La verità di Leonardi: “Il Parma spolpato ma il mostro non sono io”
ROMA – 30 luglio 2014-19 marzo 2015: nove mesi per far fallire una squadra di calcio di serie A. Sono stati giorni drammatici per il Parma, in cui si sono succedute vicende da farsa e personaggi grotteschi. Dopo due anni e per la prima volta Pietro Leonardi che di quel Parma è stato amministratore delegato e direttore generale, l’uomo più contestato dai tifosi, dai dirigenti e dai giocatori, e ora radiato dalla Figc, racconta la sua versione, la sua storia. Senza omettere nulla.
Leonardi, lei è arrivato al Parma nel 2009 e per sei anni ha gestito la società da ad. Quando ha capito che eravate ad un passo dal fallimento?
“I debiti li ho trovati quando sono arrivato: erano circa cento milioni, in parte ereditati dalla gestione Tanzi, in parte fatti nei primi anni di presidenza Ghirardi con campagne acquisti scriteriate, con passivi di trenta e quaranta milioni a stagione. Il Parma era già stato spolpato”.
Lei si difende dicendo che non era in grado di fare l’ad, che non aveva la competenza per quel ruolo: troppo facile...
“Sono stato un coglione, lo so. Il mio grande errore. Non era il mio lavoro. La proprietà insisteva ed io ho accettato un po’ per vanità un po’ perché mi scocciava dire di no: è stato l’errore più grande. Ma ero tranquillo: c’era una “support letter”, firmata dalla mamma di Ghirardi e dagli amministratori delle sue società e rinnovata tutti gli anni che garantiva il pagamento dei i debiti”
Estate 2014: comincia il dramma del Parma: lei ne era consapevole?
“Per la prima volta cominciai a pensare che poteva finire male. Eravamo stati travolti da eventi negativi. Avevamo già pianificato la stagione successiva. La qualificazione in Europa League ci avrebbe portato almeno 12 milioni di euro, avevo venduto Biabiany al Milan per 8 milioni di euro e tutti cercavano i nostri giocatori: eravamo come l’Atalanta quest’anno. Poi il caos: niente Europa League per un problema di incentivi all’esodo e Biabiany non supera le visite mediche. Bruciati 20 milioni in pochi giorni. Anzi, 33 milioni, perché nei mesi precedenti avevamo risolto tutte le problematiche con le società estere per non aver problemi con la licenza Uefa: pagati 13 milioni per chiudere tutti i contenziosi”.
Spendete 13 milioni e perdete l’Europa League per 300 mila euro?
“Appunto, le sembra una cosa possibile? I nostri avvocati sbagliano tutto e l’Uefa ci boccia. Ma le pare che non avremmo pagato i 300 mila euro sapendo di rischiare il posto in Europa? Non sapevamo proprio di dover pagare. Si parlava di incentivi all’esodo, la situazione non era chiara a nessuno. Quando ci hanno dato ragione era troppo tardi”.
Da lì parte tutto…
“E’ vero, ma non me ne rendevo conto perché quella era una situazione assurda che poco aveva a fare con il nostro fallimento. Il danno invece è stato decisivo. Ci siamo trovati a luglio senza soldi e senza sapere cosa fare”.
E Ghirardi?
“Sparito. Fece solo una conferenza stampa attaccando tutti e da lì ci siamo messi contro anche le istituzioni. Annunciando le sue dimissioni ci ha creato un grave problema di gestione”.
Perché lei non se ne è andato?
“Ho dato le dimissioni almeno tre volte: poi mi chiamavano il sindaco Pizzarotti, i personaggi più rappresentativi delle istituzioni parmensi e mi chiedevano di restare, che non potevo lasciare il Parma, che ero l’unico riferimento credibile e che mi avrebbe sostenuto. In più la mia famiglia voleva restare a Parma e così mi illudevo che si potessero risolvere i problemi”.
Voi fallivate, stipendi non pagati e la Figc, gli organi predisposti non controllavano? Eppure su tutti i giornali si parlava delle crisi del Parma.
