«Se penso alla Nazionale? Forse nel 2030…C’è questo ragionamento dei dodici anni per quanto riguarda l’Italia, che dura dal 1970: nel ’70 abbiamo perso la finale mondiale, nell’82’ abbiamo vinto la Coppa del Mondo, nel ’94 abbiamo perso la finale e nel 2006 abbiamo vinto il Mondiale di nuovo. Quindi nel 2018 perderemo la finale e io la guiderò nel 2030…L’Inghilterra? Forse rivincerà nel 2066». Tra ironia e scaramanzia, Carlo Ancelotti si rivela in un’intervista al Daily Mail. Il tecnico italiano, ancora senza squadra dopo essere stato esonerato dal Real Madrid, si dice pronto a rimettersi in gioco dalla prossima stagione, grazie al felice esito dell’operazione alle due ernie cervicali che lo ha tenuto fuori dal calciomercato di quest’estate. «Ho avuto offerte da ogni parte del mondo (anche dal Milan) ma alla fine ho preferito restare fuori per un anno. Ho avuto tre esperienze in corsa: alla Juve iniziai a febbraio, al Milan e al Psg in novembre, e tutte e tre non sono andate bene. Quindi ho preferito aspettare. Se sarò fortunato a trovare un club quest’estate, fantastico. Altrimenti magari considererò l’idea di subentrare in corsa, ma solo allora, non adesso. David Moyes mi ha regalato un Rioja del 1959, l’anno della mia nascita. Lo sto tenendo da parte per aprirlo magari quando avrò vinto la quarta Champions League, mi piacerebbe vincerne un’altra».
CHELSEA? MOURINHO RESTA, LO SO – «Mi piacerebbe tornare ad allenare in Inghilterra. Adoro il calcio qui e ho ancora casa a Londra, e mi piacerebbe allenare un club che sia competitivo in Premier come in Europa. Se Mourinho fosse esonerato, tornerei al Chelsea? Certo, non avrei nessun problema. Ma José non sarà mandato via. Hanno già deciso di tenerlo al suo posto, e penso sia stata un’ottima scelta. Non ho parlato direttamente con lui ma abbiamo un ottimo rapporto. Quando ho vinto la ‘Decima’ col Real Madrid mi ha mandato un messaggio di congratulazioni e sa meglio di chiunque altro cosa sta succedendo al Chelsea»,aggiunge Ancelotti, stuzzicato dalle domande sulla situazione difficile del club che ha già guidato alla conquista della Premier. «A volte succede di non saper spiegare perché le cose accadono, cosa è andato storto. È un mistero. Come quando col Milan abbiamo perso la finale di Champions League con il Liverpool, nonostante il 3-0 al 45′: ti aspetti che l’allenatore avversario inserisca un attaccante, ma Benitez mise dentro un centrocampista!
Sul Chelsea, da fuori, penso che abbiano vinto facilmente il titolo l’anno scorso e quest’anno si siano presentati poco motivati. Un tecnico deve esser bravo a motivare i giocatori ma è impossibile farlo se gli stessi non sono auto-motivati. Hanno perso qualcosa e non è possibile cambiare come se si stesse usando un interruttore, bisogna lavorare piano e con pazienza, e Mourinho è uno dei mgiliori tecnici del mondo. Vedo il suo linguaggio del corpo, è ok, non è preoccupato, ha fiducia. Durante la partita di Champions con la Dinamo Kiev i tifosi cantavano il suo nome…Saprà risolvere tutto».
LIVERPOOL, KLOPP SCELTA GIUSTA – Altra panchina inglese importante è quella del Liverpool, recentemente passata da Brendan Rodgers a Juergen Klopp: «Liverpool? Penso sia una buona squadra. Hanno giovani davvero forti – Coutinho, Firmino, Benteke – e se riescono a trovare un giocatore esperto come Gerrard o Carragher che possa essere d’esempio e guida alla squadra penso possano diventare estremamente competitivi. Ma non ho avuto alcun contatto con loro, hanno fatto la scelta giusta con Klopp, lui è bravo. I migliori allenatori li riconosci perché vedi la loro identità nella squadra. E Klopp a Dortmund aveva costruito una squadra con una forte identità».
