERO: LA MUSICA POPOLARE E’ UN ATTO D’AMORE PER LA MIA TERRA

Una voce particolare, graffiata dal dolore e dalla forza, il suo canto emana brividi. La voce di Fiorenza Calogero rappresenta la fame e la sete, il perseguitato e l´offeso, il dolore e il desiderio; esplode dal suo corpo come un colpo di frusta, mescolandosi alle viscerali sonorità di Napoli, ai ritmi urbani di una metropoli posseduta dalla musica. Cantante e attrice versatile e appassionata, Fiorenza ha saputo distinguersi grazie al suo talento concentrato nella valorizzazione della lingua e della cultura della sua terra: Napoli. Fiorenza Calogero ricerca Partenope e la sua musica, trasformandola in world music. La sua carnalità evocativa nell’uso della lingua madre, il napoletano, si fonde con una capacità interpretativa essenziale, pulita, intima, viscerale. La sua carnalità evocativa nell’uso della lingua madre, il napoletano, si fonde con una capacità interpretativa essenziale, pulita e molto intima. Sei una cantante e attrice che si è particolarmente distinta per la valorizzazione della lingua e della cultura della tua terra… Che cosa significa per te cantare Napoli? << Il mio riferimento, sin da quando ero piccola, è sempre stata la musica tradizionale, un sound popolare. Sarà anche perché i miei genitori ascoltavano la canzone napoletana classica e popolare, ho sempre vissuto tra un nonno che fischiettava le canzoni classiche napoletane e un padre che era un amante e cultore de “La Gatta Cenerentola” di De Simone. A questo si aggiunge il fattore emotivo, c’era la possibilità che io rimanessi indifferente a questo tipo di musicalità, invece provavo sempre emozione: a 5-6 anni ascoltavo il disco de “La Gatta Cenerentola” o la Nuova Compagnia di Canto Popolare, di cui conoscevo a memoria tutte le canzoni. Ovviamente nel corso degli anni la passione è cresciuta, avvertivo, seppur ancora inconsapevolmente, che mi piaceva cantare la canzone classica napoletana>>. Un tuo incontro importante è stato quello con il maestro Roberto De Simone… Ci puoi raccontare com’è andata? <<Ero minorenne, avevo solo quindici anni poi, feci il provino per La Gatta Cenerentola del maestro De Simone, lessi l’annuncio sul Mattino e, proprio come se si trattasse di una forza più grande di me, presi la circumvesuviana di nascosto dai miei genitori e andai ai provini. Da lì si è aperto un mondo, ho deciso che volevo esprimermi attraverso questo tipo di musica da un punto di vista artistico. Volevo essere identificata come una cantante napoletana ma con uno spirito diverso>> Che cos’è per te la musica napoletana e cosa rappresenta? <<La canzone partenopea ha una sua dignità, una sua storia, forse più di altre tradizioni di musica popolare nel mondo. Qui ritroviamo la poesia, il sentimento, l’aneddoto, la storia. Ho iniziato a studiarla proprio perché non volevo cadere nella banalità di alcuni esecutori che, invece, l’hanno un po’ travisata. La musica napoletana per me non è né la pizza, né il mandolino, né il Vesuvio; questa tradizione musicale ha una nobiltà nell’anima e una storia tale che non sempre si conosce e non sempre si percepisce perché siamo abituati a renderla giocosa, festaiola>>. Fiorenza te l’hai studiata, analizzata, approfondita la lingua napoletana…<<Sì, il lavoro che ho fatto in questi quindici anni è servito per far sì che, quando salgo sul palcoscenico, so come dover trattare questo tipo di musica. Sono felice di portare la musica di Napoli nel mondo come dico io, ho cercato una strada musicale, ho seguito il percorso della sottrazione scegliendo di esibirmi solo con voce e chitarra e lasciando intatte partiture e cadenze senza stravolgerle. Cantare Napoli significa questo, darle la dignità e il rispetto che merita senza imbruttirla e involgarirla>>. Un altro passaggio importante è stato l’esperienza con il Festival Migrazioni Sonore dal 2007 al 2009…come furono quegli anni e cosa ti hanno