La Roma e le rimonte-scudetto: una tabella “pazza”
I giallorossi devono recuperare 7 punti alla Juventus capolista quando mancano 12 giornate al termine del campionato: a rivedere i precedenti in Serie A non è impossibile. Così la squadra di Spalletti arriverà allo scontro diretto del 14 maggio a -3 dai bianconeri: e all’Olimpico sarà come uno spareggio…
di Alfredo Corallo
Ma ci sono davvero 7 punti di differenza tra la Juve e la Roma, quella – almeno – vista domenica scorsa a Milano contro l’Inter? Perché la sconfitta in Coppa Italia con la Lazio ci ha un po’ disorientati. Ma se è vero che il derby costituisce “una storia a sé” consideriamola tale, un banale incidente di percorso. Sì, ma perché mai la Juve dovrebbe “crollare” – senza averne dato “avvisaglie”, tra l’altro – e invece alla Roma dovrebbe andare tutto bene, tanto da recuperare i 7 punti e sognare lo scudetto? Perché è già successo. E poi sai che noia… Sai quanto sarebbe divertente – per i tifosi giallorossi, certo; ma anche per tutti gli altri, compresi gli juventini in cerca di emozioni forti, mettiamola così – se le due squadre si trovassero a pari punti il giorno dello scontro diretto all’Olimpico, il 14 maggio? Finalmente uno spareggio! Perché tale sarebbe, a due giornate dalla fine e con due partite “facili” da giocare per entrambe (Crotone e Bologna per la Juve; Chievo e Genoa per la Roma).
ps. Va bene, magari non a pari punti, facciamo a -3: aggiudicato?
Primo passo: Roma-Napoli. Il fatto è che, sfortunatamente per il nostro giochetto – torniamo seri, ma solo per un attimo – non è possibile “glissare” sulle due disfatte di Roma e Napoli in Coppa, ma ancora di più per i ragazzi di Sarri, “sull’orlo di una crisi di nervi”: reduci già dal ko interno con l’Atalanta; usciti “malamente” dallo Stadium; e costretti a fare risultato sabato all’Olimpico per non compromettere il terzo posto, cercando allo stesso tempo di non pensare al ritorno di mercoledì con il Real Madrid al San Paolo. Da male di “capa”. Starà ai giallorossi approfittare di eventuali errori di concentrazione, delle possibili distrazioni degli azzurri già proiettati alla Champions. Anche Nainggolan e compagni avranno l’impegno in Europa League, l’andata degli ottavi a Lione, ma un giorno dopo, e non devono rimontare tre gol a Cristiano Ronaldo…
E in tutto questo, la Juventus? Tiferà per un pareggio: e lunedì a Udine potrebbe dare un’altra bella “spallatina” al campionato. Ma anche a -9 nulla sarebbe compromesso per la banda Spalletti. Vediamo perché…
Tabella scudetto: dalla 28esima e alla 30esima. La Roma va a Palermo, e poi ne ha due in casa: Sassuolo e Empoli. Totale: 9 punti. La Juve ospita il Milan, quindi la trasferta di Marassi (Samp) e la sfida più attesa dell’anno, il ritorno di Gonzalo Higuain a Napoli: ipotizziamo – nell’ordine – un pareggio, una vittoria e una sconfitta. Che faccio, lascio? Roma a -4.
Dalla 31esima alla 33esima: Roma sempre a -4. Il distacco rimane invariato. Juve vincente con Chievo e Genoa allo Stadium, e a Pescara. La Roma passa a Bologna e Pescara e “doma” l’Atalanta all’Olimpico (nel caso contrario o di un pareggio vorrà dire che anche Zeman farà uno scherzetto simile alla Juventus). Roma sempre a -4.
Roma-Juventus, come uno spareggio. Si arriva così al momento clou della stagione. Alla 34esima Roma-Lazio e Atalanta-Juve. E alla successiva Juve-Torino e Milan-Roma. In mezzo le semifinali di andata di Champions e Europa League, che potrebbero rappresentare le cosiddette variabili impazzite. Fatto sta che a chiusura di questo “pacchetto” di partite la Juve dovrà perdere un punto (decidete voi dove…): Roma a -3!
