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Vardy, 30 anni da King: storia di un esempio

Jamie Vardy, attaccante del Leicester (Getty)

From zero, to hero. Quante volte l’abbiamo sentita questa frase? Tante. Cinema, musica, sport. Calcio. Veni, vidi, Leicester. Al posto di “Vici”. Perché se il 2016 è l’anno delle favole allora è soprattutto il loro. Dei ragazzi di Claudio Ranieri. Di Kantè e Mahrez. Di King e Huth. Di Simpson. E infine sì, di Jamie Vardy. L’attaccante che faceva l’operaio, ma che “grazie a un’opportunità” è diventato capocannoniere della Premier, vincendola pure. Toh, il destino. 

Cambia la tua vita con un gol – From zero, to hero. Appunto. Oggi Vardy compie 30 anni e li festeggia con entusiasmo, magari coi suoi compagni,. Protagonista assoluto del Leicester e delle sue fortune: si è sposato, ha 4 figli, una bella macchina, un bel conto in banca, un gol di tacco con l’Inghilterra che lo accompagnerà per sempre. Un’accademia – la V9 – pronta a dare una chanche a decine di giocatori della non-league. Insomma, di seguire passo passo le sue orme: “Là fuori ci sono diversi calciatori nella stessa posizione in cui ero io: hanno solo bisogno di un’opportunità”. What else? Faranno anche un film sulla sua vita, James Corden sarà lo “starring” del grande schermo. Vardy ha tutto, pure un’autobiografia. “Ispirazione”. Prima, però, non aveva niente. Ed è per questo che i suoi 30 anni vanno raccontati. 

Bomber… operaio! – A 16 anni lavorava in fabbrica guadagnando 30 sterline a settimana. Ah, era troppo basso. Quindi fu scartato in ogni singolo provino, compreso quello allo Sheffield Wednesday: “E’ stato punto più basso della mia carriera, ho pensato di smettere. Il bello è che dopo quel rifiuto in un mese crebbi 20 cm di colpo. Però ero demotivato, per 8 mesi non toccai più un pallone. Essere respinto dalla squadra che ho sempre tifato fu uno choc”. Poi il college, la fabbrica e lo Stocksbridge. Valanghe di gol – 66 in tre anni – ma anche un carattere difficile. Nel 2007 venne coinvolto in una rissa in un pub: difese un suo amico per orgoglio, poiché era stato preso in giro a causa del suo apparechcio acustico. Allen Bethel, il proprietario dello Stocksbridge, ha ricordato che “non attaccò la rissa per primo, ma fu lui a concluderla”. Risulato? Una concondanna per violenza privata. Ma non è tutto: per sei mesi fu costretto a rispettare un durissimo coprifuoco, rimanendo a casa dalle 6 di mattina alle 6 di pomeriggio. Inoltre, per controllare i suoi spostamenti e assicurarsi che non uscisse dalla propria abitazione,, le autorità inglesi lo costrinsero ad indossare una cavigliera elettronica.

Un incubo – Guai a togliergli il pallone però: “Ero in grado comunque di giocare a calcio, ma in un paio di occasioni mi toccò scappare fuori dal campo e andare direttamente a casa per evitare di violare il coprifuoco. Mi accompagnavano i miei genitori”. E per le gare lontano da casa? “Se le partite in trasferta erano troppo lontane, potevo giocare solo un’ora: dovevo sperare che fossimo in vantaggio, lasciare il campo e tornare in tutta fretta per arrivare in tempo. La cavigliera funzionava da protezione per la caviglia. Non c’era modo di spezzarla: potevi colpirla con un martello e non si rompeva. Era davvero indistruttibile”.

Questione di chance – Due anni in giro poi. Prima l’Halifax, poi il Fleetwood. Sempre in Conference. Gol, gol, gol. Ovunque e sempre. Andy Pilley, presidente del Fleetwood, dichiarò in seguito: “Carl Garne, nostro osservatore, mi chiamò dicendo: ‘Segnati le mie parole, giocherà nell’Inghilterra!’. Bastava aspettare qualche anno per veder realizzata la profezia. Tanti scherzi nello spogliatoio poi, Vardy sapeva farsi voler bene: “Era un pazzo, ma aveva una gran fiducia in se stesso. Ricordo lo scherzo che fecero allo chef ricoprendogli la macchina con la pellicola…”. Segnava. Punto. Tant’è che il Leicester se ne accorge subito e lo porta al King Power per poco più di un milione di sterline (oggi chissà quanto vale). Da lì, è storia. 

La lunga strada verso il successo – In due stagioni arrivano la promozione in Premier e la salvezza con Pearson in panchina. Infine Ranieri e tutto quel che ne consegue: la Nazionale, l’Europeo in Francia, i 24 gol, i record infranti, la tripletta al Man City di Aguero, i complimenti di Lineker e Van Basten, i sorrisi ritrovati e la nascita di un bomber operaio, un attaccante diverso da tutti gli altri. Unico. Il tutto sintetizzabile in una definizione di Schmeichel, portiere del Leicester: “E’ il classico giocatore capace di trasformare una brutta palla in una buona palla, e una palla buona in una gran gol”. Una sorta di Pippo Inzaghi per intenderci.

E ora? – 30 anni da bomber, 30 anni da Vardy. Uno che cinque anni fa viveva un’altra vita. “Il calore dei forni mi bruciava la pelle”. Un esempio, lui. E non importa che fine farà il Leicester quest’anno,, se “è più probabile la discesa di ET sulla terra ” piuttosto che un bis. L’importante è averci creduto. Sempre. Proprio come ha fatto Jamie Vardy, campione di vita (e di Premier!). 

Fonte: Sky

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