insegnato artisticamente? <<“Migrazioni Sonore” è il passo successivo all’interno del mio percorso ed è la conseguenza di ciò che io ho imparato con Enzo Evitabile e Andrea Aragosta che organizzano, già da una decina d’anni, Sentieri Mediterranei, il Festival che si svolge a Sommante (Avellino). Questa è una manifestazione, dove io ho partecipato sia come artista sia come collaboratrice del direttore artistico. Da loro ho imparato tutto ciò che riguarda la world music e quali sono le possibilità che un festival può offrire al pubblico, sia dal punto di vista musicale che culturale. Nella fase successiva, c’è poi stata l’assegnazione della direzione artistica del festival Migrazioni Sonore, che allora non esisteva. Dopo diversi incontri e dopo aver visto la location (Montefalcione-Avellino), ho pensato a un festival strutturato in tre giorni, avevo scelto dodici location, quasi come percorso musicale e culturale per il turista o il curioso che veniva a visitare il festival, e ho chiamato dodici gruppi stranieri, non famosi ma professionisti, che si esibivano rappresentando la loro musica di tradizione, il loro artigianato, le loro danze, i loro costumi. Ogni sera, c’era un gruppo di tradizione musicale popolare italiano mentre i dodici gruppi erano gli stessi per tutte e tre le sere e si esibivano per le strade del paese>>. Il Festival negli anni ha ottenuto consenso e successo…<<Nel 2009 questo festival è stato premiato come miglior festival della Campania e ha avuto tantissime presenze, m’intristisce ripensarci perché purtroppo questa esperienza si è, definitivamente, è definitivamente terminata, a causa della mancanza dei fondi pubblici. Tanti giovanissimi si sono appassionati ai tamburi cinesi, al flamenco, alla musica messicana, a quella celtica e, se pensiamo al fatto che gli artisti coinvolti non erano nemmeno conosciuti, la mia è stata una doppia vittoria. Da allora, però, non ho più voluto ricevere questi incarichi, perché non c’erano le condizioni economiche adatte e perché mi è passata la voglia di scontrarmi con la burocrazia e le istituzioni. Resterà soltanto un bel ricordo>>. Hai realizzato diversi progetti discografici in questi anni, rispettivamente intitolati “Fioreincanto” , “Fiorenza” e “Sotto il vestito…Napoli”? <<nel 2007 Fioreincanto” è il mio album d’esordio da solista, in cui reinterpreto e rielaboro alcuni classici della melodia napoletana, come “Tutte ‘e sere”, attraverso un viaggio introspettivo nella tradizione musicale partenopea, un regno misterioso in cui, senza sosta, i sogni e le emozioni diventano la carne e il sangue dei nostri giorni. Nel 2009 esce l’album “Fiorenza” pubblicato dall’etichetta olandese Cnr Entertainment era destinato al mercato internazionale. Il disco, è una alternanza di classici e d’inediti. Duetto con il tenore Vittorio Grigolo e, dal vivo, con Alessandro Safina e il baritono olandese Ernst Daniel Smidth>>. Nel 2011, esce un disco particolare, dove il jazz incontra la canzone classica napoletana, canti accompagnata al piano da Lorenzo Hengeller. La copertina sexy con  sculture del maestro Lello Esposito…<<“Sotto il vestito…Napoli” rappresenta il più grande sbaglio della mia vita… Non mi riferisco al contenuto musicale dell’album. Quello che contesto non è  la scelta di mettere me e delle colleghe nude in copertina ma il modo in cui siamo state messe in copertina… Ci sono nudi e nudi, ci sono i nudi artistici e poi ci sono nudi squallidi, come lo è quello nella copertina di questo cd… La colpa è stata mia perché da artista e da professionista quale sono dovevo accertarmi, dopo lo shooting fotografico, quali foto scegliere. Dovevo tutelarmi e non l’ho fatto, quindi da un punto di vista d’immagine questo è stato un grande sbaglio che mi ha fatto tanto soffrire;  non era certo questa l’immagine che volevo dare di me stessa, digerire nel corso degli anni questo mio fallimento ha richiesto un bel