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Prandelli: ”Ni siamo fermi, gli altri corrono. Così non si va lontano”

ROMA – “Continuiamo così”, facciamoci del male. Non ci sta, Cesare Prandelli da Orzinuovi, 58 anni, mister senza una panchina da quasi un anno e mezzo, a continuare a guardare “dal di fuori” il calcio italiano perdere colpi. “La voglia di tornare è tanta, anche se non ho ansia, né fretta” – ammette dalla sua casa fiorentina l’ex ct degli azzurri, che dalla disavventura con il Galatasaray del 2014 non ha più allenato – ma il vero problema è che da un po’ più lontano “si vede tutto un po’ più chiaro”, per prime le (tante) cose che non vanno di un’Italia del pallone che “è sempre interessante, diverte, è il mio mondo, ma potrebbe essere molto meglio”. Dal gioco che latita ai progetti “che non esistono”, fino all’impoverimento cronico di “capacità e di valori” della “classe dirigente” e le difficoltà della Nazionale. Che a quattro anni dal secondo posto a Euro 2012 può fare “ancora bene – mette in guardia l’ex commissario tecnico – se solo le si desse qualche giorno di più per lavorare davvero”.

Prandelli, perché non torna, se ha voglia di tornare?
“Non ho l’ansia di rincorrere nulla, vorrei accettare una bella sfida forte, un bel progetto, magari difficile, magari in Italia. In questi mesi ho viaggiato tanto, ho visto tante partite, ho ricevuto parecchie proposte di lavoro. Però dopo quello che ho vissuto a Istanbul non posso più sbagliare”.
Lei spera in un futuro in Italia, ma che futuro ha il calcio italiano? Che campionato è, quello di quest’anno?
“Il nostro è un calcio di tante chiacchiere e molto poco campo. Mi sembra che in Italia poche squadre possano dire di avere un gioco, mentre tutti sanno far fumo. Il campionato in corso in certi momenti mi pare interessante, ma se si guardano attentamente le partite, anche le più belle, si nota la differenza con altri tornei”.
Perché, ancora una volta, tutte queste eliminazioni dall’Europa?
“Tutta questione di intensità. Il calcio italiano è pieno di pause, anche nelle partite delle squadre più forti, più tecniche, più fisiche. I ritmi di gara in Europa non sono cosi, nell’azione si contrasta e si riparte, senza pause. Prendete la Fiorentina: in Italia è protagonista assoluta, in Europa League è uscita presto”.
La colpa di chi è?
“La composizione troppo frammentata della Serie A. Una volta c’erano le primissime e poi due tronconi di squadre a seguire, di livello decrescente. Ora ci sono le primissime, la prima fascia, la seconda, la terza. E in un campionato a 20 squadre non possiamo pensare ci siano in ogni rosa solo buoni giocatori. La Serie A a 16 squadre potrebbe aiutare a rialzare il livello”.
Della Fiorentina ha già detto: quali sono le altre squadre da seguire, quest’anno?
La Viola gioca un gran bel calcio. Poi c’è ovviamente il Napoli. Una contro l’altra ci hanno regalato una partita stupenda”.
E la “sua” Juventus?
“È ancora un esempio, soprattutto sull’organizzazione. È una delle poche società in Italia che ha ancora una dirigenza. Non ci sono solo i grandi giocatori e un progetto tecnico, a Torino. Ci sono i Marotta, i Paratici, i Nedved che fanno la stessa vita di campo della squadra, e fanno i dirigenti per davvero. È per questo che la Juve vince”.
Al calcio italiano mancano i dirigenti, insomma.
“Mi ritrovo spesso spiazzato, a osservare le scelte di certe società. Club che parlano di progetti scegliendo tra allenatori completamente diversi tra loro, o incompatibili alla gran parte delle rose. A Coverciano si fanno un sacco di corsi, si formano direttori sportivi, allenatori, tecnici, preparatori atletici di qualità elevatissima. Ma perché non si fanno corsi per dirigenti? In Italia abbiamo tutto al top, anche i team manager, ma mancano i dirigenti”.
Sarà una questione di dirigenti anche la lotta scudetto? Su cosa deve puntare, il Napoli, per fare meglio dei bianconeri?
“Sarà banale, ma su Higuain. Da solo vale il prezzo del biglietto. Il Napoli ha il calendario peggiore, ma anche l’impegno europeo in meno, e un giocatore che si è preso squadra e pressioni sulle spalle e sa essere devastante”.
Tra i suoi colleghi, chi sta vedendo meglio?
“Della Fiorentina ho già parlato. Poi c’è Gasperini, che è bravissimo e ha solo la sfortuna di ritrovarsi la squadra smontata ogni sei mesi. Diventa difficile far andare sempre tutto bene, con volti nuovi a ogni partita”.
Il mese scorso Gasperini ha fatto nomi e cognomi dei tifosi che considera negativi per l’ambiente genoano. Scelta coraggiosa, che non ha avuto grandi seguiti né appoggi, a livello di istituzioni e ambiente nazionale.
“Non mi meraviglia. Rispondo ricordando un’altra persona che ha avuto coraggio, Simone Farina. Ha denunciato i tentativi di combine nel calcio scommesse e ora per lavorare è dovuto andare in Inghilterra. Nel nostro lavoro sappiamo di dover sopportare le giuste pressioni, se però non ti fanno vivere il quotidiano, e sfociano in qualcosa che non va, è diritto e dovere denunciarle”.
Farina lei lo portò nella sua Nazionale. Come sta quella che ora è l’Italia di Conte?
Si stanno preparando già mentalmente per gli Europei, si vede. Il ct è una garanzia assoluta, ma deve sperare che i giocatori arrivino a giugno a posto fisicamente. Gli stimoli si trovano, quello che bisogna preservare sono le gambe. È fondamentale, essere a posto fisicamente”.
A Euro 2012 andò bene, forse oltre le aspettative. Qual è il segreto per arrivare al meglio a un Europeo?
“Il gruppo. Sarà un segreto di pulcinella, ma è così. Fisico e stimoli sono importanti, ma se Conte avesse avuto qualche giorno in più per formare il gruppo sarei più tranquillo. I calciatori sono ragazzi di una squadra, vanno ricompattati ogni volta. Chi storce il naso all’idea degli stage della Nazionale non fa il bene degli azzurri”.
E il progetto della Superlega europea, il campionato continentale tra le big del calcio alternativo alla Champions League, farà il bene del calcio?
“Sono anni che si prendono decisioni che allontanano i tifosi dagli stadi, quando invece dovrebbero essere il cuore di tutto. E invece di riavvicinarli si propongono le superleghe tra superpotenze europee. Pensiamo a migliorare i nostri campionati, piuttosto, poi si vedrà. E se passerà questo progetto, vorrà dire che in Italia avremo solo un campionato di serie C”.

Fonte: Repubblica

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