MILANO – Davanti c’è il giovane capitano, ormai a un passo da Eto’o, e dietro i due pitbull. L’Inter si blinda così, e vince sempre. All’osso, o in estrema sintesi, i segreti della capolista stanno lì. Ossia nello scheletro portante, che da sempre nel calcio è l’asse centrale: difensore, regista e centravanti. Nell’ordine, nello specifico: Gary Medel, Felipe Melo e Maurito Icardi. Sono stati l’architrave della vittoria di Verona, o i loro simboli, perché questa per definizione unanime è un’Inter grande, grossa, cattiva e spietata, che non fa sconti, che è ruvida e cinica. Quindi procede a spallate e a strappi, ma sono strappi di talento, mica di scarpari qualsiasi.
Il giovane capitano, dato che ha 22 anni, ha firmato l’1-0 con una fiammata delle sue, un tiro in tutta la partita e un gol, perché di solito gli viene così. Centravanti sempre più solido anche nei movimenti per la squadra, Maurito nel derby di una settimana prima era sembrato smarrito ai più, perché aveva sbagliato una buona occasione solo davanti a Diego Lopez, ma ai pochi non era sfuggito il suo taglio nella circostanza del gol di Guarin, un movimento a uscire che aveva trascinato fuori posizione mezza difesa milanista, di fatto un assist. E dopo l’assist mascherato del derby, ecco il gol di Verona, un gol da rapinatore d’area, il primo con la fascia di capitano al braccio, in cima a una partita di enorme sacrificio per i compagni, a testimoniare che Icardi è sempre più un centravanti completo, anzi già il migliore della serie A insieme al Pipita Higuain, o un gradino più sotto solo per questioni anagrafiche. E si scopre che ormai Icardi è a un passo da Samuel Eto’o nei gol segnati in campionato con la maglia interista: 32 in 61 partite giocate, mentre Eto’o arrivò a 33 (ma con 67 presenze).
Dietro il capitano, i due pitbull. E senza offesa, ci mancherebbe: Gary Medel è stato soprannominato così in Cile molti anni fa, mentre lo stesso nomignolo, guarda caso, l’hanno affibbiato a Felipe Melo in Turchia, quindi non c’entriamo niente. Medel è reduce da due eccellenti prove difensive contro Milan e Chievo, ha saltato e salvato, recuperato e rilanciato quasi sempre con precisione, sorta di Ercolino Sempreinpiedi che a un reparto difensivo fa sempre comodo, infatti l’Inter con lui non ha preso gol per 180 minuti e non dev’essere un caso. Il ritorno di Miranda forse costringerà Medel a un turno di riposo, o forse no, perché il cileno potrebbe tornare utile al posto di Murillo, uscito malconcio da Verona. Davanti a Medel, anzi spesso al suo fianco sui rilanci del portiere avversario o quando l’area si intasa, ecco Felipe Melo. Che vince tutti i duelli aerei in campo (è accaduto contro il Milan, si è ripetuto a Verona) ed è anche qui per unanime giudizio il giocatore che mancava all’Inter, per forza fisica, per temperamento e anche per tecnica di base. Ringhia sempre, il pitbull brasiliano, e spesso ringhia troppo, come testimonia lo zigomo rotto di Mpoku, ma Felipe è così, non è che lo disegnano così ma è proprio così, e non cambierà mai, ed è il suo bello e il suo brutto.
Era il giocatore che serviva all’Inter, ma l’Inter dovrà anche imparare a farne a meno in alcuni momenti della stagione: un impiego di Felipe Melo in tutte le partite è largamente impronosticabile, visto che prima o poi i provvedimenti disciplinari lo colpiranno, dicono tutti, anzi pare ci sia qualcuno che è andato a lagnarsi coi signori arbitri di questo Felipe Melo, che picchia impunito. Prima o poi lo puniranno, ma intanto l’Inter va. E quando mancherà Felipe, a centrocampo salirà Medel: un pitbull vale l’altro, quando si è in testa. Al resto penserà il capitano.
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