po’ di tempo. Di tutte le esperienze che ho fatto, questa è quella che, se tornassi indietro, non rifarei o quantomeno la rifarei tutelando la mia immagine>>. Dopo questa tua brutta esperienza lavorativa incontri artisticamente Andrea Aragosa ed Enzo Avitabile che conoscevi da molti anni… <<Con loro sono rinata…perché con l’album “Sotto il vestito niente” mi aspettavo di lavorare, di fare concerti invece quel disco mi ha solo tolto credibilità. Dal 2011 al 2016 c’è stato quasi il buio da un punto di vista discografico e musicale, nel frattempo, però, sono diventata mamma e mi sono dedicata alla mia realizzazione come donna. Con il mio produttore Andrea Aragosa, realizzammo un progetto che avrei sempre voluto fare. Con Andrea collaboro già da molti anni però, tutte le volte che io parlavo di un disco insieme, lui mi diceva sempre che non era il momento. Evidentemente non mi vedeva e sentiva pronta, nonostante il fatto che in questi anni abbiamo sempre collaborato insieme. Dopo tante esperienze, anche negative,  ho capito la lezione e questo ha fatto sì che io maturassi anche dal punto di vista artistico per cui, quando lui mi ha detto che ero finalmente pronta, abbiamo iniziato a lavorare a questo cd>>. Dopo tante vicissitudine nel 2016 esce “Nun tardare sole” firmato da Enzo Avitabile… <<Posso sicuramente dire che ho sempre voluto fare con la canzone napoletana un’operazione del genere.  L’ho sempre desiderata. Con Avitabile ho realizzato un album di respiro internazionale e tante collaborazioni, tra cui Cristina Branco, cantante di fado portoghese e stella della musica fadista nel mondo, che ha duettato con me nel “Lu Cardillo”, Enzo ha scritto pezzi inediti che mi hanno portato molte soddisfazioni personali.  Trovare le persone giuste, lungo il proprio percorso, è davvero fondamentale perché anche se c’è talento, determinazione, voglia di fare, di lavorare, di cantare, il successo è il frutto di un lavoro di squadra e, quando la squadra è fatta da persone che puntano ad uno stesso obiettivo e sono competenti, allora il tuo talento può finalmente uscire fuori. I giovani oggi non hanno voglia di studiare e di fare sacrifici. Io continuo a studiare perché ho voglia di prendere la mia seconda laurea in Scienze e Tecnologie del Suono>>. Abbiamo saputo che ti stai dedicando a un progetto a San Pietro a Patierno… <<Sì, a San Pietro a Patierno presso “l’Associazione le Muse per l’Oro” lavoro con ragazzi disagiati, cresciuti in questi quartieri a rischio. San Pietro a Patierno confina con Secondigliano, Miano, la 167. I genitori spesso sono stati in galera per vari reati e le mamme si prostituiscono per vivere, abbandonando i propri figli presso le case famiglia>>. Cosa ne pensi della Napoli artistica di oggi?  <<Se a Napoli non accetti compromessi, non riesci a fare certe situazioni, per partecipare a Festival, Rassegne, non sei considerato/a per il tuo valore artistico, ma perché sei la moglie o l’amica di certi personaggi, questo è terribile>>.Oltre ad essere una cantante ricercatrice musicale, ti sei cimentata in alcuni film Rosa Napoletano e Passione per la regia di John Turturro…<< Passione è stato girato nel 2010, dove io ho partecipato con molti artisti napoletani e non, tra cui Fiorello. Io interpretai “Canto delle lavandaie del Vomero”. Questa canzone popolare napoletana risale al XIII-XIV sec. è un canto di protesta contro la dominazione di dinastie straniere sul suolo di Napoli. Le riprese sono fatte nella piscina mirabilis, a Bacoli. Il film è girato a Napoli e racconta con aneddoti, interviste, video d’epoca e con le secolari canzoni classiche napoletane quella che è la Napoli dei vicoli, popolare, folcloristica e la sua storia>>.I prossimi appuntamenti di Fiorenza Calogero? <<E’ in preparazione il mio primo disco live con alcuni pezzi inediti e poi la tournèe estiva>>.

Carlo Ferrajuolo

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