Juve sotto processo, Allegri ammette: “Non ci sono alibi”
REGGIO EMILIA – La soluzione, o la punizione, è un classico del calcio vecchio maniera: tutti in ritiro, fino a quando non si sa. A Reggio Emilia la Juventus ha perso ogni residua sperare di difendere lo scudetto, ma anche quel minimo di leggerezza che fino all’altro ieri le consentiva di non sentirsi in crisi, di vivere di ottimismo. La sconfitta contro il Sassuolo ha invece sbriciolato i precari equilibri di una squadra che sembrava sulla strada della maturazione, e sono volati irrimediabilmente gli stracci: Buffon ha apertamente accusato i suoi compagni di indegnità (“A 38 anni non ho voglia di fare queste figure da pellegrino”) e dopo la partita Marotta e Paratici sono entrati nello spogliatoio sbattendo le porte, alzando la voce e ordinando il provvedimento immediato. Clausura, come piaceva ai presidenti tipo Gaucci. “Oggi ci alleniamo e poi ce ne stiamo tutti assieme appassionatamente fino al derby” ha annunciato Allegri. Per due giorni, la Juve si barricherà dentro il mesto hotel di periferia, affacciato su una trafficata strada provinciale, dove trascorre la vigilia delle partite che gioca alla Stadium e dove, con ogni probabilità, ci saranno aspri confronti e profonde analisi.
Tra le righe delle parole di Buffon si intravvede un senso di fastidio per l’immaturità di molti suoi compagni. Lo stesso Allegri ha parlato di errori nell’atteggiamento, di sbagli concettuali. “Eravamo troppo nervosi, non si può continuare a fare fallo al limite dell’area”: ce l’aveva per esempio con Lemina, ripescato all’ultima ora perché a Marchisio è venuta la febbre e deludente un’altra volta. Non solo è acerbo, ma sembra pure non particolarmente bravo. Il centrocampo di ragazzini, completato da Sturaro e Pogba, non ha dato traccia di sé, finendo surclassato dalla personalità di Magnanelli, Biondini e Missiroli. La difesa, Chiellini e Bonucci soprattutto, ha assorbito il nervosismo dei mediani. Dybala, come quasi sempre quando la Juve è in trasferta, diventa presto mansueto. Mandzukic è totalmente fuori condizione. Alex Sandro dà l’idea di essere un giocatore banale, e comunque non si è ancora preso una sola iniziativa le rare volte in cui ha giocato. E Cuadrado è quel che si sapeva: un’ala estemporanea, che appare e scompare con regolarità.
Per Allegri è difficile trovare la quadratura del cerchio: è evidente come la squadra sia stata assemblata in maniera largamente imperfetta e come quel deficit di personalità – prima ancora che di qualità – dovuto alle partenze di Pirlo, Tevez e Vidal non sia stato minimamente compensato. Se mancano Khedira e Marchisio, la squadra si smidolla. Pogba e Morata, due leader in prospettiva, hanno carenze caratteriali opposte ma evidenti: il francese è esageratamente presuntuoso, lo spagnolo troppo timido e confonde lo spirito di iniziativa con l’egoismo. “Ma questa squadra è stata costruita per vincere non solo nel futuro, ma anche nel presente” dice Allegri provando a smontare uno degli alibi che molti, a cominciare dai suoi giocatori, si erano dati, rifugiandosi nel comodo concetto di “anno di transizione”, nel corso del quale tutto sarebbe stato giustificato. Così come è stato subito zittito chi ieri ha tentato di attribuire a Gervasoni (pessimo, ma il primo e più grande errore è stato non espellere Lemina dopo un quarto d’ora) la sconfitta del Mapei Stadium. Allegri lo ha cinguettato su twitter già all’una di notte: “Le attenuanti non devono mai diventare alibi. Serve un cambio di atteggiamento da subito”. Adesso avranno un paio di giorni per parlarne, tutti insieme appassionatamente. juventus
- Protagonisti:
- massimiliano allegri