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OBIETTIVO NAPOLI – Tanto fumo, poco arrosto

Tra ottobre e questo inizio di novembre il Napoli ha giocato otto partite. Di queste ne ha vinte solo due, contro Crotone ed Empoli, due tra le squadre con il peggior rendimento in stagione. Con quello contro la Lazio, anche i pareggi diventano due. Ben quattro le sconfitte, con un totale di ben dodici reti subite e dieci realizzate. Questi dati riferiscono, in maniera piuttosto inequivocabile, di una squadra in crisi. Una crisi che non è d’identità, perché il Napoli una sua fisionomia nel gioco continua a mantenerla, nonostante le difficoltà. La crisi si sostanzia proprio in quelli che sono i fondamenti del gioco del calcio: la concretezza offensiva e la solidità difensiva, condite da scelte discutibili di un allenatore non più sereno ed errori individuali che rendono più deprimente il quadro complessivo.
Come si evince dai dodici gol subiti nelle ultime otto gare, la retroguardia appare il reparto più in affanno. Analizzare le cause di tali difficoltà non è però facile. Si potrebbe, semplicisticamente, cercare le origini di problemi difensivi nell’assenza di Albiol, elemento che invero fungeva da guida del reparto. Tuttavia, non si può certo sostenere che nella rosa azzurra manchino le alternative di qualità allo spagnolo, come dimostrano le prestazioni individuali, tutto sommato positive, di Maksimovic e, soprattutto, Chiriches, chiamati a sostituirlo. Gli affanni della retroguardia, dunque, vanno ricercati in un ventaglio più vasto di cause, che insieme contribuiscono a questa complessiva instabilità del reparto. La minor compattezza di squadra è una di queste, insieme agli errori individuali, ultimo quello di Reina in occasione del gol del laziale Keita, e ad una scarsa tranquillità della squadra nel suo complesso.
Più facile, invece, analizzare le problematiche dell’attacco, dove ad incidere è la mancanza di una vera prima punta, dopo l’infortunio di Milik. La gara con la Lazio ha mostrato con evidenza come l’assenza di un riferimento offensivo renda, di fatto, vana la pur buona proposta di gioco della squadra. Al di là di questo, tuttavia, appare altrettanto chiaro come i giocatori offensivi azzurri stiano offrendo un contributo molto inferiore rispetto alle aspettative, in un contesto calcistico dai contenuti poveri, come il campionato italiano, dove a fare la differenza dovrebbero essere i giocatori dotati di qualità, molti dei quali, invece, nel Napoli, tendono ad eclissarsi nel momento del bisogno.
Contro i biancocelesti di Inzaghi, Hamsik ha provato ad imprimere una scossa nel gioco dei suoi, ma attorno a lui si dipanava una squadra incapace di concretizzare la propria, supposta, superiorità tecnica. Merito, certamente, della buona organizzazione difensiva laziale, ma anche sintomo di una filosofia di gioco che sembra aver perso la sua efficacia.
Ecco che quindi entra in ballo la figura di Sarri, allenatore dai grandi meriti, ma che nell’ultimo periodo non è riuscito a rinnovarsi e ad infondere nella squadra il suo contributo per emergere da un periodo critico, che lo vede protagonista esclusivamente nei velati dissapori con il presidente e nei silenzi in sala stampa.
L’impressione preoccupante è che la squadra si stia stabilizzando in una posizione di mediocrità complessiva e che manchino, al momento, le risorse tecniche, tattiche e caratteriali per aspirare ad un miglioramento. Solo il tempo ci potrà dire se allenatore e squadra troveranno le risorse per sollevarsi da questa situazione e riproporsi a livelli di competitività vicini a quelli della scorsa stagione. Nel frattempo, rimane tanto fumo e poco arrosto.

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