Ci siamo. La cosa pazzesca è che lo scontro diretto del 14 maggio sarà preceduto dal ritorno delle semifinali di Coppa. Un delirio, se Juve e Roma saranno ancora in corsa in Europa. Tutto in 10 giorni. I giallorossi – non dimentichiamolo, all’andata i bianconeri vinsero 1-0 – dovranno batterli almeno con due gol di scarto per avere la certezza di scavalcarli (seppur a pari punti). Oppure sarà la classifica reti a decidere: negli scontri diretti e, in caso, quella generale. Poi le reti segnate e, al limite, il sorteggio.
Rimonte. I riferimenti storici delle grandi rimonte sono fermi alla Juventus 2001-2002, che recuperò 6 punti all’Inter nelle ultime 5 giornate (il 5 maggio). I nerazzurri di Invernizzi ci erano riusciti nel 1970-71 (sul Milan); poi il Torino di Pulici e Graziani 1975-76 (sulla Juve); il Milan di Sacchi 1987-88 (sul Napoli); il Milan di Zaccheroni 1998-99 (sulla Lazio); la Lazio di Eriksson 1999-2000, che aveva 9 punti di svantaggio dalla Juve di Ancelotti a 8 giornate dalla fine.
Rimonte mancate (della Roma). Molte di più sono le rimonte mancate, e la Roma ne sa qualcosa: una volta con Spalletti nel 2007-08 e un’altra con Ranieri in panchina nel 2009-2010 (entrambi i titoli conquistati dall’Inter). Ma il caso più clamoroso risale al 1985-86, la situazione di oggi è molto simile a quella: a 12 partite dalla fine la Juve era in vantaggio di 5 lunghezze (ma la vittoria ai tempi valeva 2 punti) e dopo aver battuto il Napoli i giallorossi cominciavano la loro rimonta, che si completerà alla 27esima giornata (erano 30 in tutto, il campionato a 16 squadre). Roma e Juve appaiate a 41 punti, con la squadra allenata da un giovane Sven-Goran Eriksson attesa da una “formalità” all’Olimpico, battere il Lecce già retrocesso e sperare nel colpaccio del Milan a Torino. Naturalmente vinsero i salentini (3-2) e anche i bianconeri, che la domenica successiva festeggiarono lo scudetto.
“Uno scudetto qui ne vale 10 vinti in un’altra città”. Più o meno siamo lì, se paragoniamo la sua Roma alla Torino bianconera, il confronto che ci interessa: il rapporto è di 3 a 32, quindi 1 a 10,66 (poi ognuno aggiunga i centesimi che preferisce, per carità). Ma Francesco Totti non si riferiva – evidentemente – ai “freddi” numeri: in quell’intervista di qualche anno fa a una tv spagnola ribadiva il “peso”, e dunque la difficoltà di vincere in una città come Roma. “La gente impazzisce, muore per questi colori, a Roma tutto si amplifica” (minuto 6′ 40”).
Se c’è riuscita ‘a Lazio… È questo il motivo per cui è così maledettamente complicato e insieme irresistibile vincere nella capitale: l’esaltazione collettiva contagia la squadra, che se non “filtra” questo affetto sconsiderato, viscerale, questo mare di entusiasmo, ci si strozza. È la ragione per cui – al di là dei torti arbitrali e tutto quello che vogliamo – alcune “Rome” fortissime (vedi quella di Capello, che vinse “soltanto” uno scudetto) non sono riuscite ad arrivare fino in fondo. Capaci anche di rimonte prodigiose, come di perdersi: è successo appunto nel 1986, si è ripetuto nel 2010. Perché stavolta dovrebbe essere diverso? “Perché se c’è riuscita ‘a Lazio…”.
Fonte: SkySport