Un’icona, un brand, un meraviglioso innovatore. Nel bel mezzo del momento più complesso di una carriera straordinaria, l’allenatore del City compie 46 anni, dice addio alla Premier e continua a sfidare se stesso all ricerca della ricetta vincente che in Inghilterra non ha ancora trovato
Probabilmente Pep Guardiola non ha mai pensato che la sua avventura al Manchester City sarebbe stata semplice. Dopo i trionfi a Barcellona qualche difficoltà l’aveva incontrata già a Monaco; in Baviera l’allenatore ha sì vinto tre campionati consecutivi, ma non è riuscito a sollevare la Champions League. Oggi il catalano compie 46 anni e sta attraversando il momento più complicato della sua meravigliosa carriera.
Un inizio da sogno – Quinto posto in classifica e 10 punti di distacco dalla capolista Chelsea che forse hanno di fatto già escluso i Citizens dalla corsa al titolo. Molto inusuale per uno che ha vinto sempre tranne nel 2012, quando ad avere la meglio nella Liga era stato Mourinho. Proprio a Manchester Pep ha ritrovato il suo eterno rivale in uno dei duelli più interessanti dell’attuale Premier League. E dire che in Inghilterra le cose erano anche iniziate nel modo migliore: l’allenatore era stato accolto come una star, presentato prima in sala stampa poi davanti all’Etihad Stadium, acclamato dai suoi nuovi tifosi. E lui, che la classe ce l’ha nel sangue, pareva già perfettamente a suo agio nella nuova realtà. Una rosa stratosferica, la larga vittoria nei preliminari di Champions League, il filotto di successi consecutivi ad inizio stagione e il dominio nel derby lasciavano pensare che per Pep e la sua squadra tutto sarebbe filato liscio. Il Manchester City aveva finalmente trovato il maestro che gli avrebbe permesso di fare il salto di qualità e di diventare a tutti gli effetti un club di élite. Ma poi qualcosa è andato storto.
Il Chelsea scappa via – Le vittorie hanno lasciato spazio a qualche sconfitta tanto inaspettata quanto rumorosa – contro Leicester, Chelsea e l’ultima contro l’Everton. L’ambientamento nel calcio inglese si sta rivelando più lungo e complesso del previsto. Nelle ultime settimane Pep è stato accusato di essere troppo nervoso, troppo rigido nelle idee e nei metodi, troppo sicuro di sé e per questo incapace di sopportare le pressioni. I sistemi e le tecniche adottate prima in Spagna poi Germania traballano. Un anno fa Guardiola si preparava a salutare il Bayern – vincendo la terza Bundes consecutiva – per iniziare la nuova storia con la parte blu di Manchester. Oggi, sei mesi dopo l’inizio di quella storia, a fare notizia sono le sue dichiarazioni forti (come quella che ha di fatto annunciato il suo ritiro nei prossimi anni), le sue piccole manie, le prestazioni sottotono dei suoi ragazzi. Se il gioco della squadra non entusiasma e i risultati non arrivano le difficoltà aumentano.
Pressione e nervosismo – L’allenatore si è forse fatto trovare impreparato di fronte ad una serie di problemi, un intreccio di situazioni che ha finito per condizionare il rendimento di un gruppo che si è così ritrovato al secondo posto nel girone di Champions e lontano dalle prime posizioni della Premier. Lo stesso Pep ha ammesso che la sua squadra è fuori dalla corsa al titolo. Nonostante le assonanze tra l’idea di gioco mostrata in passato e quella presente, l’icona Guardiola non sta ottenendo quanto la sua attuale società (e probabilmente lui stesso) si aspettava: per i bilanci bisogna attendere il termine della stagione ma l’immagine che l’allenatore catalano sta dando di sé nelle ultime settimane lo sta un po’ allontanando da quella creata nelle stagioni precedenti. La grandezza, i trionfi e le idee con cui Guardiola ha rivoluzionato e stravolto il mondo del calcio (soprattutto in Spagna) lo hanno costretto a spingersi sempre oltre suo limite, a sentire la pressione e a credere di dover avere successo sempre e dovunque. A non potersi accontentare mai.
La ricerca della felicità – Nella sua carriera Pep è stato capace di creare un universo nuovo, una scuola di pensiero che ha fatto la storia tanto in campo quanto fuori. Da calciatore osservava, da allenatore ha continuato a studiare e a sperimentare. Pensa al calcio tutto il giorno, sempre sulla sua strada. A volte è anche crollato sotto il peso delle pressioni, come quando dopo tre anni intensissimi ha dovuto fare i conti con la sua grandezza e ha deciso di staccare tutto. Poi è tornato, in Germania forse non l’hanno capito fino in fondo; ma poi lo hanno anche rimpianto. Lui ha salutato tra le lacrime, consapevole di aver mancato l’obiettivo numero uno è ripartito dall’Inghilterra. In un certo senso le difficoltà del presente se l’è create da solo, da uno come Guardiola – 19 trofei da calciatore, 35 da allenatore di cui 14 a livello individuale – tutti si aspettano solo il massimo. L’insuccesso e il fallimento non sono contemplati. Vincere con il City non poteva essere semplice e infatti oggi i titoli sembrano un po’ più lontani. La macchina però resta in movimento, Pep continua ad assorbire insegnamenti per trovare le soluzioni adatte. Oggi compie gli anni e continua a lavorare per riscrivere il futuro. Non sarebbe la prima volta…
Fonte: Sky