Roberto Inglese: “L’Italia? Pare uno scherzo”
I TIFOSI lo chiamano Bobby English, unico gioco di parole che gli piace davvero. “Ci sono abituato: se segno, i titoli vanno da lezione di Inglese a la chiave Inglese, li trovo un po’ ripetitivi”. Roberto Inglese, attaccante del Chievo, 25 anni, 8 gol stagionali, di nuovo convocato da Ventura per lo stage da domani, è uno dei volti emergenti della Serie A.
Che sfida sarà Chievo-Napoli?
“È la peggiore squadra da affrontare in questo momento, gioca un calcio piacevole, efficace, sia in casa che fuori, e non è facile prendere le contromisure. Speravamo di trovarla un po’ stanca per la partita contro il Real, ma non sottovalutiamo la loro voglia di reagire”.
Contro il Sassuolo lei ha segnato tre gol dopo aver sbagliato un rigore al quarto minuto. Come ha reagito?
“Secondo me tutti quelli che mi avevano schierato al fantacalcio mi hanno mandato tante maledizioni che inconsciamente mi è arrivata la scossa per reagire, e mi sono fatto perdonare…”.
Come comincia la sua storia?
“Nato a Lucera, ma sono abruzzese, ci siamo trasferiti a Vasto quando avevo sei anni. Mamma Rosalba casalinga, papà Antonio autista di bus di linea: se marinavo la scuola andavo con lui da Termoli a Roma. Comincio a Vasto: Pgs Vigor e poi Virtus, poi il Pescara. Che mi fa studiare fino alla maturità scientifica ed esordire in Lega Pro con Di Francesco”.
Appassionato di materie scientifiche?
“Non proprio. Mi piace la storia, quella italiana del Novecento, è fondamentale conoscerla per capire i nostri tempi”.
Nel 2010 lei debutta a 18 anni in B e viene subito comprato dal Chievo: sembra un predestinato. Invece passa cinque stagioni in prestito.
“Potevo restare in Primavera, ma io volevo anticipare i tempi: in Italia manca un momento di passaggio per i giovani. Sono stato bene a Lumezzane e a Carpi, anni indimenticabili”.
Con la storica promozione dei carpigiani in A.
“Annata magica, ragazzi presi dal nulla, senza alcuna esperienza, che hanno stravinto il campionato. Correvamo più degli altri, la differenza l’ha fatta la nostra fame. E l’intensità che Castori riusciva a trasmetterci. Non giocavamo un calcio bellissimo, ma non ci prendeva nessuno”.
Quanto deve a Maran?
“Molto. È stato il primo a darmi una chance al Chievo, l’anno scorso”.
Gioca col 45 come Balotelli?
“Ma no, il 9 era occupato allora ho sommato il 4 e il 5”.
Che attaccante è Inglese?
“Una prima punta classica, forza fisica e voglia di sacrificio: in A devi venire incontro al pallone e partecipare alla fase difensiva. Studio gli altri per rubare a tutti un segreto, non ho un modello unico. E Pellissier è una miniera di consigli. All’inizio nessuno mi conosceva, ora è più difficile, non ho l’effetto sorpresa”.
Pensa di avere qualche chance di vestire la maglia della Nazionale?
“Confesso che quando mi hanno detto che ero stato convocato, la prima volta, ho pensato a uno scherzo… Essere in azzurro è un sogno ma so che in Italia c’è gente fortissima nel mio ruolo”.
Come gestisce l’ondata di popolarità?
“Sui social ho solo profili privati, resto in contatto solo con chi conosco davvero. Preferisco ancora guardare la gente negli occhi, coltivare rapporti veri. In questo ambiente è facile circondarsi di conoscenze superficiali i miei amici sono sempre quelli di Vasto”.
La sua città è recentemente stata teatro di un drammatico omicidio.
“Nei posti piccoli, conosci tutti da una vita: quel dramma ha colpito tutti i vastesi. E tutto l’Abruzzo vive mesi particolari, durissimi, non dimentichiamolo. Io sono felice se con un gol porto un po’ di gioia alla mia terra”.
Fonte: Repubblica