“Della Cosivoc e dei loro ripetuti allarmi ho letto sui giornali dopo il fallimento. Tavecchio è venuto a Parma da presidente della Figc a dire che non sapeva nulla. Io dopo la sua elezione sono stato da lui a Roma quattro volte, e in due occasioni era presente anche Lotito, a dirgli che la situazione era drammatica. Tavecchio mi ha portato anche dai responsabili del Credito Sportivo per capire se ci fosse la possibilità di avere un finanziamento. Come può dire che non sapeva nulla?”.
Il Parma in bilancio pagava stipendi a 137 giocatori: un po’ troppi non le pare?
“Con il mercato ho portato al Parma 195 milioni di euro. Ogni anno il “market pool” segnava utili dai 13 ai 16 milioni di euro. Ma il calciomercato ha le sue regole: se volevo Borini, Defrel, Sansone, Mario Rui, Lapadula, Di Francesco ecc. dovevo per forza prendere anche giocatori di categoria inferiore. Mi serviva per aver rapporti con i procuratori, con le squadre, per aver poi i giovani migliori. E il sistema si regge sulle plusvalenze che non ho inventato io. Ma da quelle operazioni di mercato io non ho intascato un solo euro, e la maggior parte di quei contratti era al minimo federale: non sono stati la causa del fallimento ed è stato dimostrato”.
Si è parlato tanto anche del “tesoretto” Leonardi…
“Le rispondo come ho risposto al mio avvocato Paolo Rodella quando non voleva che accettassi la proposta del Latina: ho bisogno di lavorare per mantenere la mia famiglia”.
Quanto guadagnava al Parma?
“Trecentocinquanta mila euro netti”.
Prima di darsi l’aumento…
“L’aumento me lo ha dato il cda del Parma. Avevo portato 195 milioni di euro in cassa. Passai a settecentocinquanta mila euro. Ma ho preso solo qualche stipendio, poi è arrivata la crisi”.
E il prestito di un milione di euro?
“No, era di 865 mila euro, soldi che ho girati il giorno dopo all’Udinese: era il risarcimento concordato con Pozzo per interrompere il contratto con la società friulana”.
Per quel prestito è stato radiato dalla Figc…
“Ho dimostrato alla Giustizia Sportiva, portando i miei estratti conto, che avevo restituito tutto nei mesi successivi: 600 mila euro in contanti, il resto scontando stipendi non ricevuti. Ma la sentenza di radiazione l’avevo già letta sui giornali annunciata da Tavecchio”.
Lei ripete sempre di aver portato in cassa milioni di euro con il mercato ma quei soldi che fine hanno fatto?
“L’ho scoperto quando dopo il fallimento sono riuscito a vedere tutte le carte: sono serviti a pagare i debiti con le banche”.
Ha dato credito a personaggi come Taci e Manenti
“Con Taci ha fatto tutto Ghirardi, io non sapevo chi fosse. In quel periodo passavo da un collasso ad una crisi depressiva, ero bollito, non avevo più la forza di capire, di reagire. Di Taci ricordo solo che un giorno mi ha fatto passare sette ore davanti ad un fax in attesa del bonifico per pagare gli stipendi che mi anunciava tutti i giorni per due mesi. Manenti l’ho visto una volta e mi è bastato…”.
Deve chiedere scusa a qualcuno?
“Ai tifosi del Parma perché quella squadra a novembre, molto prima della crisi e dopo aver incassato tutti gli stipendi, era ultima in classifica già con un piede in B. Di quello mi vergogno. Per il resto non ho nulla di cui vergognarmi: mai rubato o distratto un euro della società. Non l’ho fatto fallire io il Parma”.
Ma lei spera ancora di rientrare nel mondo del calcio?
“Ora voglio usare il calcio per aiutare i ragazzi che arrivano da altri paesi ad integrarsi in Italia. Andrò presto a Lampedusa e cercherò di portare alcuni giovani immigrati nelle Academy o nei settori giovanili di quelle squadre che vorranno aiutarmi in questo progetto. Ora sì che ci terrei ad avere una “scuderia” con centinaia di ragazzi…”.
calcio
- Protagonisti:
- pietro leonardi
- tommaso ghirardi
Fonte: Repubblica