REAL? INGIUSTO MANDARMI VIA – Identità, quella che Ancelotti aveva costruito al Real e che ha dovuto abbandonare a maggio. «Essere mandato via è parte del tuo lavoro, ma se mi chiedi di quel licenziamento ti dico che non è stato giusto. Ero davvero dispiaciuto perché avevo costruito un rapporto fantastico con i giocatori e mi piaceva allenare quella squadra. Erano professionisti in ogni aspetto, con Ronaldo ad eccellere: ho visto il film, ma non mostra fino in fondo quanto lo sia. Qualche volta tornavamo da una gara in Champions, potevano essere le tre del mattino ma lui non tornava a casa, piuttosto andava all’allenamento per fare il bagno di ghiaccio e recuperare meglio dallo sforzo della partita. Anche Casillas, Modric, Bale sono altri esempi di professionalità, con Bale è stato un po’ più difficile perché ero abituato a parlare in spagnolo a tutti, ma è un bravo ragazzo». Via dal Chelsea dopo aver fatto il Double, via dal Real dopo la storica Decima….«Sei giudicato dai risultati, ma non si può vincere ogni anno, certamente non in Spagna dove ti confronti con la squadra più forte del mondo che è aBarcellona e dove c’è un’altra squadra fortissima come l’Atletico. Madrid è stato il mio lavoro più duro, una pressione anche più forte di quando ero al Milan. La finale di Istanbul il mio peggior momento? Provate a perdere 4-0 il derby di Madrid. In quella stagione avevamo fatto 22 vittorie consecutive ma fu tutto dimenticato quel 7 febbraio…»
IBRA? L’HO COLPITO IN TESTA COME FERGUSON-BECKHAM – «Nei rapporti mi piace stare allo stesso livello dei giocatori. Ho autorità, ovviamente, ma dopo una partita persa posso anche dire che il giorno dopo li lascio liberi e in alcuni club questa cosa è stata vista come una debolezza, mi è stato detto che dovevo usare la frusta e io ho risposto di cercarsi un altro allenatore. Non ho mai usato la frusta. Non come tecnico, non come padre. Ho perso le staffe, certo, ricordo che a Parigi una volta abbiamo perso con l’Evian in coppa ed ero così arrabbiato che ho calciato una scatola e ho colpito Ibrahimovic in testa. Più o meno come Ferguson con Beckham, solo che io e Ibra ne abbiamo riso dopo…Quando mi hanno mandato via dal Real sapevo che stava per succedere, non avevamo parlato di futuro. Se un tecnico non vince, a Madrid lo mandano via. Lo avrebbero fatto se non avessi vinto la Decima l’anno prima. Sapevo che poteva accadere, ma il Real è il più importante club del mondo. Vennero al campo presidente e direttore generale a dirmelo. La mia reazione fu calma, nonostante la rabbia. Non ho chiesto il perché. Mi piace stare calmo, è come sono sempre stato da allenatore».
CARLETTO’S WAY – «Non ho mai usato la frusta e nessuno l’hai mai usata su di me, né mio padre, né i miei insegnanti, né i miei allenatori. Non credo nel suo utilizzo. Ho avuto problemi con dei giocatori, giocatori che hanno mandato aff… il mio ex assistente Paul Clement. Ho risposto loro di chiedere al club di andare via, perché con me non avrebbero più giocato. Sono un allenatore, un insegnante, e lavorare con i giocatori è la parte migliore del mio lavoro. Ma sono stato un giocatore, e lo ricordo: ‘Sono ancora l’allenatore e loro sono i giocatori. E ho il potere. Se dico che ci alleniamo alle sei di mattina loro devono rispettare quello che decido, ma se si pensa che per questo io debba stare sopra e loro sotto, beh, per me è sbagliato».
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