Lazio, Felipe Anderson si prende la Dieci. Per tornare a far sognare i tifosi
ROMA – Chi si era affezionato al marchio “FA7”, dovrà mettersi l’animo in pace. Così come i tanti che avevano acquistato la maglia con la scritta Anderson e il numero 7 sotto, dovranno considerarla già come un ricordo. No, il talento brasiliano non è al centro di qualche trattativa di mercato per la sua cessione. Anzi, è stato promosso a “FA10”. D’accordo con tutto lo spogliatoio, si è preso la Dieci, la casacca che ogni bambino del mondo sogna quando inizia a giocare a pallone. Già, perché di numeri che hanno fatto epoca ce ne sono stati tanti nel corso della storia del calcio, dal 14 di Cruijff al 7 di Best, passando per il 21 (poi tramutato in 5) di Zidane e così via. Ma il 10, da sempre, è tutta un’altra cosa. È quello di Maradona e Pelé, di Baggio e Messi. Più semplicemente è la maglia che, anche nelle partite tra amici, viene identificata come quella del giocatore più talentuoso.
IN PRINCIPIO FU WINTER, POI TOCCA A PROTTI – Come Felipe Anderson, appunto, che adesso avrà il compito di dare nuovo lustro a un simbolo che nell’Olimpo biancoceleste è stato “sorpassato” dal numero 9, ma che è comunque appartenuto a gente che ha lasciato il suo nome nella storia biancoceleste come D’Amico, Frustalupi, Governato, Ghio, Pin, Sclosa o il “Gaucho” Morrone. Quel Dieci che ormai da qualche anno la Lazio non riesce a valorizzare. A Felipe Anderson è stata lasciata libera dal connazionale Ederson, che ne è stato detentore per due anni senza praticamente mai giocare. Ma l’ex Lione non è stato l’eccezione, anzi: nella storia recente biancoceleste, prendendo come punto di riferimento la stagione 1995-1996 (quella in cui viene introdotta la regola della maglia personalizzata), sono stati pochi i calciatori che indossando la Dieci hanno fatto sognare il tifoso biancoceleste. Il primo ad avere il suo nome stampato sopra quel numero è stato Aron Winter, mezzala olandese che chiude la sua stagione con 30 presenze e 6 gol. Nella stagione successiva, la 1996-1997, l’ex Ajax si trasferisce all’Inter (come vedremo più avanti, il trasferimento nella Milano nerazzurra sarà una curiosa consuetudine per i Dieci biancocelesti) e tocca a Protti indossare quella maglia: l’anno prima, da giocatore del Bari, si era laureato capocannoniere del campionato insieme a Beppe Signori (l’Undici per eccellenza in casa biancoceleste), ma nella sua fugace avventura alla Lazio non va oltre i 7 centri su 35 presenze complessive.
L’ERA MANCINI E IL RECORD DI HERNAN CRESPO – Nell’annata 1997-1998, inizia ufficialmente l’era Mancini. Arrivato dopo 15 anni di Sampdoria, il “Mancio” si prende immediatamente la maglia numero 10 biancoceleste e non la lascia più nel corso di tutti i suoi tre anni alla Lazio. Complessivamente scende in campo 136 volte con quella casacca, realizzando 24 reti tra campionato e coppe varie. La sua stagione migliore è la 1998-1999, con 33 partite e 10 gol in serie A, cui vanno aggiunti altri 2 in Coppa Italia. È opportuno sottolineare il fatto che sia andato in doppia cifra, perché da quel momento in poi nella Lazio succederà solo in altre 3 circostanze a un giocatore con la maglia numero 10. Due, nei due anni successivi al ritiro dal calcio di Mancini (a parte un cameo di 4 partite in Premier League con la maglia del Leicester City tra gennaio e febbraio del 2001) e il conseguente arrivo nella Capitale di un certo Hernan Crespo. Il centravanti argentino è più un 9 che un 10, ma quel che conta sono i suoi numeri: quelli da record del 2000-2001, con 40 presenze stagionali e 28 gol, cui vanno aggiunti gli altri sempre alti nella stagione 2001-2002, 33 partite e 20 reti. Con 48 gol, è ancora oggi il Dieci più prolifico della storia della Lazio. Teoricamente sopra di lui nella classifica dei marcatori di tutti i tempi del club ci sono Morrone e D’Amico, rispettivamente a quota 52 e 51, ma entrambi non hanno sempre indossato la casacca numero 10 nella loro avventura in biancoceleste.
