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Chiariello: “Io ti capisco Gonzalo…”

chiarielloIl noto giornalista campano Umberto Chiariello ha fatto attraverso il  suo profilo Facebook alcune dichiarazioni riguardanti la vicenda Higuain. Eccone il contenuto: “IO TI CAPISCO GONZALO….
Quando ho visto il Pipita perdere letteralmente la testa, dopo aver perso la partita che probabilmente (e sottolineo “probabilmente”) può valere il tanto agognato terzo scudetto, le mie reazioni che si sono succedute nello espace d’un matin sono state, in rapida successione, di:
stupore
preoccupazione
indignazione
commozione
comprensione
STUPORE – Ho visto il Pipita impazzire, in maniera isterica, contro Irrati, e sono rimasto esterrefatto: certo, lui non è nuovo a lasciarsi andare in campo a plateali proteste, ma è sempre stato molto corretto, finora una sola ammonizione per lui, mai un provvedimento disciplinare, il classico bravo ragazzo, mica come quei centravanti-carogna di una volta alla Boninsegna che andò in Olanda a picchiare in casa sua il cattivissimo Rjisbergen della mitica Arancia Meccanica di sua maestà Crujiff, volato in cielo alla destra del Padre come si conviene ad un angelo della pelota. Quel Bonimba lì, dato per finito e sbolognato dall’Inter come saldo di fine carriera così come il Romeo Benetti, segaosse milanista (chiedete a Liguori), picchiatisi nel derby e finiti nella stessa palazzina a vivere. Solo che il Bonimba, sotto l’appartamento del Benetti, non riusciva proprio a dormire, perché il Romeo, spianaossa in campo ed animo gentile fuori, allevava canarini che cinguettavano tutti in coro alle 5 del mattino, per cui il Roby decise di fare la scala del pianerottolo, bussare alla porta dell’antico nemico di tanti derby meneghini e neo compagno di squadra, e mollargli un cazzottone in faccia. Da quella rissa nacque la santa alleanza che portò la Juve più fisica e cattiva di sempre al record dei 51 punti su 60 contro i 50 del Grande Toro dei Gemelli del Gol (ma anche del Poeta del Gol Claudio Sala, meteora partenopea).
PREOCCUPAZIONE – Poi ho visto il Pipita mettere le mani addosso (solo poggiate, per fortuna, per un minimo di resipiscenza) all’arbitro Irrati che avanzava impettito, novello Agnolin, anzi sembrava Concetto Lo Bello, mancava solo tirasse fuori il pettinino dal taschino come nella famosa parodia cinematografica di Lando Buzzanca, mitico protagonista di filmetti trash dei mei amatissimi anni ’70. E mi sono spaventato. Questo qui ce lo siamo giocato per il resto della stagione, è impazzito!
INDIGNAZIONE – E’ scattato il moralista che è in me: ma come si fa, buon Dio, sei un professionista, prendi 6 milioni di euro all’anno, sei un esempio per mio figlio e tutti i ragazzini che giocano a calcio, fa parte dei tuoi compiti e doveri saper controllare i nervi, spero che la società ti multi! Mi sono accorto in quel momento di essermi messi nei panni (per una volta per me, larghi) di Peppe Iannicelli che normalmente parla così, lui che piuttosto che i campi di gioco ha calcato i campi… culinari (ed io con lui, eh) e ste cose non le capisce, lui la trance agonistica manco sa cos’è, magari la scambia per una spigola al sale in salsa tonné.
COMMOZIONE – Poi ho visto un ragazzo d’altri tempi come il Gabbia, l’unico che sa di giovarsi della squalifica del Pipita (oltre Juve e Roma, vero caro Palazzo?), abbracciarlo teneramente testa a testa (mica come quella di Bonucci che bullescamente sovrasta Rizzoli), il grand’uomo leader di tutti, il Pepe, intervenire da pater familias, tutta la squadra far capannello come nel rugby attorno al suo campione per isolarlo da se stesso e dal suo tracollo nervoso, e mi sono commosso: questo è un gran gruppo, è il MIO gruppo, grazie ragazzi per le emozioni che mi avete regalato quest’anno comunque finisca, lo dirò stasera in trasmissione, siete nel mio cuore come i prodi di Vinicio, chi l’ha detto che si ricorda solo chi vince, vedi l’Olanda di Crujiff o la Grande Ungheria di Puskas (caro Peppe, come fai a non capire che l’essenza dello sport è fatta di miti e leggende prima che di successi e cifre? Qualcuno ricorda chi batté Dorando Petri o ricorda il nostro maratoneta caduto ad un passo dal traguardo facendo commuovere il mondo?).
COMPRENSIONE – In realtà io il Pipita l’ho capito. Perché a mente, appena appena, fredda e cuore ancora caldo mi sono ricordato di un episodio analogo. Giocavo portiere (of course) nel mitico (mitico per noi che l’abbiamo vissuto) Panda 1977, campionato CSI, un bel torneo che valeva una buona seconda categoria dove c’erano un sacco di ex bravi calciatori, avevo pressappoco 32 anni, e stavamo portando a casa una partita ormai vinta con un paio di gol di scarto. A pochi minuti dalla fine nella mia area si crea una piccola mischia, palla vagante tra il mio difensore e l’aletta frizzante destra che si era incuneato, io esco per recuperare palla, tra la sfera e me si frappone il piccolo attaccante, io per scrollarmelo di dosso gli poggio le mani sulla schiena, un tocco lieve, quello cade fulminato sotto i miei occhi stupefatti, inorridisco e capisco mentre sento il fischio: rigore! Giuro, l’ho appena sfiorato, quello è crollato manco avessi la corrente a 220V nelle mani, ma quel che è più grave è – guardandomi intorno – che per tutti è chiaramente rigore. Io impazzisco, voglio ristabilire la verità, ma non ce l’ho con l’arbitro, voglio solo acchiappare quel piccolo attore bastardo. Tutti si frappongono tra me e lui come tra il Pipita e quell’attore d’avanspettacolo del Felipe, che prima fa il fallo e poi al minimo calcetto del Pipita stramazza al suolo manco gli avesse tranciato la gamba. Io lo capisco il Pipita, vuole dirgliene quattro al bastardo (non lo sto insultando, sto riportando il pensiero del momento), come capitò a me. Conforti, il grande Generoso, il mio capitano, mi urlava: “smettila, sei ridicolo, così ti fai buttare fuori”, inviperito, ed io dio rimando: “ti giuro, iah, non gli faccio niente, non lo ammazzo, ti giuro, solo uno schiaffo, ti prego, anzi no, gli stringo la mano, perché è un grande attore, mi ha fottuto”. Generoso mi guardò schifato, pensando: questo sta grave, mentre i compagni mi portavano fuori di forza e l’arbitro mi sventolava il rosso alle spalle. Nello spogliatoio il giudice D’Alessio gran centrocampista compassato al cospetto di Dio fece il solito rito di quando facevo una papera (poche per fortuna), mi rubava la carta d’identità dalla tasca posteriore dei jeans, e faceva il giro dello spogliatoio per una sputazzata a testa (per fortuna all’epoca si plastificavano ancora i documenti).
Io non sono riuscito a spiegare che volevo solo appurare la verità, perfino complimentarmi con l’attoruncolo. Per tutti ero il loco, il pazzo, ma si sa che i portieri sono così. E pure gli argentini, vero Pipita?
Io lo capisco il Pipita, si è sentito vittima di un’ingiustizia e le sinapsi sono andate in tilt. Ma è più grave che anche le sinapsi (impulsi nervosi che viaggiano da un neurone all’altro o alla fibra muscolare) del giudice Tosel siano andate in corto circuito, prive come sono state della regola non scritta, altro che art. 19 del codice di giustizia sportiva, che a Tosel, tra l’altro presente in tribuna ad Udine, è mancata: il buon senso.
Si vede che lui in campo non c’è mai stato come il mio amico Peppino: a lui un’ala non ha mai fottuto un rigore!
Non si può ammazzare un campione ed un campionato stravolgendolo con una punizione assurda dopo tutto il buonismo filo juventino (Zaza che invece che sbraitare stava segando la gamba ad Izzo una sola giornata!), non capendo lo sfogo di un ragazzo così, che dà lustro e splendore alla nostra miserrima serie A. Facciamo scappare schifato anche lui, così il Rosenberg italiano vincerà ancora nello spelacchiato giardino di casa.
Signori della Corte, dimezzate questa cazzo di squalifica e ridate a Sarri ed al suo popolo il giusto riconoscimento di una stagione da favola. Sarebbe delitto di lesa maestà, alla divinità Eupalla: aridateci il pallone, firmato Totti: quelli si facessero un campionato a parte. In dubbio, pro Juve. Questa, Tosel, scommetto che la conosci.”

