“Ho visto Diego giocare anche infortunato, Leo può dribblare tranquillamente senza prendere botte. Non si gioca più come una volta. Il paragone tra i due non ha senso, anche se sono fuoriclasse”, ha detto l’olandese
Una carriera straordinaria, un passaggio importante anche in Italia e ora un presente da leggenda. Ruud Gullit ha legato il suo nome a PSV, Milan e Sampdoria e oggi ricorda con affetto le esperienze in Italia. In occasione del suo viaggio a Milano per presentare il suo libro, l’olandese ha potuto ripercorrere i momenti più belli della sua storia in Serie A, senza però dimenticare di dire la sua anche sul calcio attuale, in Italia e all’estero.
“Messi o Maradona? Paragone senza senso” – “Cruijff è stata una persona importante per me – ha dichiarato Gullit ai microfoni di RTL 102.5 – ai tempi del Feyenoord era il mio maestro in campo e mi diceva cosa fare con la palla, dove andare. Era bravo ad anticipare e risolvere i problemi che potevano presentarsi e io ho imparato molto da lui. Al Milan, poi, avevamo una squadra fortissima con Donadoni, Ancelotti e Rijkaard. Quando giocatori così fanno pressing su Maradona e Maradona riesce a tenere la palla, allora vuol dire che è un calciatore davvero molto bravo. Ho visto Diego giocare anche infortunato, lui non voleva mai lasciare il campo perché era un fenomeno e gli ho visto fare cose straordinarie. Oggi vedo fare paragoni con Messi, con tutte le telecamere e la protezione che ha l’argentino adesso, sento dire che i due si somigliano mentre Maradona doveva dribblare, saltare i contrasti per non rompersi la gamba; adesso non si fanno più questi contrasti. Messi può dribblare tranquillamente senza prendere botte mentre ai tempi Maradona si sarebbe rotto la gamba, oggi non si fanno più queste cose. Vedevo Maradona sotto tutte le pressioni e lui andava contro i migliori difensori del mondo che giocavano in Italia e quello con Messi è un paragone che non ha senso. Sono comunque due grandi fuoriclasse”.
L’avventura in Italia e i ricordi più belli – E ancora, sui tempi al Milan: “All’epoca potevi avere solo tre stranieri in squadra e c’erano i migliori del mondo; venivano in Italia da tutti i Paesi del mondo. Il livello era talmente alto che devo dire di aver imparato molto da tutti, perché dovevo essere ancora più bravo di loro. Dovevo lavorare molto. L’allenatore più bravo che ho avuto? Difficile dirlo, sono tanti e ognuno mi ha dato qualcosa di importante per la mia carriera. E ci sono anche tanti giocatori che mi hanno influenzato. Sono stato fortunato ad avere la gente giusta intorno. I ricordi più belli? Sicuramente il mio debutto, la prima da professionista con l’Haarlem contro il MVV e dopo quando ho vinto la finale di Champions League contro lo Steaua Bucarest a Barcellona. Anche l’Europeo del 1988 è stato il massimo. Vincere con la tua nazionale è la cosa più bella che c’è”, ha concluso l’olandese.
Fonte: SkySport