Nakata: “Totti giovincello, Miura gioca a 49 anni”
“Perché ho lasciato il calcio a 29 anni, mentre Totti a 40 ancora gioca? E lo so e lo fa anche bene. Ho smesso perché in quel momento il calcio stava diventando troppo grande a livello di business, poi c’erano tante persone intorno per soldi e anche giocatori che invece di collaborare con la squadra per il bene del calcio pensavano ai soldi”. L’ex giocatore della Roma Hidetoshi Nakata ha parlato all’Adnkronos del suo ex compagno di squadra Francesco Totti che ancora calca i campi di calcio e del motivo che lo ha spinto a smettere di giocare molto presto.
Totti un giovincello – “Se ho sentito Totti? Non mi è capitato, non ho il telefono di nessuno. Poi sta ancora giocando, magari quando smette viene a giocare qualche gara di beneficenza e ci incontriamo. Sono contento di sentire che Totti sta ancora giocando e fa ancora gol. Quando dovrebbe smettere? Nessuno può dirlo. In Giappone abbiamo Miura, che ha giocato a Genoa, che a quasi 50 anni ancora gioca e segna anche. Rispetto a lui Totti è un giovincello… Voi parlate di Totti ma Miura ha dieci anni in più…”, ha detto sorridendo Nakata. “Rimpianti? Ci sono sempre. Quando ci penso vorrei aver giocato di più, ma un giorno devi smettere. Uno smette presto, uno smette più tardi, ma un giorno devi decidere e farlo”.
Il rapporto col calcio – “Io ho giocato a pallone perché mi piace giocare, per passione, poi è diventato il mio lavoro, ma continuo ad avere quella passione. Il calcio non era uno sport era anche la mia famiglia. Ogni tanto incontro qualcuno, ai meeting della Fifa o in giro per le partite di beneficenza. Prima i giocatori erano un po’ egoisti ma oggi facciamo amicizia più di prima. Con alcuni siamo diventati amici dopo la carriera da calciatore”, ha sottolineato Nakata che oggi sostiene progetti umanitari, aiuta gli artigiani del suo paese, produce sake. “Il calcio deve essere usato oltre lo sport, con un altro obiettivo. Il calcio non è uno sport, il calcio è la più importante lingua del mondo. Siamo andati in Africa, abbiamo giocato a pallone e abbiamo fatto amicizia subito anche senza parlare la loro lingua. Abbiamo instaurato subito un rapporto. Io allenatore? No – ha aggiunto – giocare mi piace, ma non mi piace insegnare, commentare o guardare il calcio, volevo e lo faccio ancora, solo giocare. Del resto la bellezza del calcio è che ovunque vai qualcuno ti riconosce, fai subito amicizia e poi gli italiani li trovi dappertutto. Dopo aver smesso di giocare a calcio ho prima viaggiato quattro anni per il mondo, poi sono tornato in Giappone e l’ho visitato da nord a sud con una macchina, toccando 47 città, ci ho messo sette anni”.
La sua Roma – “La Juventus è in testa al campionato e la Roma seconda, servirebbe un mio gol contro i bianconeri? Si, ma noi eravamo primi…non secondi”, il giapponese ha concluso con una battuta, commentando la sfida per lo scudetto tra bianconeri e giallorossi, facendo riferimento a un famoso gol che segnò proprio a Torino.
Fonte: SkySport