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La rabbia di Mertens e Insigne tra gerarchie, scelte e staffette

Le strane facce della vittoria. Niente smorfie, niente polemiche ma espressioni e gesti che significano più delle parole. Insigne e Mertens, ovvero vincere e avere un pizzico di malinconia dentro. Che forse è esasperazione dello stress, o più semplicemente la voglia di partecipare a un altro trionfo, a una nuova vittoria.

L’ennesima staffetta, il solito cambio tattico alla pari, fuori Lorenzinho e dentro il folletto belga, nell’uno e nell’altro caso la decisione non è stata digerita bene. Il talento di Frattamaggiore voleva lasciare il campo con il gol, che tutto sommato avrebbe meritato, Dries immaginava di potere entrare prima. In verità quasi tutti lo pensavano, troppo fermo e stanco il Napoli di inizio ripresa, occorreva il cambio di marcia, l’accelerata, l’uomo che potesse dribblare e creare la superiorità numerica nell’uno contro uno. Alla fine si è vinto, si dirà, e tutti felici e contenti. Come prima, più di prima. È naturale voler restare sulla barca quando il vento in poppa ti spinge dritto verso la meta, è umano restarci male se credi di avere benzina nelle gambe. Ma Insigne e Mertens devono fare i conti con la saggia gestione del maestro Sarri: turn- over con il contagocce e oculata distribuzione delle energie, soprattutto quando vieni da un tour de force che deve ancora finire.

E allora alcuni principi tattici vengono fatti salvi, come ad esempio Lorenzinho titolare. Le quasi certezze dell’allenatore non vengono smentite dal campo: quando entra a partita iniziata, Mertens fa sempre la differenza. Insigne si è fermato al palo del primo tempo, non ha mai smesso di cercare Higuain ma l’intesa è stata meno brillante del solito. Qualche buona giocata, sufficiente a creare panico nella difesa palermitana non sempre impeccabile, è però mancata la brillantezza dell’ultimo tocco, la precisione che spesso mette in ginocchio gli avversari. E così quando Sarri l’ha richiamato in panchina, il giovanotto ha fatto poco per nascondere il disappunto. «Mister ma perché devo uscire io?», senza alzare la voce, senza sceneggiate, voleva continuare a duellare con il Pipita, insomma c’è rimasto male. Se l’è presa con i parastinchi e la borraccia d’acqua, non avendo altro o altri da mandare a quel paese.

il nattino

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