STANKOVIC L’ULTIMO PRIMA DELL’ARRIVO DI LOTITO – Nel campionato 2002-2003 Crespo va all’Inter (anche lui) e il dieci resta vacante, senza un proprietario. Nell’anno successivo ne approfitta Dejan Stankovic, che lascia il suo 5 e “raddoppia” prendendosi il numero magico. Pure il centrocampista serbo, però, non sfugge alla “regola dell’Inter” e nel gennaio di quella stessa stagione – dopo 33 presenze e 4 gol – si trasferisce in nerazzurro. L’anno successivo, tanto per non rovinare la media, lo seguirà pure l’allenatore della Lazio dell’epoca Roberto Mancini. La stagione 2004-2005 è la prima con Lotito presidente: durante la sua gestione, a parte i primi 3 anni di Zarate, i giocatori con la maglia numero 10 sono riusciti a segnare 12 gol in 9 campionati. Il primo è stato Aparecido César, 4 centri in 27 apparizioni. La stagione successiva parte ancora lui con la Dieci, ma a gennaio – dopo una rete in 15 gettoni – si trasferisce ovviamente all’Inter e lascia la maglia a Massimo Bonanni, arrivato a gennaio dal Palermo con tante aspettative, ma capace solo di accumulare 10 presenze (e zero esultanze) prima di salutare a fine campionato. Dal 2006 al 2008 è il turno di Baronio: il regista sceglie di indossare il numero dieci, con cui colleziona in totale 21 presenze e realizza un gol.
DAL DEBUTTO DA SOGNO DI ZARATE ALL’INVESTITURA DI “FA10” – L’estate del 2008 è quella che rompe gli schemi con il passato recente. A Roma arriva Mauro Zarate, talento argentino pagato da Lotito oltre 20 milioni. Parte durante la preparazione con la maglia numero 9, poi con l’addio di Baronio (no, lui non è andato all’Inter, ma al Brescia) si prende quella più importante. Il suo primo anno è da sogno: 41 presenze e 16 gol. I tifosi si innamorano, finalmente le maglie numero dieci tornano a essere vendute nei negozi biancocelesti. Ma quella dell’argentino, tra problemi caratteriali e incomprensioni tecnico-tattiche, si rivela una parabola discendente. Nelle due stagioni successive il bilancio è comunque positivo (42 presenze e 8 gol nel 2009-2010, 36 e 9 nel 2010-2011), ma nel 2011-2012 è rottura e nell’ultimo giorno del mercato estivo Maurito se ne va. Dove? All’Inter, ovviamente. Ma questa volta solo in prestito, con diritto di riscatto che non viene esercitato dal club di Moratti a fine campionato. Zarate torna alla base e mantiene il suo numero 10 fino al trasferimento, questa volta definitivo, al Velez in Argentina. Nel 2013-2014 la sua eredità la raccoglie Honorato Ederson, ex stella di Nizza e Lione, arrivata alla Lazio nella stagione precedente. La sua avventura in biancoceleste (appena conclusa con la rescissione e il passaggio al Flamengo) sarà ricordata più per i suoi infortuni che per i gol: solo 2 (in 27 presenze) quelli realizzati indossando la Dieci in questi ultimi due anni. Poco spazio per i sogni, insomma. Ma ora la musica è cambiata. Con FA10, il tifoso biancoceleste dopo tanto tempo può tornare a comprare la maglia più bella.
Fonte: Repubblica