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Tilde Schiavone

Sono una persona che riesce a star bene con se stessa solo se intorno a lei c' è armonia, questo è il motivo per cui cerco di risolvere i conflitti esistenti tra le persone che mi circondano;non amo i gioielli, specialmente quelli costosi, preferisco gli accessori di poco valore; non amo ricevere in regalo i fiori recisi: preferisco ammirarli nei giardini dove compiono il loro naturale ciclo vitale e non nei vasi dove hanno vita breve..Amo il blues,il canto del dolore, e il mio sogno è raggiungere un giorno quei luoghi che lo hanno visto nascere; Amo gli indiani d' america, la loro spiritualità e la loro cultura. non vivrei senza i dolci e la pizza. Sono campanilista, napolista, meridionalista ...maradonista. Adoro gli animali, ritengo che non siano loro le bestie e sono vegetariana. Non mi piace parlare, quel che sento preferisco scriverlo, so esprimermi meglio con una penna in mano anziché dinanzi a un microfono, amo inoltre il folclore della mia terra e cerco, attraverso l' Associazione Culturale Fonte Nova d cui sono Presidente, di preservarlo e diffonderlo ... e duclis in fundo AMO LA MIA NAPOLI, senza se e senza ma, ringrazio Dio perchè ha fatto sì che nelle mie vene scorresse il sangue del Sud!